Verso un rovesciamento della situazione nel Vicino Oriente

'USA e Russia cercano di ridisegnare il ''Medio Oriente allargato''. L''accordo era prima dell''intervento russo in Siria, ma ora cambiano i rapporti di forza [Thierry Meyssan]'

Verso un rovesciamento della situazione nel Vicino Oriente
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2 Novembre 2015 - 18.35


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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica
internazionale n°152

di Thierry Meyssan.

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Il periodo della “Primavera
araba” giunge al termine. Ora, la Casa Bianca e il Cremlino stanno
cercando di ridisegnare i contorni del “Medio Oriente allargato”.
Tuttavia, il loro accordo concluso prima dell”intervento militare russo in
Siria potrebbe essere modificato dal cambiamento dei rapporti di forza. Non ci
sono prove che Mosca accetterà la stabilizzazione della Siria e chiuderà gli
occhi sulla spartizione della Turchia e dell”Arabia Saudita che stanno per
iniziare. In ogni caso, il rovesciamento incombente modifica il gioco stabilito
da cinque anni in qua. La maggior parte delle potenze coinvolte cercano quindi di
cambiare casacca prima delle altre.

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DAMASCO (Siria) – La stampa, in qualsiasi paese, è così troppo occupata a scrutare
la posizione del proprio Stato nel conflitto del Vicino Oriente, da ignorare i
negoziati globali tra la Casa Bianca e il Cremlino [1]
e, di colpo, interpreta di traverso gli eventi secondari. Per chiarire
l”attuale agitazione diplomatica, dobbiamo perciò tornare all”accordo
USA-Russia dello scorso settembre.

La parte pubblica di questo accordo è stata formulata dalla Russia in un
documento distribuito il 29 settembre al Consiglio di Sicurezza dell”Onu [2].

Esso indica che, per ripristinare la pace e la stabilità in Nord Africa e
in Medio Oriente, è necessario e sufficiente (1) attuare le risoluzioni del
Consiglio di sicurezza
— il che implica in
particolare il ritiro di Israele entro i suoi confini del 1967
— e (2) lottare contro l”ideologia terrorista, vale a dire
sia contro i Fratelli Musulmani creati dal Regno Unito e sostenuti dalla
Turchia, sia contro il wahhabismo propagato dall”Arabia saudita.

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In origine era stato previsto che la Russia facesse adottare una
risoluzione in tal senso in occasione della riunione del 30 settembre del
Consiglio di Sicurezza. Tuttavia, gli Stati Uniti vi si sono opposti nell”ora precedente
[3].

Sergey Lavrov ha allora presieduto la sessione senza menzionare il suo progetto.
Questo importante evento può essere interpretato solo come un disaccordo
tattico che non deve ostacolare un accordo strategico.

Il 20 ottobre, il presidente Vladimir Putin ha ricevuto al Cremlino il suo
omologo siriano, Bashar al-Assad, alla presenza di suoi ministri della Difesa e
degli Esteri, del segretario generale del Consiglio russo di sicurezza
nazionale e del capo dei servizi segreti. L”incontro verteva sulla
realizzazione del piano russo-statunitense, compreso quello del Comunicato di
Ginevra del 30 giugno 2012 [4].

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Il presidente Assad ha sostenuto che segue le istruzioni di questo Comunicato
e, in particolare, che ha integrato nel suo governo i partiti dell”opposizione
che ne hanno fatto domanda, secondo la descrizione che il Comunicato fa di un
Organo governativo di transizione.

Una volta accertato che i due paesi avessero la stessa lettura del Comunicato
di Ginevra, la Russia e gli Stati Uniti hanno deciso di tenere a freno gli
Stati dissidenti, vale a dire la Francia, la Turchia e l”Arabia Saudita.
Sapendo che la posizione francese non si fonda su interessi realistici, ma si
spiega unicamente per via di una fantasia coloniale e per la corruzione del suo
governo da parte del denaro turco e saudita [5],
la Casa Bianca e il Cremlino hanno deciso di trattare unicamente con la fonte
del problema, ossia la Turchia e l”Arabia Saudita. Il 23 ottobre, John Kerry e
Sergey Lavrov, hanno pertanto ricevuto i loro omologhi turchi e sauditi a
Vienna. Nessun testo definitivo è stato pubblicato. Nondimeno, sembra che la
Russia abbia minacciato i due ospiti, senza gli Stati Uniti ne prendessero la
loro difesa.

Sconvolta da un possibile accordo russo-statunitense contro la Turchia e
l”Arabia Saudita, la Francia convocava allora un “pranzo di lavoro”, e
non un “summit diplomatico” a Parigi. Germania, Arabia Saudita,
Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti, Italia, Giordania, Qatar, Regno Unito e
Turchia “hanno evocato” e non “hanno deciso” il destino
della Siria. Il formato di tale riunione corrisponde a quello del “Core Group” degli “Amici
della Siria”, ad eccezione dell”Egitto, che ha già segretamente aderito al
campo della Siria. Il fatto di essere stati costretti a invitare gli Stati
Uniti ha zavorrato la riunione. Anche in questo caso, nessun testo finale.

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Infine, il 30 ottobre, gli Stati Uniti e la Russia hanno riunito un più vasto
areopago che comprendeva tutti i partecipanti alle due precedenti riunioni più
Egitto, Cina, Iraq, Iran, Libano, Oman, Unione europea e Nazioni Unite. Se la
stampa si rallegrava per la presenza dell”Iran che era stato tenuto fuori da
ogni regolamentazione politica sin dall”inizio del conflitto, non ha però notato
il ritorno dell”Egitto del maresciallo al-Sissi che era stato escluso dalla
Francia e che ritorna sulla scena internazionale grazie alla scoperta delle sue
nuove riserve di petrolio, né ha notato la continua assenza della principale
potenza regionale, Israele. Quest”ultimo punto può essere spiegato solo se lo
Stato ebraico avesse già ottenuto la garanzia di raggiungere uno dei suoi
obiettivi di guerra, la creazione di uno Stato coloniale nel nord della Siria.

I partecipanti sono stati tutti invitati a firmare una dichiarazione finale
che solo i russi e gli iraniani si sono presi cura di diffondere [6].

E per una buona ragione: segna la sconfitta dei falchi USA. Infatti, al
paragrafo 8, si afferma che il «processo politico» – e non il «processo di
transizione» – saranno guidati dai siriani, in pieno possesso dei siriani, e
che il popolo siriano deciderà il futuro della Siria [7].

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Questa formulazione pesante invalida il documento Feltman che da oltre tre
anni costituisce l”obiettivo dei falchi USA, dei francesi, dei turchi e dei
sauditi: la capitolazione totale e incondizionata della Repubblica araba
siriana [8].

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Il
progetto USA continua nonostante l”accordo con la Russia

Il seguito degli avvenimenti dovrà logicamente essere messo al passo della
Turchia, dell”Arabia Saudita e della Francia, cosa che potrebbe essere fatta
pur mantenendo gli obiettivi iniziali degli Stati Uniti.

Per la Turchia, qualunque sia l”esito delle elezioni legislative questo 1°
novembre e soprattutto nel caso di una vittoria dell”AKP [9],
la guerra civile dovrebbe estendersi e svilupparsi [10]
fino alla suddivisione del paese in due, quindi alla fusione del Kurdistan
turco, del Kurdistan iracheno e di un territorio arabo siriano occupato dai
curdi siriani e gli Stati Uniti. Già oggi, il partito YPG e gli Stati Uniti
conquistano insieme un territorio arabo nel nord della Siria. L”YPG che, fino
al mese scorso, ha ricevuto le sue armi e i suoi soldi da Damasco, si è rivoltato
contro la Repubblica araba siriana. I suoi miliziani invadono i villaggi
conquistati, espellono gli insegnanti e decretano la [url”curdizzazione forzata delle scuole”]http://megachip.globalist.es/Detail_News_Display?ID=124562&typeb=0&gli-stati-uniti-e-israele-iniziano-la-colonizzazione-del-nord-della-siria[/url]. Il curdo, che era parlato e insegnato a scuola, diviene la lingua
unica e obbligatoria. Le milizie della Repubblica araba siriana, compresi gli
Assiri, sono ridotti a difendere le loro scuole armi in pugno contro i loro compatrioti
curdi.

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Da parte sua il re Salman dell”Arabia Saudita deve incassare la sua
sconfitta nello Yemen, un vicino che aveva invaso ufficialmente per sostenere
un presidente in fuga, in realtà per sfruttare assieme a Israele il petrolio
del Rub” al-Khali [11].

Uno dopo l”altro, gli Emirati Arabi Uniti e l”Egitto si sono ritirati dalla
sua Coalizione. I primi dopo aver subito pesanti perdite tra i loro ufficiali,
il secondo con maggiore discrezione, lasciando le operazioni militari nelle sole
mani degli israeliani. Gli Houthi, spinti verso nord dai bombardamenti, hanno effettuato
svariate incursioni in Arabia Saudita e hanno distrutto delle basi aeree
militari assieme alle loro attrezzature. I soldati sauditi, quasi tutti
stranieri in servizio sotto il distintivo saudita, hanno disertato in massa
costringendo il re a emettere un decreto contro gli abbandoni di postazione.
Per evitare un disastro militare, l”Arabia Saudita ha allora cercato nuovi alleati.
In cambio di denaro sonante, il Senegal ha inviato 6.000 uomini e il Sudan
2.000. La Mauritania esita a inviare un contingente. Il re, si dice, avrebbe
anche cercato l”esercito privato Academi (ex Blackwter/Xe), che attualmente
recluterebbe dei mercenari in Colombia. Questo fiasco è direttamente
attribuibile al principe Mohammed bin Salman, che ha sostenuto l”iniziativa in
questa guerra. Così, ha indebolito l”autorità di suo padre, il re Salman, e fa
riprendere la contestazione dei due clan esclusi dal potere, quelli dell”ex re
Abdullah e del principe Bandar. Logicamente questo conflitto dovrebbe portare a
una spartizione del loro patrimonio tra i tre clan e quindi a una suddivisione
del regno in tre Stati.

È solo a seguito di questi nuovi conflitti che la pace dovrebbe tornare
nella regione, tranne nella parte araba colonizzata dal nuovo Kurdistan, pronta
a diventare il nuovo punto di attacco degli antagonismi regionali al posto
della Palestina.

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Ma sebbene sia scritto, il futuro è incerto. Il rovesciamento del rapporto
di forza tra Washington e Mosca [12]
potrebbe modificare il loro accordo.

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I
ratti abbandonano la nave

Mentre i giocatori scarsi annunciano senza battere ciglio che l”intervento
militare russo in Siria non porterà i risultati attesi da Mosca, i jihadisti in
fuga si ritirano in Iraq e in Turchia. Il capo di stato maggiore USA, il
generale Joseph Dunford, il 27 ottobre ha ammesso, nel corso di un”audizione al
Senato, che ormai le armi hanno parlato a favore della Repubblica araba siriana
[13].

Nel frattempo, il Comandante supremo della NATO, il generale Philip
Breedlove, il 30 ottobre ha dichiarato, nel corso di una conferenza stampa al
Pentagono, che è un eufemismo dire che la situazione evolve di giorno in giorno
e che ora minaccia la sicurezza dell”Europa [14].

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È inevitabile constatare che l”alleanza tra i sostenitori del caos e quelli
della ricolonizzazione perderà non solo in Siria, ma che la stessa Alleanza
atlantica non può più pretendere il dominio globale. Così, di colpo, un”improvvisa
agitazione attraversa le cancellerie, molte delle quali affermano che sia ormai
il momento di giungere alla pace: il che sottintende che sin qui la pensavano
diversamente.

I «cambi di casacca» che si annunciano a proposito della Siria avranno come
prima conseguenza la consacrazione del ruolo internazionale della Repubblica
islamica dell”Iran e della Federazione russa; due attori che la stampa
occidentale presentava, appena quattro mesi fa, come totalmente isolati e
condannati a terribili difficoltà economiche; due potenze che sono ormai le
prime forze militari, a livello regionale per l”Iran e globale per la Russia; e
come seconda conseguenza si ha la permanenza al potere del presidente Assad, del
quale si annuncia da cinque anni in qua che «se ne deve andare».

In questo contesto, la propaganda di guerra continua imperterrita, affermando
che se non ci fossero i bombardamenti russi a uccidere i civili, sarebbe l”esercito
siriano a bombardarli; imputazione confermata dalla matrice delle
organizzazioni terroristiche, i Fratelli Musulmani, attraverso il loro
Osservatorio siriano per i diritti umani. O ancora che la Russia è costretta a
negoziare perché il suo intervento le costa caro (come se non ne avesse
preventivato gli stanziamenti nel corso della sua lunga preparazione). Mai a
corto di invenzioni, il direttore della CIA, John Brennan, sostiene invece che
la Russia sia pronta ad abbandonare il presidente Assad, sebbene il presidente
Putin si sia fatto beffe di questa auto-persuasione qualche giorno prima, al
Club di Valdai.

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In Francia, la rivolta conquista la classe politica. I quattro principali
leader della destra, Dominique de Villepin, François Fillon, Alain Juppé e
Nicolas Sarkozy, hanno dichiarato ciascuno per parte sua che è assurdo alienarsi
la Russia e non riconoscere la sconfitta in Siria. Tuttavia Alain Juppé, che ha
giocato un ruolo centrale all”inizio della guerra, specialmente con la sua firma
di un trattato segreto con la Turchia, continua a mantenere l”obiettivo di
rovesciare la Repubblica araba siriana, in un momento successivo. A sinistra,
molti leader stanno valutando future visite a Damasco.

Il panico di fronte ai cambiamenti prevedibili si è generalizzato. Se
Nicolas Sarkozy si è precipitato dal Presidente Putin, il vicecancelliere
tedesco, Sigmard Gabriel, lo ha fatto pure lui [15].
Ha sostenuto che si chiudono i contenziosi e le amarezze del passato e che si
rinnova il dialogo con la Russia. Era il momento.

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Da ricordare:

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—- La Dichiarazione di Vienna del 30 ottobre 2015
modifica il Comunicato di Ginevra del 30 giugno 2012. Non ci sarà nessun «processo
di transizione» in Siria, poiché la Repubblica araba siriana ha vinto la
guerra, ma un «processo politico» sotto il controllo delle urne.

—- La guerra dovrebbe concludersi nei prossimi mesi in
Siria, tranne nel Nord, dove gli Stati Uniti e Israele tentano di creare uno
stato coloniale indipendente, dominato dai curdi.

—- Nuove guerre si preparano per cominciare intorno a uno
pseudo-Kurdistan imposto a popolazioni non-curde colonizzate, e poi in
Turchia e Arabia Saudita per dividere questi grandi Stati in stati più
piccoli, secondo il piano di “rimodellamento del Medio Oriente allargato”del
2001. Washington non esiterà a distruggere i suoi stessi alleati
disobbedienti, mentre Mosca vuole farla finita con i Fratelli Musulmani e il wahhabismo.

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—- L”opposizione in Francia e l”intera classe dirigente
in Germania hanno preso coscienza dell”ascesa della Russia e dell’Iran e della
prossima caduta della Turchia e dell’Arabia Saudita. Cercano di cambiare la
loro politica.

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NOTE

[1] «Mosca e Washington intendono rifondare le relazioni internazionali»,
di Thierry Meyssan, Megachip, Rete
Voltaire
, 5 ottobre 2015.

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[4] «Communiqué
final du Groupe d’action pour la Syrie
», Réseau Voltaire, 30 juin 2012.

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[5] «Perché la Francia vuole rovesciare la Repubblica araba siriana?»,
di Thierry Meyssan, Megachip, Rete
Voltaire
, 12 ottobre 2015.

[6] “Joint Statement on the outcome of
the multilateral talks on Syria
”, Voltaire Network, 30
October 2015.

[7] “This political process will be Syrian led and
Syrian owned, and the Syrian people will decide the future of Syria”.

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[8] «Due spine nel fianco di Obama», di Thierry Meyssan, Megachip, Rete Voltaire, 31 agosto 2015.

[9] «Verso la fine del sistema Erdoğan», di Thierry Meyssan, Megachip,
Rete Voltaire
, 15 giugno 2015.

[10] «Turchia in
pericolo
», di Thierry Meyssan, Megachip,
Rete Voltaire, 27 luglio 2015.

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[11] «Esclusivo: i progetti segreti di Israele e Arabia Saudita»,
di Thierry Meyssan, Megachip, Rete
Voltaire
, 22 giugno 2015; «
Pourquoi
l’Occident est-il silencieux sur la guerre du Yémen?
», par Martha Mundy, Traduction Alasso,
Counterpunch, Réseau Voltaire, 4 octobre 2015.

[12] «L’esercito russo afferma la propria superiorità nella guerra
convenzionale
», di Thierry Meyssan, Megachip,
Rete Voltaire, 19 ottobre 2015.

[13] “Dunford Tells Senate Now is Time to Reinforce Iraqi Success Against ISIL”, Jim
Garamone, DoD News, October 27, 2015.

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[15] «La Germania sta cercando di uscire dal conflitto siriano»,
par Thierry Meyssan, Al-Watan (Syrie), Megachip, Réseau Voltaire, 29 ottobre 2015.

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Thierry Meyssan, 31
ottobre 2015.

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Traduzione a cura
di Matzu Yagi

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