Il grande voltafaccia saudita

'Minacciata nella sua stessa esistenza da un possibile attacco dell''Emirato Islamico, Riyad ha dato il segnale per la distruzione dell''organizzazione. [Thierry Meyssan]'

Il grande voltafaccia saudita
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31 Agosto 2014 - 22.00


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«Sotto
i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°95

di Thierry Meyssan.

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Sebbene
da 35 anni sostenga tutti i movimenti jihadisti fino ai più
estremisti, l”Arabia Saudita sembra improvvisamente cambiare
politica. Minacciata nella sua stessa esistenza da un possibile
attacco dell”Emirato Islamico, Riyad ha dato il segnale per la
distruzione dell”organizzazione. Ma contrariamente alle apparenze,
l”Emirato Islamico rimane sostenuto da Turchia e Israele, che mettono
in commercio il petrolio da esso saccheggiato.

Premessa:
l”Emirato Islamico è una creazione occidentale

L”unanimità del Consiglio di
Sicurezza dell”ONU contro l”Emirato Islamico (EI) e l”approvazione
della risoluzione 2170 sono soltanto un atteggiamento di facciata.
Non possono far dimenticare il sostegno statuale di cui l”EI ha
beneficiato e del quale beneficia ancora.

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Si prendano ad esempio i recenti
avvenimenti in Iraq: tutti hanno potuto osservare che i combattenti
dell”EI sono entrati nel Paese a bordo di colonne di
Humvee
nuovi fiammanti,
usciti direttamente dalle fabbriche statunitensi della American
Motors, e armati di materiali ucraini, altrettanto nuovi. È con
questo equipaggiamento che si sono impadroniti delle armi
statunitensi dell”Esercito iracheno.

Allo stesso modo, tutti si sono
meravigliati per la disponibilità, da parte dell”EI, di
amministratori civili in grado di prendere subito in mano la gestione
dei territori conquistati, nonché di specialisti della comunicazione
abili nel promuovere la sua azione su internet e in televisione;
ovvero di personale chiaramente formato a Fort Bragg.

Nonostante la censura
statunitense ne abbia proibito qualsiasi menzione, sappiamo
dall”agenzia di stampa britannica Reuters che una seduta segreta del
Congresso ha votato, nel gennaio 2014, il finanziamento e l”armamento
dell”
Esercito
Siriano Libero (ESL),

del Fronte Islamico , del Fronte Al-Nusra e dell”Emirato Islamico
fino al 30 Settembre 2014 [1].

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Qualche giorno dopo, Al-Arabiya
si vantava del fatto che il principe Abdul Rahman fosse il vero
leader dell”Emirato Islamico. [2]

Poi, il 6 febbraio, il segretario
alla Sicurezza della Patria

degli Stati Uniti ha riunito i principali ministri dell”Interno
europei in Polonia, per chiedere loro di tenere gli jihadisti europei
nel Levante, vietando loro il rientro nei paesi di origine, in modo
che l”EI fosse abbastanza numeroso da poter attaccare l”Iraq [3].

Infine, a metà febbraio, un
seminario di due giorni ha riunito presso il Consiglio di Sicurezza
Nazionale degli Stati Uniti i capi dei servizi segreti alleati
coinvolti in Siria, sicuramente per preparare l”offensiva dell”EI in
Iraq. [4]

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(cfr
Reportage di agosto 2012 sul fanatismo religioso della presunta
“opposizione democratica”)

È
davvero assai sconvolgente osservare i media internazionali
denunciare improvvisamente i crimini degli jihadisti quando invece
questi si susseguono senza interruzione da tre anni. Non cӏ nulla
di nuovo negli sgozzamenti pubblici e nelle crocifissioni: per
esempio, l”Emirato Islamico di Baba Amr, nel febbraio 2012, si era
dato un “tribunale religioso” che ha condannato a morte per
decapitazione più di 150 persone senza che né in Occidente né alle
Nazioni Unite ci sia stata alcuna reazione [5].

Nel maggio 2013, il comandante
della Brigata Al-Farouk dell”Esercito Siriano Libero (i famosi
“moderati”) ha trasmesso un video in cui decapitava un
soldato siriano e mangiava il suo cuore. All”epoca, gli occidentali
insistevano a presentare questi jihadisti come “oppositori
moderati”, ma disperati, in lotta per la “democrazia”.
La BBC ha dato persino la parola al cannibale perché si
giustificasse.

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Non cӏ alcun dubbio che la
differenza stabilita da Laurent Fabius tra jihadisti “moderati”
(Esercito Siriano Libero e il Fronte Al-Nusra, cioè Al-Qai”da, fino
all”inizio del 2013) e jihadisti “estremisti “(Fronte
Al-Nusra dal 2013 e EI) sia un mero artificio di comunicazione. Il
caso del califfo Ibrahim è illuminante: nel maggio 2013, durante la
visita di John McCain all”ESL, era definito sia membro dello stato
maggiore “moderato”, sia leader della fazione “estremista”
[6].

Allo stesso identico modo, una
lettera del generale Salim Idriss, Capo di Stato Maggiore
dell”Esercito Siriano Libero, datata 17 gennaio 2014, attesta che la
Francia e la Turchia hanno consegnato munizioni per un terzo
all”Esercito Siriano Libero e per due terzi ad Al-Qai”da tramite lo
stesso ESL. L”autenticità di questo documento, presentato
dall”ambasciatore siriano Bashar Jaafari al Consiglio di Sicurezza
dell”ONU, non è stata contestata dalla delegazione francese. [7]

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Su
questa fotografia diffusa dall”Emirato Islamico, si nota uno dei suoi
combattenti armato di un Famas francese mentre Parigi nega qualsiasi
contatto con questa organizzazione. In realtà, la Francia ha armato
l”Esercito Siriano Libero con l”istruzione di riversare i due terzi
del suo materiale al Fronte Al-Nusra (cioè ad Al-Qai”da in Siria),
così come è attestato da un documento fornito dalla Siria al
Consiglio di sicurezza dell”Onu. In seguito varie unità di Al-Nusra
si sono radunate con le loro armi all”Emirato islamico. Inoltre,
contrariamente alle dichiarazioni ufficiali, il comandante
dell”Emirato islamico, l”attuale califfo Ibrahim, cumulava le sue
funzioni con quelle di membro dello stato maggiore dell”esercito
Siriano Libero.

Detto questo, è chiaro che
l”atteggiamento di alcune potenze della NATO e del Consiglio di
Cooperazione del Golfo è cambiato nel mese di agosto 2014 per
passare da un sostegno segreto, massiccio e costante, a un”aperta
ostilità. Perché?

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La
dottrina dello jihadismo di Brzezinki

Qui dobbiamo tornare indietro di
35 anni per capire l”importanza del voltafaccia che l”Arabia Saudita
– e forse gli Stati Uniti – stanno compiendo. Dal 1979, Washington,
su iniziativa del Consigliere per la Sicurezza Nazionale Zbigniew
Brzezinski, ha deciso di sostenere l”Islam politico contro
l”influenza sovietica, rinnovando la politica adottata in Egitto a
sostegno dei Fratelli Mussulmani contro
Gamal
Abdel
Nasser.

Brzezinski decise all”epoca di
lanciare una vasta “rivoluzione islamica” dall”Afghanistan
(allora governato dal regime comunista di Muhammad Taraki) e
dall”Iran (dove lui stesso organizzò il ritorno del”Imam Ruhollah
Khomeini). Successivamente, questa rivoluzione islamica doveva
propagarsi nel mondo arabo e portare con sé i movimenti nazionalisti
associati con l”URSS.

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L”operazione in Afghanistan fu un
successo insperato: gli jihadisti della Lega anti-comunista mondiale
(WACL) [8], reclutati in seno ai Fratelli Mussulmani e guidati dal
miliardario anticomunista Osama bin Laden, lanciarono una campagna
terroristica che portò il governo a fare appello ai sovietici.
L”Armata Rossa entrò in Afghanistan e lì si impantanò per cinque
anni, accelerando la caduta dell”URSS.

L”operazione in Iran fu al
contrario un disastro: Brzezinski constatò meravigliato che Khomeini
non era l”uomo che gli avevano dipinto – un vecchio ayatollah intento
a recuperare le sue proprietà fondiarie confiscate dallo Scià –
bensì un vero e proprio anti-imperialista. Considerando un po”
troppo tardi che la parola “islamista” non aveva affatto lo
stesso significato per gli uni e per gli altri, decise di distinguere
i buoni sunniti (collaborativi) dai cattivi sciiti
(anti-imperialisti) e affidare la gestione dei primi all”Arabia
Saudita.

Infine, considerando il
rinnovamento dell”alleanza tra Washington e i Sauditi, il presidente
Carter annunciò, nel suo discorso sullo Stato dell”Unione del 23
gennaio 1980, che ormai l”accesso al petrolio del Golfo era un
obiettivo di sicurezza nazionale statunitense.

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Da allora, gli jihadisti sono
stati
accusati
di tutti i brutti tiri
contro i sovietici (poi i russi) e contro i regimi arabi nazionalisti
o recalcitranti. Il periodo compreso tra l”accusa lanciata contro gli
jihadisti di aver fomentato e realizzato gli attentati dell”11
settembre fino all”annuncio della presunta morte di Osama bin Laden
in Pakistan (ovvero il periodo dal 2001 al 2011) ha complicato
ulteriormente le cose.

Si trattava allo stesso tempo di
negare qualsiasi relazione con gli jihadisti e di utilizzarli come
pretesto per degli interventi. Le cose sono diventate nuovamente
chiare nel 2011, con la collaborazione ufficiale tra gli jihadisti e
la NATO in Libia e in Siria.

La
virata saudita dell”agosto 2014

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Per 35 anni l”Arabia Saudita ha
finanziato e armato tutte le correnti politiche mussulmane dal
momento che (1) erano sunniti, (2) dichiaravano il modello economico
degli Stati Uniti compatibile con l”Islam e (3 ), nel caso in cui il
loro paese avesse sottoscritto un accordo con Israele, essi non lo
avrebbero messo in discussione.

Per 35 anni, la stragrande
maggioranza dei sunniti ha chiuso gli occhi sulla collusione tra
jihadisti e imperialismo. Ha espresso solidarietà per tutto quello
che gli jihadisti hanno fatto e per tutto quello che è stato loro
attribuito. Infine, ha legittimato il wahabismo come una forma
autentica dell”Islam, nonostante la distruzione di luoghi santi in
Arabia Saudita.

Osservando con sorpresa la
“primavera araba”, alla preparazione della quale non era
stata invitata, l”Arabia Saudita si preoccupò per il ruolo accordato
da Washington al Qatar e ai Fratelli Mussulmani. Riyad entrò presto
in competizione con Doha per sponsorizzare gli jihadisti in Libia e
soprattutto in Siria.

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Anche il re Abdullah salvò
l”economia egiziana quando, divenuto presidente dell”Egitto il
generale Abdel Fattah al-Sisi, gli trasmise esattamente come agli
Emirati Arabi la copia completa dei dossiers di polizia sui Fratelli
Mussulmani. Tuttavia, nel contesto della lotta contro la Fratellanza,
il generale Al-Sisi scoprì e trasmise nel febbraio 2014 il piano
dettagliato dei Fratelli per impadronirsi del potere a Riyad e Abu
Dhabi. In pochi giorni i congiurati furono arrestati e confessarono,
mentre l”Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti minacciavano il
Qatar, sponsor dei Fratelli, di distruggerlo se non avesse lasciato
immediatamente la Fratellanza.

Riyad non ha tardato a scoprire
che anche l”Emirato Islamico era corrotto e si apprestava ad
attaccarlo dopo aver occupato un terzo dell”Iraq.

Il catenaccio
ideologico pazientemente costruito per 35 anni è stato polverizzato
dagli Emirati Arabi Uniti e dall”Egitto. L”11 agosto il grande imam
dell”università di Al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, ha severamente
condannato l”Emirato Islamico e Al-Qa”ida. Gli ha fatto eco il giorno
dopo il Gran Mufti d”Egitto, Shawki Allam [9]

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Il 18 agosto e poi di nuovo il
22, Abu Dhabi ha bombardato, con l”assistenza del Cairo, dei
terroristi a Tripoli (Libia). Per la prima volta, due Stati sunniti
si sono alleati per attaccare degli estremisti sunniti in uno Stato
terzo sunnita. Il loro bersaglio non era altro che un”alleanza
comprendente
Abdelhakim Belhaj, l”ex numero tre di Al-Qa”ida nominato governatore
militare di Tripoli dalla NATO [10].

Sembra che questa azione sia
stata intrapresa senza informare preventivamente Washington.

Il 19 agosto, il Gran Muftì
dell”Arabia Saudita,
lo
sceicco
Abdul-Aziz Al
al-Sheikh, si è deciso – finalmente – a qualificare gli jihadisti
dell”Emirato Islamico e di Al-Qa”ida come “nemico numero uno
dell”Islam” [11].

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Le
conseguenze del voltafaccia saudita

Il voltafaccia dell”Arabia
Saudita è stato così rapido che gli attori regionali non hanno
avuto il tempo di adattarsi e si trovano quindi in posizioni
contradditt
orie
a seconda dei dossier aperti.

In linea di massima, gli alleati di Washington condannano l”Emirato
Islamico in Iraq, ma non ancora in Siria.

Più sorprendente ancora è
l”evidenza del fatto che, mentre il Consiglio di Sicurezza dell”ONU
ha condannato l”Emirato Islamico nella propria dichiarazione
presidenziale del 28 luglio e nella propria risoluzione 2170 del 15
agosto, l”organizzazione jihadista continua a disporre di sostegni da
parte di entità statuali: in violazione dei principi richiamati o
emanati da quei testi, il petrolio iracheno saccheggiato dall”EI
passa attraverso la Turchia. Esso viene caricato nel porto di Ceyhan
su petroliere che fanno scalo in Israele e poi ripartono verso
l”Europa. Per ora i nomi delle società finanziatrici non sono
chiari, ma la responsabilità della Turchia e di Israele è evidente.

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Da parte sua, il Qatar, che
continua ad ospitare numerose personalità dei Fratelli Mussulmani,
nega di sostenere ancora l”Emirato Islamico.

Riunione
dei Ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti,
Egitto e Qatar a Gedda, il 24 agosto 2014, per affrontare l”Emirato
Islamico. La Giordania era rappresentata in questo vertice.

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In occasione delle conferenze
stampa congiunte, i ministri degli esteri russo e siriano, Sergey
Lavrov e Walid Moallem, hanno lanciato un appello per costituire una
coalizione internazionale contro il terrorismo. Ciò nonostante gli
Stati Uniti, mentre preparavano operazioni di terra in territorio
siriano con i britanni
ci
(la “Forza di intervento nera” [12]),

hanno rifiutato di allearsi con la Repubblica Araba Siriana e
insistono nell”esigere le dimissioni del presidente eletto Bashar
al-Assad.

Lo scontro che ha appena messo
fine a 35 anni di politica saudita si trasforma in confronto tra
Riyad e Ankara. Già ora, il partito curdo turco e siriano, il PKK,
che è ancora considerato da Washington e Bruxelles come
un”organizzazione terroristica, è sostenuto dal Pentagono contro
l”Emirato Islamico. In effetti, e contrariamente alle presentazioni
fuorvianti della stampa atlantista, sono proprio i combattenti del
PKK turchi e siriani, e non i peshmerga iracheni del Governo locale
del Kurdistan, ad aver respinto l”Emirato Islamico nei giorni scorsi,
con l”aiuto dell”aviazione statunitense.

Conclusione
provvisoria

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È
difficile sapere se la situazione attuale sia una messa in scena
oppure la realtà. Gli Stati Uniti hanno davvero intenzione di
distruggere l”Emirato Islamico che essi stessi hanno formato e che
sarebbe loro sfuggito di mano, oppure intendono semplicemente
indebolirlo e tenerselo come strumento politico regionale? Ankara e
Tel Aviv sostengono l”EI per conto di Washington o contro Washington?
Oppure giocano su dissensi interni agli Stati Uniti? I Sauditi
arriveranno, per salvare la monarchia, fino ad allearsi con l”Iran e
la Siria abbattendo il dispositivo di protezione di Israele?

NOTE

[1]
Il
Congresso degli Stati Uniti ha approvato segretamente l’invio di
armi in Siria
“,
Rete
Voltaire
,
3 febbraio 2014.

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[2]
L’EIIL
è controllato dal principe Abdul Rahman
“,
Rete
Voltaire
,
7 febbraio 2014.

[3]
La
Siria diventa ”questione di sicurezza interna” per Stati Uniti e
Unione europea
“,
Rete
Voltaire
,
9 FEBBRAIO 2014.

[4]
Washington
coordina la guerra segreta contro la Siria
“,
Rete
Voltaire
,
24 febbraio 2014.

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[5]
«The
Burial Brigade of Homs: An Executioner for Syria’s Rebels Tells His
Story
»,
di Ulrike Putz,
Der
Spiegel
,
29 Marzo 2012, Versione francese in
«Les
dernières manœuvres de Washington et de ses alliés européens,
turcs et arabes
»,
di Pierre Khalaf,
New
Orient News, Réseau Voltaire
,
10
aprile 2012.

[6]
“
John
McCain, maestro concertatore della ”primavera araba”, e il Califfo
”,
di Thierry Meyssan,
Rete
Voltaire
,
18 Agosto 2014.

[7]
«Résolution
2165 et débats (aide humanitaire en Syrie)
»,
Réseau
Voltaire
,
14
Luglio 2014.

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[8]
«La
Ligue anti-communiste mondiale, une internationale du crime
»,
di Thierry Meyssan,
Réseau
Voltaire
,
12 maggio 2004.

[9]
Grand
Mufti Egitto condanna azioni Stato islamico, danneggia Islam e
musulmani
,”
Adn
Kronos
,
12 agosto 2014.

[10]
Come
al-Qaida è arrivata al potere a Tripoli
“,
di Thierry Meyssan,
Rete
Voltaire
,
7 settembre 2011.

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[11]
«Déclaration
du mufti du Royaume sur l’extrémisme
»,
Agence
de presse saoudienne
,
19
agosto 2014.

[12]
“
SAS
and US special forces forming hunter killer unit to ”smash Islamic
State”
”,
di Aaron Sharp,
The
Sunday People

(
The
Mirror
),
23 Agosto 2014.

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Questa
“cronaca settimanale di politica estera” appare
simultaneamente in versione araba sul quotidiano“Al-Watan” (Siria),
in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”,
in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”,
in inglese su “Information Clearing House”, in
francese sul “Réseau Voltaire”.

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Thierry
Meyssan, 31 agosto 2014.

Traduzione
per Megachip a cura di Luisa Martini.

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