Perché i #PanamaPapers

Si sono messi al servizio dei difensori del Grande capitale. Se, di passaggio, hanno colto sul fatto alcuni disonesti, non cambia nulla. Ecco perché [Thierry Meyssan]

Perché i #PanamaPapers
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7 Aprile 2016 - 04.55


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«Sotto i
nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°177

di Thierry Meyssan.

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Contrariamente
alle apparenze, la campagna dei “Panama Papers” non avrà l”effetto di
limitare le malversazioni finanziarie e aumentare le libertà, ma esattamente
l”opposto. Il sistema si contrarrà un po” di più intorno al Regno Unito, all’Olanda,
agli Stati Uniti e a Israele, in modo che loro e solo loro ne avranno il
controllo. Nel violare il principio di uguaglianza davanti alla Legge e la loro
etica professionale, i membri del
l’International Consortium of Investigative Journalists sono stati messi al servizio dei nemici della libertà e dei difensori
del Grande capitale, e il fatto che di passaggio essi abbiano colto sul fatto alcuni
disonesti non cambierà nulla. Ecco i perché.

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La
dottrina Romer: costringere i paradisi fiscali non anglosassoni a rinunciare e
destabilizzare l”Unione europea fino a quando i capitali rifluiranno di nuovo verso
i paradisi fiscali del Regno Unito, dell’Olanda, degli Stati Uniti e di Israele.

DAMASCO (Siria) – All”inizio del suo
mandato, il presidente Obama ha nominato la storica Christina Romer a
presiedere il suo Comitato dei consiglieri economici. Questa professoressa dell”Università
di Berkeley è una specialista in materia di crisi del 1929. Secondo lei, non
sono stati né il New Deal di Roosevelt, né la seconda guerra mondiale a
consentire di uscire davvero da questa recessione, bensì l”afflusso di capitali
europei, nel 1936, in fuga dal moltiplicarsi dei pericoli.

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È su questa base che Obama ha condotto
la sua politica economica. In primo luogo, ha agito in modo da chiudere tutti i
paradisi fiscali che Washington e Londra non controllano. Poi ha organizzato la
destabilizzazione della Grecia e di Cipro, in modo che i capitali europei si
rifugiassero nei paradisi fiscali anglosassoni [1].

Tutto è iniziato in Grecia nel
dicembre 2008, con delle manifestazioni a seguito dell”uccisione di un
adolescente da parte di un poliziotto. La CIA ha trasportato in autobus un
gruppo di teppisti del Kosovo per perturbare una manifestazione e innescare l’avvio
di un certo caos [2].

Il Dipartimento del Tesoro ha potuto
quindi verificare che dei capitali greci lasciavano il paese. Essendo riuscito
l’esperimento, la Casa Bianca ha deciso di far precipitare questo Stato così
fragile in una crisi finanziaria ed economica che ha messo in discussione
l”esistenza stessa della zona euro. Come previsto, ogni volta che ci si
interroga su una possibile espulsione della Grecia dall”euro o di una
dissoluzione dell’eurozona, ci sono capitali europei che si precipitano nei
paradisi fiscali disponibili, principalmente britannici, statunitensi e olandesi.
Nel 2012, un”altra operazione fu condotta contro il paradiso fiscale cipriota.
Tutti i conti bancari furono confiscati oltre i 100.000 euro. È stata la prima
e unica volta, in un’economia capitalistica, che si sia potuto osservare questo
tipo di nazionalizzazione [3].

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Negli corso degli ultimi otto anni
abbiamo assistito a molti incontri del G8 e del G20 che hanno stabilito ogni
tipo di norme internazionali, pretendendo che la cosa fosse intesa ad evitare
l”evasione fiscale [4].

Tuttavia, una volta che queste norme
venivano adottate da tutti, gli Stati Uniti e, in misura minore Israele, Paesi
Bassi e Regno Unito, se ne sono dispensati.

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I paradisi fiscali

Ogni paradiso fiscale ha uno status
giuridico speciale, in genere assurdo.

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Attualmente, i principali paradisi
fiscali sono lo Stato indipendente della City di Londra (membro del Regno Unito
di Gran Bretagna e Irlanda del Nord), il Delaware (membro degli Stati Uniti) e
Israele, ma esistono molti altri paradisi fiscali, in particolare britannici, a
partire dalle isole di Jersey e Guernsey (membro del ducato di Normandia e come
tale sotto l”autorità della regina d”Inghilterra, ma non membro del Regno Unito
né dell”Unione europea), Gibilterra (un territorio spagnolo la cui proprietà
fondiaria è inglese e che il Regno Unito occupa illegalmente), fino ad
Anguilla, alle Bermude, le Isole Cayman, le isole Turks e Caicos, le Isole
Vergini o Montserrat. Ve ne sono sono anche alcuni legati all’Olanda: Aruba,
Curaçao o Sint Maarten.

Un paradiso fiscale è una “zona
franca” estesa a tutto un paese. Tuttavia, nell’immaginario collettivo,
una zona franca è essenziale per l”economia, mentre un “paradiso fiscale”
è una calamità, sebbene siano esattamente la stessa cosa. Naturalmente, certe
imprese abusano delle zone franche per non pagare imposte, e altre abusano dei
paradisi fiscali, ma non c”è ragione per rimettere in discussione l”esistenza
di questi dispositivi indispensabili per il commercio internazionale.

Nella loro guerra contro i paradisi
fiscali non-anglosassoni, gli Stati Uniti hanno soprattutto sparato delle
bordate contro la Svizzera [5].
Questo paese aveva sviluppato un rigoroso segreto bancario permettendo a piccoli
operatori di condurre operazioni all’insaputa di quelli grossi. Nel costringere
la Svizzera ad abbandonare il suo segreto bancario, gli Stati Uniti hanno esteso
la loro sorveglianza di massa alle transazioni economiche. In questo modo, essi
possono agevolmente truccare la concorrenza e sabotare l’attività dei piccoli
operatori.

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Per
una decina d’anni, Forbes ha classificato
Fidel Castro come il capo di stato più ricco del mondo. Benché sia ormai acclarato
che si trattasse di pura propaganda, Forbes
non ha mai chiesto scusa.

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I «Panama Papers»

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È in questo contesto che Washington
ha fornito alla Süddeutsche Zeitung
11,5 milioni di documenti informatici piratati presso il quarto studio legale al
mondo fra quelli incaricati di creare delle società off-shore. Poiché questo
spionaggio costituisce un reato, le presunte “talpe” che lo hanno
compiuto sono rimaste anonime. Naturalmente Washington ha dapprima fatto una
cernita accurata dei dossier e ha escluso in primo luogo quelli relativi a cittadini
o società statunitensi, e poi probabilmente quelli che riguardano i suoi buoni
alleati. Il fatto che alcuni cosiddetti alleati, in rapporti più freddi con
l”amministrazione Obama – come il presidente ucraino Petro Poroshenko – siano
ricompresi in questi documenti, ci conferma che questi siano stati appena fatti
trapelare dal loro potente protettore.

Mentre Panama è un paese di lingua
spagnola e la Süddeutsche Zeitung è
pubblicata in Germania, i file rubati sono stati denominati in inglese dalle
loro spie: «Panama Papers».

Per inciso, gli autori di questa corbelleria
cercano di convincerci che tutti gli uomini che si oppongono a Washington
sarebbero dei ladri. Ricordiamo, ad esempio, le campagne che furono intraprese
contro Fidel Castro, accusato di essere un trafficante di droga e classificato da
Forbes tra i più grandi ricconi del
mondo [6]. Avendo constatato le
difficili condizioni di vita della famiglia Castro a Cuba, mi chiedo come sia
stato possibile montare una frottola simile. I nuovi magnati segreti sarebbero dunque
Vladimir Putin, Bashar al-Assad e persino Mahmoud Ahmadinejad (la cui frugalità
è invece leggendaria).

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Questa propaganda contro gli
oppositori politici è solo la punta di un iceberg, mentre ciò che è importante
è il futuro del sistema finanziario internazionale.

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La violazione dell’etica giornalistica

La Süddeutsche Zeitung fa parte dell’International
Consortium of Investigative Journalists
(ICIJ),
un’associazione specializzata non tanto in giornalismo investigativo – come il
titolo potrebbe far pensare – quanto nella denuncia di reati finanziari.

Nelle società repubblicane, la Legge
deve essere uguale per tutti. Ma l’ICIJ, che ha già reso pubblici oltre 15
milioni di files fin dalla sua creazione,
non ha mai attentato agli interessi degli Stati Uniti. Essa non può certo
pretendere di agire nell”interesse della Legge.

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Inoltre, dai principi repubblicani
della nostra società scaturiscono degli obblighi per i giornalisti. Questi sono
stati formalizzati nella Carta di Monaco
di Baviera
, adottata nel 1971 da tutti i sindacati professionali del Mercato
comune, per poi estendersi al resto del mondo tramite la Federazione
internazionale dei giornalisti.

Capisco perfettamente che tale testo
imponga limitazioni a volte difficili da rispettare. E per parte mia, qualche
anno fa, sono stato tra coloro che ritenevano utile violarlo di tanto in tanto.
Ma l”esperienza dimostra che nel violarlo si apre la strada ad altre violazioni
che si ribaltano contro i cittadini.

I giornalisti dell’International
Consortium of Investigative Journalists

non si sono posti alcuna questione etica. Hanno accettato di lavorare su
documenti rubati e soggetti a una cernita preliminare, senza avere alcuna capacità
di verificare la loro autenticità.

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La Carta di Monaco stabilisce che i giornalisti che pubblicano le
informazioni la cui origine è nota, non sopprimeranno informazioni essenziali né
altereranno i testi e i documenti; infine, che non useranno metodi sleali per
ottenere informazioni, fotografie e documenti.

Si tratta dunque di tre requisiti
che sono stati violati in piena e totale consapevolezza, il che dovrebbe
portare a far escludere quei giornalisti dagli ordini professionali nonché
causare la revoca dei direttori della BBC di France-Télévisions, NRK, e perché
no, di Radio Free Europe / Radio Liberty (la radio della CIA che fa parte
anch’essa del Consorzio dei giornalisti).

L’International
Consortium of Investigative Journalists
non
è al suo primo caso. Fu proprio esso ad aver reso pubblici, nel 2013, 2,5
milioni di files trafugati a 120.000
società off-shore. Poi è stato sempre esso ad aver rivelato, nel 2014, i
contratti firmati tra delle multinazionali e il Lussemburgo per beneficiare di
una tassazione privilegiata. Ed è sempre esso ad aver rivelato, nel 2015, i
conti della banca britannica HSBC in Svizzera.

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L’International
Consortium of Investigative Journalists,
si
sospetta, è finanziato da numerose organizzazioni collegate con la CIA, come la
Fondazione Ford e le fondazioni di George Soros. Quest’ultimo esempio è il più
interessante: per i membri dell’ICIJ il denaro di Soros non proviene dalla CIA,
ma dalle speculazioni finanziarie a scapito dei popoli, cosa che lo renderebbe
più accettabile.

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Principio
fondamentale delle società repubblicane: per essere legittima, la Legge è
uguale per tutti (articolo 6 della Dichiarazione dei diritti dell”uomo e del
cittadino del 1789). Ma sin dal suo inizio, l’ICIJ si astiene dallo svelare i reati
degli Stati Uniti. In tal modo, aumenta le ingiustizie.

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Più Resistenza senza paradisi fiscali non-anglosassoni

Che Hezbollah detenga società e
conti segreti a Panama e altrove non è per nulla sorprendente. Ho fatto cenno
in un recente articolo agli sforzi della Resistenza libanese di
autofinanziarsi, senza dover dipendere da sovvenzioni iraniane [7].

Le complesse disposizioni
finanziarie a cui tale movimento si è dedicato dovranno essere completamente ricomposte,
altrimenti il
Libano diventerà nuovamente la preda dei suoi
vicini israeliani.

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Che il presidente Ahmadinejad abbia creato
delle società off-shore per aggirare l”embargo di cui il suo paese è stato
vittima e vendere così il petrolio non solo non è un crimine, ma va tutto a suo
onore.

Che la famiglia Makhlouf, i cugini
del presidente al-Assad, abbiano utilizzato un pacchetto finanziario per
aggirare l”embargo illegale delle potenze occidentali e permettere ai siriani di
alimentarsi nel corso di cinque anni di guerra di aggressione è altrettanto
legittimo.

Cosa rimarrà di tutto questo vasto lavoro
di decostruzione? Innanzitutto la reputazione di Panama è distrutta e ci
vorranno parecchi anni per recuperarla. Poi, succederà che dei piccoli disonesti
che hanno abusato del sistema saranno perseguiti, mentre una gran quantità di
operatori onesti dovranno a lungo giustificarsi davanti ai tribunali. Ma
contrariamente alle apparenze, coloro che animano questa campagna vigileranno
affinché nulla cambi. Il sistema resterà dunque in vigore, ma sempre più a esclusivo
beneficio del Regno Unito, dell’Olanda, degli Stati Uniti e d’Israele. Credendo
di difendere la loro libertà, coloro che hanno partecipato a questa campagna l’avranno
in realtà ridotta.

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NOTE

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[1] «Panama Papers: segreti manipolati», di Pino Cabras, Gli Occhi Della Guerra – Il Giornale, 6 aprile 2016.

[2] Ringrazio in anticipo i lettori che ritroveranno
l’intervista da me concessa a un organo d’informazione greco su questo
argomento nel 2009. Non scrissi in proposito un articolo, solo –
incidentalmente – un paragrafo, nell’articolo «Fallisce
in Iran la “rivoluzione colorata”
», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire,
30 giugno 2009.

[3] «Il pedone cipriota», di Thierry Meyssan, Al-Watan (Syrie) , Rete
Voltaire
, 25 marzo 2013.

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[4] «Il G20 e il
riassetto della finanza internazionale
», di Jean-Claude Paye, Rete
Voltaire
, traduz.
Eurasia, 9 aprile 2009.

[5] «Gli USA hanno
l’accesso elettronico alle transazioni bancarie interne svizzere
», «UBS e l’egemonia del
dollaro
», di Jean-Claude Paye, Rete
Voltaire
, 3 marzo e 22 ottobre 2009.

[6] «Forbes invente la fortune de Fidel
Castro
», par
Salim Lamrani, Réseau Voltaire,
24 mai 2006.

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[7] «Verso una nuova guerra in Libano», di Thierry Meyssan, Rete
Voltaire, Megachip, 14 marzo 2016.

Thierry Meyssan, 6 aprile 2016.

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Traduzione a cura di Matzu Yagi.

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