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Trump ce la può fare?

La stampa atlantista proietta su Trump i dibattiti artificiali che Hillary ha imposto, ma il neopresidente si prepara a cambiare un paradigma di due secoli [Thierry Meyssan]

Trump ce la può fare?
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15 Novembre 2016 - 18.37


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«Sotto
i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°211

di
Thierry Meyssan
.

Mentre
la stampa atlantista continua a proiettare su Donald Trump i dibattiti artificiali
che Hillary Clinton ha imposto durante la campagna elettorale e che si
moltiplicano negli appelli ad assassinare il presidente eletto, costui si
prepara a cambiare il paradigma, per rovesciare l”ideologia puritana che domina
il suo paese da due secoli. Ma ce la può fare?

Nell’illustrazione
in apertura:
Donald Trump e il generale
Michael Flynn T.

DAMASCO (Siria) – La stampa internazionale
sta cercando di convincerci che gli elettori di Donald Trump abbiano espresso
una rivolta di Piccoli Bianchi di fronte alle élites. In realtà sta solo prolungando il discorso di Hillary
Clinton che proprio questi elettori hanno respinto. Si
rifiuta di prendere in considerazione il fatto che l”attuale divisione non abbia
alcuna relazione con i temi che ha trattato durante questa campagna.

Eppure abbiamo visto tutti una nuova linea
di faglia apparire non tanto tra i due maggiori partiti, quanto al loro
interno. Molti leader repubblicani hanno sostenuto Clinton e alcuni leader
democratici Trump. Bernie Sanders gli ha appena proposto lui stesso i suoi
servigi. Allo stesso modo, l”analisi dei voti in funzione delle appartenenze
comunitarie (donne, ispanici, neri, musulmani, gay, ecc.) non ha più
significato. Benché ci venisse ribadito che votare per Trump equivaleva a votare
per l”odio delle minoranze, almeno un terzo degli appartenenti alle minoranze
ha votato per lui.

Alcuni giornalisti cercano di appoggiarsi
sul precedente del Brexit, anche se ne erano stati identicamente sorpresi e incapaci
di spiegarlo. Se lo si dovesse analizzare in funzione dei precedenti stranieri,
dovremmo almeno considerare l”elezione a sorpresa di Narendra Modi in India e di
Rodrigo Duterte nelle Filippine (un’ex colonia statunitense).

Nonostante la propaganda, i britannici non
hanno votato contro gli europei, né gli indiani contro i musulmani né i
filippini contro i cinesi. Piuttosto, ciascuno di questi tre popoli cerca di
salvare la propria cultura e di vivere in pace. Benché responsabile delle
rivolte anti-musulmane in Gujarat nel 2002, Narendra Modi ha teso la mano al
Pakistan, convinto che i problemi tra i due paesi siano stati organizzati e perpetuati
dalle potenze coloniali. Allo stesso modo, Rodrigo Duterte ha suscitato stupore
nel riavvicinarsi al “nemico” cinese.

Ho spiegato qualche settimana fa, in queste
colonne [1], che la linea di faglia
che divide gli Stati Uniti non è determinata né dalle appartenenze etniche né
dalle classi sociali, ma dall”ideologia puritana. Se questa spiegazione è giusta,
dovremmo assistere una lotta esistenziale dei sostenitori di questa ideologia
contro l”amministrazione Trump. Tutto quel che intraprenderà il nuovo
presidente sarà sistematicamente sabotato. Già ora, le manifestazioni
sporadiche contro il risultato elettorale mostrano che i perdenti non rispetteranno
le regole della democrazia.

Invece di riflettere sul modo in cui potremmo
trarre vantaggio dall’amministrazione Trump, dovremmo chiederci come possiamo
aiutarla a riuscire a liberare il suo paese dal proprio imperialismo, per porre
fine al mondo unipolare e alla «dottrina Wolfowitz»; come possiamo sostituire
la cooperazione allo scontro.

Mentre la stampa americana fa congetture
sulla possibile nomina di personalità dell”amministrazione Bush in seno all’amministrazione
Trump, dobbiamo anticipare il ruolo politico che giocheranno i quadri
commerciali della Trump Organization, gli unici verso cui possa riporre
fiducia.

Dobbiamo fare affidamento sul generale
Michael T. Flynn che – ancorché democratico – era il principale consigliere in
materia di politica estera e di difesa durante la sua campagna. Comandante dei
servizi segreti militari, dalla Conferenza di Ginevra 1 alla conquista
dell”Iraq da parte di Daesh, non ha cessato di combattere il presidente Obama, la
segretaria di Stato Clinton, il generale David Petraeus nonché John Allen e
Jeffrey Feltman in merito all”uso dei jihadisti e del terrorismo per mantenere
l”imperialismo statunitense. Che sia consigliere per la Sicurezza nazionale, direttore
della CIA o segretario alla difesa, sarà il miglior alleato della pace nel
Levante.

Fonte:

Al-Watan (Siria)

NOTA

[1] «Gli Stati Uniti si riformeranno o si lacereranno?», di
Thierry Meyssan, Al-Watan (Siria), Rete
Voltaire, Megachip, 25 ottobre 2016.

Thierry
Meyssan, 15 novembre 2016

Traduzione
a cura di Matzu Yagi.

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