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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°242
di Thierry Meyssan.
Thierry Meyssan osserva le azioni del presidente Trump volte a convincere i suoi alleati e partner a lasciar perdere i jihadisti da loro sostenuti, armati e inquadrati. Contrariamente a quanto rappresentato dalla stampa internazionale e dai suoi avversari politici, la Casa Bianca continua senza sosta da quattro mesi una politica anti-imperialista che comincia a dare i suoi frutti: il processo di cessazione del sostegno saudita ai Fratelli musulmani, la fine del coordinamento dei jihadisti da parte della NATO e il processo di cessazione del finanziamento occidentale ai Fratelli musulmani.
Nell’immagine in apertura: Mentre la NATO era stata concepita per combattere con l’Unione Sovietica, Donald Trump l’ha riorientata. Sebbene conservi l’obiettivo di competere con la Russia, ora dedicherà metà delle sue risorse alla lotta contro il jihadismo.
DAMASCO (Siria) – Dalla Terza Conferenza degli Amici della Siria, il 6 luglio 2012 a Parigi, fino all’investitura del presidente Trump, il 21 gennaio 2017 a Washington, gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito non hanno mai cessato né di organizzare la guerra contro la Siria né di far finta di negoziarne un’uscita politica.
Donald Trump si è presentato, durante gli ultimi 16 anni e in particolare durante la sua campagna elettorale presidenziale, come un militante anti-imperialista. Contrariamente alle affermazioni dei suoi critici, il fatto che lui sia un miliardario non intacca affatto le sue convinzioni politiche.
Fin dal suo arrivo alla Casa Bianca [1], il Presidente Trump combatte in primo luogo contro la propria amministrazione, di cui il 98% degli alti funzionari ha votato Hillary Clinton, e in secondo luogo contro i governi alleati del suo predecessore.
Inoltre, nel corso degli ultimi quattro mesi, ha continuato la sua volontà di liberare il suo paese e il mondo conducendo una serie di azioni che i suoi avversari deformano o presentano come contraddittorie.
In occasione del vertice con gli Stati arabi e musulmani, il 21 maggio a Riad, Donald Trump ha richiamato i suoi interlocutori in generale, e l’Arabia Saudita in particolare, affinché pongano fine a ogni contatto con i Fratelli Musulmani e a tutti i collegamenti con il terrorismo islamista [2].
Consapevole del fatto che stesse così richiedendo al re Salman di privarsi del suo principale esercito, l’ha dotato di un arsenale sostitutivo che vale 110 miliardi di dollari.
Nonostante gli assalti di gentilezza del re e della sua corte, l’Arabia Saudita ha pubblicato al termine del vertice una dichiarazione, senza sottoporla agli altri partecipanti [3].
Questo documento può essere letto come l’annuncio della creazione di una “Coalizione militare islamica” che allarga la “Forza araba comune” che abbiamo visto all’opera in Yemen. Ma può anche essere utilizzata in seguito come giustificazione per un’occupazione saudita di certe regioni di Siria, Iraq e altrove una volta che siano liberate da Daesh.
Al vertice della NATO, il 25 maggio a Bruxelles, Donald Trump ha costretto i suoi alleati a raccogliersi davanti sia a un detrito del muro di Berlino sia a un altro delle Torri Gemelle. Nel richiamarli al fatto che avevano accettato – in nome dell’articolo 5 del Trattato – il principio della lotta contro il terrorismo dopo gli attacchi dell’11 settembre, li ha costretti a riorientare gli obiettivi dell’Alleanza [4].
Essa conserverà certamente la sua funzione anti-russa, ma è ormai impegnata nell’eradicazione dei jihadisti che ha coordinato fin qui dalla sua base di Izmir (Turchia). Inoltre, li obbliga a condividere le informazioni sulle organizzazioni terroristiche presso una cellula di coordinamento dell’Intelligence.
Al vertice del G7 il 26 maggio a Taormina, Donald Trump ha strappato ai suoi alleati una dichiarazione “contro il terrorismo e l’estremismo violento” [5].
In realtà, i suoi partner hanno preso impegni solo per evitare che il terrorismo debordi verso l’Occidente dalle zone in cui lo organizzano, finanziano e inquadrano. In ogni caso, il G7 ha avviato un processo mirante a prosciugare non solo il finanziamento del terrorismo, ma anche quello dell’estremismo violento, vale a dire i Fratelli Musulmani, la matrice del terrorismo.
Questa dichiarazione è stata possibile solo nel contesto dell’attacco perpetrato a Manchester il 22 maggio da parte del figlio di un doppio agente dell’MI6, ex membro tanto dei servizi di sicurezza di Muammar Gheddafi quanto di al-Qa’ida [6].
Ma è evidente che i britannici non intendono ancora privarsi dei Fratelli Musulmani.
Sembra per contro possibile che la Francia e la Germania comincino a fare le pulizie nei loro servizi. Ci vorrà loro del tempo. Donald Trump non vi è ancora riuscito all’interno della propria amministrazione. Così, il 20 maggio a Gedda, il Pentagono faceva fornire armi ai jihadisti, in virtù di un contratto firmato negli ultimi giorni della transizione presidenziale. [7] Queste nuove armi includono lanciarazzi multipli e blindati bulgari OT-64 SKOT.
Thierry Meyssan
Fonte: Al-Watan (Siria)
NOTE
[2] “Donald Trump’s Speech to the Arab Islamic American Summit”, by Donald Trump, Voltaire Network, 21 May 2017.
[4] “Remarks by Donald Trump at NATO Unveiling of the Article 5 and Berlin Wall Memorials”, by Donald Trump, Voltaire Network, 25 May 2017.
[5] “G7 Taormina Statement on the Fight Against Terrorism and Violent Extremism”, Voltaire Network, 26 May 2017.
[6] «Manchester, l’MI6, Al-Qaeda, Daesh e gli Abedi», Rete Voltaire, 25 maggio 2017, traduz. Rachele Marmetti, Il Cronista.
[7] «Le Pentagone poursuit les contrats d’armement des jihadistes de l’ère Obama», Réseau Voltaire, 28 mai 2017.
Traduzione a cura di Matzu Yagi.