15 anni di crimini

Se la versione degli attentati era vera, la risposta di Washington è stata fallimentare. Se era falsa, ecco la base di un saccheggio mediorientale [Thierry Meyssan]

15 anni di crimini
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12 Settembre 2016 - 05.03


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«Sotto i nostri
occhi» – Cronaca di politica internazionale n°198

di Thierry Meyssan.

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Gli
Stati Uniti e i loro alleati commemorano il 15° anniversario dell”11 settembre.
Per Thierry Meyssan è l”occasione per fare il punto sulla politica di
Washington, a partire da quella data; un bilancio particolarmente cupo. Delle
due l’una: o la versione degli attentati da parte della Casa Bianca è autentica,
e in tal caso la sua risposta agli attacchi è particolarmente controproducente;
o è menzognera e, in questo caso, è riuscita a saccheggiare il Medio Oriente
allargato.

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Che cosa sarebbe
diventata l”influenza degli Stati Uniti nel mondo senza le loro truppe
supplementari, i jihadisti?

15 anni fa, negli Stati Uniti, l”11 settembre 2001, il «piano di continuità
del governo» è stato attivato verso le ore 10 del mattino dal coordinatore
nazionale per la sicurezza, la protezione delle infrastrutture e il controterrorismo,
Richard Clarke [1].

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Secondo lui, si trattava di rispondere alla situazione eccezionale di due
aerei che avevano colpito il World Trade Center di New York e un di terzo che
avrebbe colpito il Pentagono. Tuttavia, questo piano doveva essere utilizzato
solo in caso di distruzione delle istituzioni democratiche, ad esempio da un
attacco nucleare. Non si era mai previsto di attivarlo fintantoché il
presidente, il vicepresidente e i presidenti delle Assemblee fossero vivi e in
grado di adempiere alle loro funzioni.

L”attivazione di questo piano ha trasferito le responsabilità del
presidente degli Stati Uniti a un’autorità militare alternativa collocata nel
Mount Weather [2].

Questa autorità ha restituito le sue funzioni al presidente George W. Bush
solo a fine giornata. Fino ad oggi, la composizione di questa autorità e le
decisioni che ha potuto prendere sono rimaste segrete.

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Poiché il presidente era stato esonerato dalle sue funzioni durante un
periodo di circa dieci ore, l”11 settembre 2001, in violazione della Costituzione
degli Stati Uniti, è tecnicamente esatto parlare di un “colpo di Stato”.
Naturalmente questa espressione risulta scioccante perché si tratta degli Stati
Uniti, perché tutto ciò ha avuto luogo in circostanze eccezionali, perché le
autorità militari non l’hanno mai rivendicato, e perché è stato restituito il
potere senza problemi al presidente costituzionale. Resta il fatto che questo sia
in senso stretto un “colpo di Stato”.

In un famoso libro, pubblicato nel 1968, ma ristampato e diventato il libro
preferito dei neo-conservatori durante la campagna elettorale del 2000, lo
storico Edward Luttwak spiegava che un colpo di Stato è ancora più riuscito se
nessuno si rende conto che ha avuto luogo, e dunque non gli si oppone [3].

Sei mesi dopo questi eventi, ho pubblicato un libro sulle conseguenze
politiche di questa giornata [4].

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I media si sono intrattenuti soltanto sui primi quattro capitoli, nei quali
mostravo l”impossibilità della versione ufficiale di questi eventi. Sono stato
spesso criticato per non offrire la mia versione di quella giornata, ma non ne
avevo, e rimango ancora oggi con in mano più domande che risposte.

In ogni caso, i quindici anni trascorsi ci illuminano su quanto è accaduto
quel giorno.

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Dall”11 settembre, il
governo federale è fuori della Costituzione

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In primo luogo, anche se alcune disposizioni sono state sospese per un
attimo nel 2015, gli Stati Uniti vivono ancora sotto l’imperio del Patriot Act.
Adottato nell’emergenza, 45 giorni dopo il colpo di Stato, questo testo costituisce
una risposta al terrorismo. Dato il suo volume, sarebbe più corretto parlare di
Codice antiterrorismo più che di semplice legge. Il testo era stato preparato
nel corso degli ultimi due anni da parte della Federalist Society. Solo quattro deputati vi si opposero.

Questo testo sospende le limitazioni costituzionali, formulate dalla
“Dichiarazione dei diritti” – cioè i primi 10 emendamenti della
Costituzione – per tutte le iniziative dello Stato miranti a combattere il
terrorismo. È il principio dello stato di emergenza permanente. Lo Stato
federale può così praticare la tortura fuori del suo territorio e spiare la
propria popolazione in maniera massiccia. Dopo quindici anni di queste
pratiche, non è tecnicamente più possibile per gli Stati Uniti presentarsi come
uno “Stato di diritto”.

Per applicare il Patriot Act, il governo federale ha prima ha creato un
nuovo dipartimento per la sicurezza interna (Homeland Security). Il titolo di questa amministrazione è così
sconvolgente che lo si traduce in tutto il mondo con “Sicurezza interna”,
il che è falso. Poi, il governo federale si è dotato di un insieme di polizie
politiche che, secondo un ampio studio del Washington
Post
nel 2010, impiegava all’epoca almeno 850 000 nuovi funzionari per spiare
315 milioni di abitanti [5].

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La grande innovazione istituzionale di questo periodo è la rilettura della
separazione dei poteri. Fino ad allora si riteneva, dando seguito a
Montesquieu, che essa permettesse di mantenere un equilibrio tra l”Esecutivo, il
Legislativo e il Giudiziario indispensabile per il buon funzionamento e la
conservazione della democrazia. Gli Stati Uniti potevano vantarsi di essere
l”unico Stato al mondo a metterla in pratica rigorosamente. Ma ormai, al
contrario, la separazione dei poteri significa che il Legislativo e il Giudiziario
non hanno più la possibilità di controllare l”esecutivo. È d’altronde in virtù di
questa nuova interpretazione che il Congresso non è stato autorizzato a
discutere le condizioni del colpo di Stato dell”11 settembre.

Contrariamente a quello che scrivevo nel 2002, gli Stati dell”Europa
occidentale hanno resistito a questa evoluzione. È solo da un anno e mezzo in
qua che la Francia ha ceduto e ha adottato il principio dello stato di
emergenza permanente, in occasione dell”assassinio dei redattori di Charlie Hebdo. Questa sua trasformazione
interna va di pari passo con un cambiamento radicale della politica estera.

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Dall”11 settembre, il
governo federale, che sta al di fuori della costituzione, ha saccheggiato il
Medio Oriente allargato

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Nei giorni che seguirono, George W. Bush – di nuovo presidente degli Stati
Uniti dopo l”11 settembre alla sera – dichiarò alla stampa: «Per questa
crociata, questa guerra al terrorismo ci vorrà del tempo» [6].

Sebbene abbia dovuto chiedere scusa per essersi espresso in quei termini,
la scelta presidenziale delle parole indicava chiaramente che il nemico si
richiamava all”Islam e che questa guerra sarebbe stata lunga.

Infatti, per la prima volta nella loro storia, gli Stati Uniti sono in
guerra ininterrotta da 15 anni. Hanno definito la propria Strategia contro il
terrorismo [7] che l”Unione europea
si è affrettata a copiare [8].

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Se le successive amministrazioni statunitensi hanno presentato questa
guerra come un inseguimento trafelato dall”Afghanistan all”Iraq, dall”Iraq
all”Africa, al Pakistan e alle Filippine, poi in Libia e in Siria, l”ex
comandante supremo della NATO, il Generale Wesley Clark, al contrario, ha
confermato l”esistenza di un piano a lungo termine. L”11 settembre, gli autori
del colpo di Stato hanno deciso di cambiare tutti i governi amici del “Medio
Oriente allargato” e di fare la guerra con i sette governi che resistevano
loro in questa regione. L”ordine è stato registrato ufficialmente dal
presidente Bush quattro giorni più tardi, nel corso di un incontro a Camp
David. È chiaro che questo programma è stato messo in opera e non è finito.

Questi cambiamenti dei regimi amici tramite rivoluzioni colorate e queste guerre
contro i regimi che resistevano non avevano come scopo la conquista di quei
paesi secondo il senso imperiale classico (Washington già controllava i suoi
alleati) bensì il loro saccheggio. In questa regione del mondo, in particolare
nel Levante, lo sfruttamento di questi paesi si scontrava non solo con la
resistenza delle popolazioni, ma anche con la presenza – assolutamente ovunque
– delle rovine di antiche civiltà. Non sarebbe stato dunque possibile fare
bottino senza “rompere le uova”.

Secondo il presidente Bush, gli attentati dell”11 settembre sarebbero stati
perpetrati da Al-Qa’ida, cosa che meglio giustificava l’attacco all’Afghanistan
che la rottura dei negoziati petroliferi con i taliban, nel luglio 2001. La
teoria di Bush è stata sviluppata dal suo segretario di Stato, il generale
Colin Powell, che promise di presentare una relazione in materia al Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite. Non solo gli Stati Uniti non hanno trovato il
tempo di redigere questo rapporto negli ultimi 15 anni, ma il 4 giugno scorso,
il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato che il suo omologo statunitense
gli aveva chiesto di non colpire i suoi alleati di al-Qa’ida in Siria; una
dichiarazione sconcertante che non è stata smentita.

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In un primo tempo, il governo federale incostituzionale ha proseguito il
suo programma mentendo spudoratamente al resto del mondo. Dopo aver promesso
una relazione sul ruolo dell”Afghanistan nell”11 settembre, lo stesso Powell mentì
frase per frase in occasione di un lungo discorso al Consiglio di sicurezza che
puntava a collegare il governo iracheno agli attentati e ad accusarlo di volerli
continuare con armi di distruzione di massa [9].

Il governo federale uccise in pochi giorni la maggior parte dell”esercito
iracheno, saccheggiò i sette principali musei e bruciò la Biblioteca Nazionale [10].

Installò al potere l”Autorità provvisoria della Coalizione, che non era un organo
della Coalizione di Stati contro il presidente Hussein, ma una società privata,
controllata dalla Kissinger Associates, sul modello della lugubre Compagnia
delle Indie [11].

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Per un anno, questa azienda ha saccheggiato a più non posso. In definitiva,
restituì il potere a un governo iracheno fantoccio, non senza avergli fatto
firmare che non avrebbe mai chiesto delle riparazioni e che non avrebbe sfidato
per un secolo le leggi commerciali leonine redatte dall”Autorità Provvisoria.

In 15 anni, gli Stati Uniti hanno sacrificato più di 10.000 loro connazionali,
mentre la loro guerra ha provocato oltre due milioni di morti nel “Medio
Oriente allargato” [12].

Per aver ragione di quelli che designano come i loro nemici, hanno speso
oltre 3,5 mila miliardi di dollari [13].

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E annunciano che il massacro e il caos continueranno.

Stranamente, queste migliaia di miliardi di dollari non hanno indebolito
economicamente gli Stati Uniti. Si trattava di un investimento che ha permesso
loro di saccheggiare un”intera regione del mondo; di rubare per somme ancora ben
più elevate.

A differenza della retorica dell’11 settembre, quella della guerra al
terrorismo ha un senso. Ma essa si appoggia su quantità di bugie presentate
come realtà. Ad esempio, viene spiegata la filiazione tra Daesh (ISIS) e al Qa’ida
tramite la personalità di Abu Musab al-Zarqawi, al quale il generale Powell
aveva dedicato gran parte del suo discorso al Consiglio di Sicurezza nel
febbraio 2003. Tuttavia, lo stesso Powell ha ammesso di aver mentito
spudoratamente in quel discorso, ed è impossibile verificare il minimo elemento
della biografia di Zarqawi secondo la CIA.

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Se ammettiamo che Al-Qa’ida è la continuazione della Legione Araba di bin
Laden, integrata in quanto truppa supplementare nella NATO durante le guerre della
Jugoslavia [14] e della Libia,
dobbiamo parimenti ammettere che al Qa’ida in Iraq, diventata Stato islamico in
Iraq, poi Daesh, è la sua continuazione.

Poiché il saccheggio e la distruzione del patrimonio storico sono illegali
secondo il diritto internazionale, il governo federale incostituzionale ha
dapprima subappaltato il suo lavoro sporco a degli eserciti privati come la
Blackwater. Ma la sua responsabilità era ancora troppo visibile [15].

Lo ha anche subappaltato al suo nuovo braccio armato, i jihadisti. Ormai il
saccheggio del petrolio – consumato in Occidente – è attribuibile a questi
estremisti e la distruzione del patrimonio al loro fanatismo religioso.

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Per comprendere la collaborazione della NATO e dei jihadisti, dobbiamo
chiederci che ne sarebbe oggi dell”influenza degli Stati Uniti se non ci fossero
i jihadisti. Il mondo sarebbe diventato multipolare e Washington avrebbe chiuso
la maggior parte delle sue basi militari in tutto il mondo. Gli Stati Uniti
sarebbero tornati a essere una potenza tra le altre.

Questa collaborazione della NATO e dei jihadisti sconvolge molti alti
responsabili statunitensi come il generale Carter Ham, comandante di AfriCom,
che ha rifiutato nel 2011 di lavorare con Al-Qa’ida e ha dovuto rinunciare a comandare
l”attacco alla Libia; o il generale Michael T. Flynn, comandante della
Defense Security Agency, che ha rifiutato di approvare la
creazione di Daesh ed è stato costretto a dimettersi nel 2014.

Questo è diventato il vero soggetto della campagna elettorale presidenziale:
da un lato Hillary Clinton, un membro di The
Family
, la setta dei capi di Stato Maggiore [16],
dall’altro Donald Trump, consigliato da Michael T. Flynn e 83 alti ufficiali.

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Proprio come durante la guerra fredda Washington controllava i suoi alleati
europei tramite “Gli eserciti segreti della NATO”, ossia Gladio [17], allo stesso modo oggi controlla il
Medio Oriente allargato, il Caucaso, la valle del Ferghana e va fin nello
Xinjiang con la “Gladio B” [18].

15 anni dopo, le conseguenze del colpo di Stato dell”11 settembre non
provengono affatto dai musulmani, né dal popolo statunitense, ma da coloro che lo
hanno perpetrato e dai loro alleati. Sono loro che hanno banalizzato la tortura,
le esecuzioni extragiudiziali ovunque nel mondo, indebolito le Nazioni Unite,
ucciso più di due milioni di persone, saccheggiato e distrutto l”Afghanistan,
l”Iraq, la Libia e Siria.

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Thierry Meyssan

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NOTE

[1] Against All Enemies, Inside America’s War on
Terror
, Richard Clarke, Free Press, 2004, Si ved il primo capitolo,
«Evacuate the White House».

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[2] A Pretext for War, James Bamford, Anchor
Books, 2004, si veda il capitolo 4 «Site R».

[3] Coup d’État: A Practical Handbook, Edward
Luttwak, Allen Lane, 1968.
Luttwak costituiva
con Richard Perle, Peter Wilson e Paul Wolfowitz i «Quattro moschettieri» di
Dean Acheson.

[4]
L’Effroyable imposture,
Thierry Meyssan, Carnot, 2002.
Réédition avec Le Pentagate,
Demi-Lune.
Edizioni italiane: L”incredibile menzogna, Thierry Meyssan, Fandango, 2002; Il
Pentagate. Altri documenti sull”11 settembre, Thierry Meyssan, Fandango, 2003.

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[5] Top Secret America: The Rise of the New American
Security State
, Dana Priest & William M. Arkin, Little, Brown and
Company, 2011.

[6] «A Fight vs. Evil, Bush and Cabinet Tell
U.S.
», Kenneth R.
Bazinet, Daily News, September 17th, 2001.

[7] National Strategy for Combating Terrorism, The White House, February 2003.

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[8]
Une Europe sûre dans un monde meilleur – Stratégie européenne de
sécurité
, Javier Solana, Conseil européen, 12
décembre 2003.

[9] «Discours
de M. Powell au Conseil de sécurité de l’ONU
»
(7 parties), par Colin L. Powell, Réseau Voltaire, 11 février 2003.

[10] «Discours
du directeur général de l’Unesco
»,
Koïchiro Matsuura, 6 juin 2003, Réseau Voltaire.

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[11] «Qui
gouverne l’Irak?
», par Thierry Meyssan, Réseau
Voltaire
, 13 mai 2004.

[12] Body Count, Casualty Figures after 10 Years
of the “War on Terror”
, Physicians for Social Responsibility (PSR), March 2015.

[13] The Three Trillion Dollar War, Joseph Stiglitz
& Linda Bilmes, W. W. Norton, 2008.

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[14] Wie der Dschihad nach Europa Kam, Jürgen
Elsässer, NP Verlag, 2005.
Version française : Comment le
Djihad est arrivé en Europe
, Xenia, 2006.

[15] The Powers of War and Peace : The
Constitution and Foreign Affairs after 9 11
, War by Other Means : An
Insider’s Account of the War on Terror, John Yoo, University Of Chicago Press,
Atlantic Monthly Press, 2006.

[16] The Family : The Secret Fundamentalism at the
Heart of American Power
, Jeff Sharlet, Harper, 2008.

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[17] Nato’s Secret Armies : Operation Gladio and
Terrorism in Western Europe
, Daniele Ganser, Frank Cass, 2004.
Versione italiana :   Gli eserciti segreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo in
Europa occidentale
, Fazi, 2008.

[18] Classified Woman, The Sibel Edmonds Story: A
Memoir
, Sibel D. Edmonds, SE 2012.

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Traduzione a cura di Matzu Yagi.

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