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'Il colpo di stato giudiziario dell''AKP'

'La sentenza del processo Ergenekon parte dalla giustizia d''eccezione e si conclude con l''imprigionamento di tutti i leader anti-USA: è un vero golpe [Thierry Meyssan]'

'Il colpo di stato giudiziario dell''AKP'
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19 Agosto 2013 - 01.41


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°46. 

La
sentenza del processo Ergenekon non ha sollevato alcuna protesta a
livello internazionale. Tuttalpiù, la stampa si è mostrata scettica
e ha sottolineato la frattura che si è creata nel paese tra laici e
Fratelli musulmani. Per Thierry Meyssan, questo processo parte dalla
giustizia d”eccezione e si conclude con l”imprigionamento di tutti i
leader anti-USA: è un colpo di stato
.

di
Thierry Meyssan
.

La
sentenza del processo Ergenekon, pronunciata il 5 agosto presso il
carcere di Silivri, ha riconosciuto colpevoli di cospirazione contro
lo Stato e condannato a pesanti pene detentive 275 leader militari,
politici e mediatici.

Questo
processo non è conforme alle norme della giustizia democratica: è
stato condotto da pubblici ministeri speciali, davanti a tribunali
speciali in una prigione costruita appositamente per questo scopo. I
numerosi documenti citati, presuntamente sequestrati durante le
perquisizioni, sono stati contestati come falsi dagli imputati. I
testimoni chiamati ad autenticarli sono rimasti anonimi.

I
condannati hanno in comune il fatto di opporsi all”egemonia
statunitense, da sempre nel caso dei membri del Partito dei
Lavoratori (kemalista-maoista) (İşÃ§i Partisi), a partire dalla
scomparsa dell”URSS nel caso dei militari. Anche se rappresentano
solo una piccola minoranza dell”opposizione all”AKP, formano un
movimento capace di combattere ideologicamente l”appartenenza della
Turchia alla NATO e l”impegno del loro paesenella guerra segreta in
Siria.

Al
contrario, il governo e la formazione politica di Recep Tayyip
Erdoğan costituiscono l”equivalente turco di quel che fu la
Democrazia Cristiana italiana: con un pieno sostegno all”Alleanza
atlantica, intendono declinare una versione «
light»
di un partito confessionale. In realtà, la Democrazia Cristiana si
era strutturata attorno a delle logge massoniche ed era finanziata
dalla mafia. Allo stesso modo, l”AKP si è strutturato attorno alla
Confraternita dei Fratelli Musulmani – che, in materia di segreti,
non ha nulla da invidiare alla loggia P2 – ed è finanziata dal
saccheggio del Nord della Siria.

Nel
2003, il Parlamento si opponeva all”attacco all”Iraq da parte della
Nato dalla Turchia, fino a proibire all”Alleanza di usare le sue basi
turche, cosa che nessun altro Stato membro della La NATO ha fatto,
neppure la Germania né la Francia. Invece, nel 2012, Erdoğan ha
proposto e ottenuto l”installazione sul suo territorio, a Smirne, di
uno dei comandi più importanti dell”Alleanza, il LandCom,
responsabile di tutte le forze di terra dei 28 Stati membri, al fine
di poter invadere e distruggere il suo vicino siriano.

I
legami tra lo Stato turco e la mafia sono noti dai tempi
dell”incidente di Susurluk (1996), quando il capo della
contro-insurrezione, Husseyin Kocadag, quello delle milizie di
estrema destra dei
Lupi
Grigi

e narcotrafficante alla macchia, Abdullah Catli, e la sua amante
nonché sicaria Gonca Us, morirono nell”autovettura del deputato
conservatore e barone della droga Sedat Bucak. Essi continuano oggi
con il saccheggio della Siria, di cui oltre un migliaio di impianti
sono stati smantellati, rubati e portati in Turchia, e di cui molte
risorse archeologiche sono illegalmente messe in vendita ad
Antiochia, sotto la protezione del Stato.

Dopo
una dozzina d”anni di governo dell”AKP, la Turchia registra il record
mondiale nel numero di alti ufficiali detenuti (oltre due terzi dei
generali e degli ammiragli), di leader politici – inclusi
parlamentari – e di giornalisti e avvocati. Segno dei soliti
«due
pesi, due misure
»,
questo Stato è comunque ancora considerato una “democrazia”,
è tuttora membro della NATO, e continua a discutere con l”Unione
europea in merito alla sua procedura di adesione.

La
strategia del ministro degli Esteri, Ahmet Davutoğlu, volta a far
uscire il paese dal marasma in cui si era mantenuto dopo il crollo
dell”Impero Ottomano risolvendo i suoi problemi con i vicini, è
stata in origine un successo per poi trasformarsi in un incubo. La
certezza prematura del collasso e dello smembramento della Siria ha
portato l”AKP ad agire con arroganza e a litigare di nuovo con
ciascuno dei suoi vicini.

Durante
il periodo di miglioramento delle sue relazioni internazionali, la
Turchia aveva registrato una crescita economica spettacolare: 9,2%
nel 2010. Erdoğan prometteva all”epoca di fare del suo paese la
decima potenza economica al mondo. Ahimè! Dopo le guerre in Libia e
in Siria, la crescita è scesa al 2,2% nel 2012 e potrebbe
trasformarsi in recessione nel 2013.

Passo
a passo con l”instaurazione della sua dittatura, l”AKP ha modificato
la sua politica e ha ridotto la sua base popolare. Nelle elezioni
parlamentari del giugno 2012 disponeva del 49,83% dei suffragi
espressi, che gli assicuravano una grande maggioranza nell”Assemblea
Nazionale. Ma applicando le direttive dei Fratelli Musulmani volte a
“islamizzare la società“, si è tagliato via il consenso
degli aleviti, dei curdi e dei sunniti favorevoli a un”organizzazione
laica del paese. È così divenuto minoritario – come ha dimostrato
l”ondata di proteste partita a giugno da Piazza Taksim, e ripiega
ormai nell”autoritarismo.

Traduzione
a cura di Matzu Yagi.

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Tichreen” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”, in francese sul “Réseau Voltaire”.

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