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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°274
di Thierry Meyssan.
Dagli annunci e smentite dell’amministrazione Trump sugli sviluppi militari nel Nord della Siria traspare un pesante segreto. Paradossalmente, la Turchia viene in aiuto degli Stati Uniti per correggere “l’errore” di loro ufficiali superiori.
DAMASCO (Siria) – La smentita del segretario di Stato Rex Tillerson, il 17 gennaio, delle affermazioni del 23 dicembre del comandante in capo del CentCom, generale Joseph Votel, e di quelle del 13 gennaio del portavoce della Coalizione anti-Daesh, colonnello Thomas Veale, ha generato confusione.
La dichiarazione di Tillerson non ha soddisfatto la Turchia che, dopo aver avvisato il 10 gennaio l’incaricato d’Affari americano in Turchia, Philip Kosnett, ha iniziato il 13 gennaio la preparazione di un’operazione militare ad Afrin e Manbij, e il 20 gennaio l’ha concretamente lanciata.
Contrariamente alle dichiarazioni degli uni e degli altri, la volontà USA non è creare uno Stato sovrano e indipendente nel Nord della Siria — questo è un progetto francese —, bensì uno Stato non riconosciuto, come il Puntland somalo o il Kurdistan iracheno. Quest’ultimo è assolutamente indipendente e, a dispetto della Costituzione irachena, non risponde agli ordini dell’Iraq, sebbene in linea di principio ne faccia parte. Peraltro, il Kurdistan iracheno dispone di proprie ambasciate all’estero.
Ufficialmente, la Forza di Sicurezza delle Frontiere (Syrian Border Security Force) doveva essere composta di 30.000 uomini, di cui metà provenienti dalle Forze Democratiche Siriane (Democratic Syrian Forces). Per tre settimane questi combattenti dovevano essere addestrati alle tecniche d’interrogatorio e allo scanning biometrico. 230 soldati sono già stati formati.
In pratica, l’altra meta doveva essere composta di 15.000 ex jihadisti di Daesh, che avrebbero così potuto essere riciclati con discrezione.
In realtà, il rappresentante speciale del presidente Trump presso la Coalizione Internazionale, Brett McGurk, è il giurista che nel 2006 partecipò, a fianco di John Negroponte e del colonnello James Stelle, alla creazione dell’Emirato Islamico in Iraq. McGurk fu incaricato, insieme al colonnello James Coffman, di rendere edotto dell’operazione segreta il presidente George Bush. L’obiettivo era combattere la Resistenza irachena all’occupante americano, frazionandola in sunniti e sciiti e così provocare artificiosamente una guerra civile.
Dopo un passaggio ad Harvard, Brett McGurk fu riassegnato al Dipartimento di Stato, a fianco di John Kerry. Prese parte alla trasformazione in Daesh dell’Emirato Islamico in Iraq e fu uno degli organizzatori della riunione preparatoria dell’invasione jihadista dell’Iraq del 27 maggio 2014, ad Amman. Riorganizzò l’Iraq, poi formò la Coalizione Internazionale incaricata di lottare… contro Daesh.
Da buon discepolo, McGurk ha accettato di servire il presidente Trump per mettere fine all’organizzazione jihadista da lui stesso creata e di cui oggi tenta di riciclare alcuni combattenti.
- Il 18 agosto scorso, Brett McGurk s’intratteneva amichevolmente con dirigenti di Daesh. In via ufficiale, gli Stati Uniti si preparavano ad annientare l’organizzazione jihadista.
Il progetto della Forza di Sicurezza delle Frontiere la dice lunga sulla sincerità dei miliziani dello YPG, che professano l’anarchismo edulcorato di Murray Boochkin e tuttavia possono, senza patemi d’animo, formare un’unica unità con gli assassini di Daesh, al comando degli Stati Uniti.
Contrariamente all’apparenza, l’attacco turco ad Afrin e, a breve, a Mambij, è stato approvato il 18 e il 19 gennaio dallo stato-maggiore russo, avvisato dal numero due del regime e capo dei servizi segreti, il direttore del MIT (Milli İstihbarat Teşkilatı), Hakan Fidan, recatosi appositamente a Mosca. Del resto, l’attacco è stato agevolato dal ritiro immediato delle truppe russe dalla zona di combattimento.
La Turchia ha avvisato, per iscritto, dell’attacco anche la Siria, benché Damasco affermi di non aver ricevuto la lettera.
Il presidente el-Assad, che non può sfidare gli Stati Uniti per fermare il riciclaggio degli jihadisti, ha lasciato che se ne occupi la Turchia, membro della NATO.
Il presidente Trump non era stato informato del piano Votel-McGurk. Il segretario della Difesa, James Mattis ha confermato ai propri uomini le disposizioni della Casa Bianca contro gli jihadisti. Ciononostante, Votel e McGurk sono ancora al loro posto.
Traduzione a cura di Rachele Marmetti (Il Cronista)
Fonte: Al-Watan (Siria)
Tratto da: http://www.voltairenet.org/article199443.html.