L'aggeggio | Megachip
Top

L'aggeggio

Chip nel cervello? E' incredibile come questi stravolgimenti scientifici non tengano in alcun modo "banco" nella discussione politica pubblica (e privata). Come siano largamente ignorati e relegati quasi ad argomenti di costume, di chiacchiericcio.

L'aggeggio
Preroll

Redazione Modifica articolo

1 Febbraio 2024 - 21.55


ATF

di Turi Comito.

Come sempre, ogni volta che ci imbattiamo in notizie che mettono a dura prova la nostra idea di mondo nei suoi fondamenti più basilari, istintivamente o razionalmente ci si schiera. O si è entusiasti o si è preoccupati. Molte volte, anche, si resta indifferenti. Ed anche quello è schierarsi.

Sta accadendo così con la notizia che Neuralink, una delle futuristiche società di Elon Musk, ha impiantato nel cervello di un essere umano con gravi handicap fisici un aggeggio che gli consente di usare il “pensiero” per interagire con un pc e altri dispositivi elettronici atti a ridurre questi handicap.

Gli indifferenti non hanno intenzione di occuparsi della questione. Gli entusiasti toccano il cielo con un dito perché questo è solo l’inizio di un’altra (l’ennesima) rivoluzione che migliorerà la vita di moltissime persone affette da mille problemi fisici e mentali. I preoccupati vogliono mettere subito mano alla legge perché temono che queste innovazioni vadano a finire in mani sbagliate e possano danneggiare individui e collettività.

Il punto però, credo, non è quello della pericolosità o della estrema utilità sociale di innovazioni tecnologiche tanto radicali.

Il punto è chi controlla queste tecnologie.

Neuralink, come altre società del settore, ha uno scopo dichiarato dallo stesso fondatore-padrone: lo scopo, sintetizza “Il Post”, è quello di lavorare a “sistemi che un giorno potrebbero potenziare le attività del cervello umano, per esempio per accedere istantaneamente alle informazioni memorizzate su un computer e alle sue capacità di calcolo.”

Le nuove frontiere della tecnologia informatica sono, lo sanno cani e porci ormai, la cosiddetta Intelligenza artificiale e i computer quantici.

Parallelamente, nel campo della genetica, è ormai abbastanza consolidata – ma appena agli inizi allo stesso tempo – la tecnica della manipolazione del dna umano. Naturalmente, va da sé, al solo scopo di migliorare la vita di chi è affetto da malattie ereditarie o altre disgrazie simili.

Non è difficile, perfino per qualcuno come me quasi privo di fantasia, immaginare che, tra un tot di anni, si impianti un aggeggio nel cranio di un tizio collegato ad un computer quantico che è progettato per operare con sistemi di Intelligenza artificiale il quale si diverta a immaginare nuovi modelli di vita grazie a nanotecnologie, manipolazione genetica, eccetera.

E fin qui siamo ancora nel campo dei fenomeni da baraccone.

Il problema si porrebbe nel momento in cui, il fenomeno da baraccone, che dovrebbe essere dotato – come tutti gli esseri umani – di istinti, di sensazioni, di emozioni, si mettesse a “ragionare” su come rifare daccapo il mondo. Che, possiamo dirlo senza tema di essere smentiti da nessuno, fa schifo ai cani da sempre.

Un ibrido umano, metà carne e metà circuiti integrati con le caratteristiche prima sommariamente descritte, è quanto di più vicino agli dei che gli uomini si sono inventati per risolvere l’eterno corto circuito mentale che si riassume nella domanda: “che cazzo ci sto a fare qui?”. Questo dio nuovo, stavolta non immaginato ma creato da esseri umani, potenzialmente ha davvero i poteri di un dio immaginato. Qualcosa di assai vicino, in prospettiva, alla onnipresenza, alla onnipotenza, al fare miracoli.

Pensateci: non avrebbe sisogno di impare nessuna lingua e capirle tutte. Nessun bisogno di imparare nessuna branca della scienza perché le padroneggerebbe in un battito d’ali. Nessuna necessità di apprendere con l’esperienza perché le esperienze di miliardi di uomini vivi e morti sono lì pronte per essere valutate.

E’ del tutto evidente che la questione delle questioni non è tanto cosa ne sarà del resto dell’umanità sprovvista di aggeggi impiantati nel cranio. Di quella frega il giusto – cioè zero – a chiunque sia implicato in questi progetti di radicale sovvertimento del conosciuto.

La questione delle questioni è: chi arriverà per primo a conseguire quel risultato? Ossia: chi ne avrà per primo il controllo?

Musk? Un altro magnate “visionario” in giro per laboratori pubblici e privati del mondo? La Cina? La Russia? Gli Usa? Qualche multinazionale finanziatrice di “geniali” scienziati?

Perché chi ci arriverà per primo a creare l’uomo-macchina, questo mostro di Frankenstein dotato di superpoteri, potrà essere in grado di sfruttare un vantaggio forse incolmabile con i concorrenti. Con tutto quello che ne potrà derivare. Da ogni punto di vista: militare, economico, di controllo sociale, in una parola di potere che tende al potere totale e assoluto.

E’ incredibile come questi stravolgimenti scientifici non tengano in alcun modo “banco” nella discussione politica pubblica (e privata). Come siano largamente ignorati e relegati quasi ad argomenti di costume, di chiacchiericcio. Come, insomma, lo schieramento degli “indifferenti” sia dominante rispetto sia agli entusiasti che ai preoccupati.

Lo trovo incredibile perché il fuoco col quale si sta scherzando, il vaso di Pandora col quale si palleggia, non è più una delle tante innovazioni scientifiche che hanno rotto sistemi di comprensione del mondo (dalla ruota alla fusione nucleare) e colle quali le generazioni che ci hanno preceduto hanno avuto a che fare in qualche maniera dominandole. Qua, a me pare, siamo davanti a qualcosa che non è più dominabile ma intrinsecamente progettata per dominare.

Non è una rottura sistemica come le altre. E’ “la” rottura per eccellenza.

Comunque, diamoci sotto col festival di Sanremo: fra poco si apre la grande kermesse del fatuo e del cretino totale spacciato per spettacolo e, addirittura, arte.

Non mi sottrarrò neppure io.

Come tutti, ho bisogno di distrazione, spettacolo, arte, meme e battute simpatiche, tifo e identificazione.

Tutto sommato, a ben pensarci, è ormai solo questo che ci distingue da un computer programmato e da un telefonino pieno di giochini.

Native

Articoli correlati