«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°276
di Thierry Meyssan. Benché il Congresso per il Dialogo Nazionale Siriano non abbia risolto il conflitto, ha comunque liberato il campo dai gruppuscoli che pretendevano rappresentare i siriani per conto degli Occidentali. E ha anche fatto emergere un consenso che coinvolge i rappresentanti della quasi totalità dei siriani e sancito l’istituzione di una Commissione Costituente. Le basi per la pace sono state poste, ma senza gli Occidentali.
DAMASCO (Siria) – Per la prima volta dall’inizio del conflitto, nel 2011, a Sochi si è tenuta una conferenza cui hanno partecipato 1.500 delegati siriani di tutte le origini, confessioni e di quasi tutte le opinioni politiche: il Congresso per il Dialogo Nazionale Siriano.
Il Congresso, voluto dal presidente russo, Vladimir Putin, si è svolto con l’alto patrocinio di Iran, Russia e Turchia[1]. L’iniziativa è stata denigrata, se non addirittura respinta, dalle altre potenze coinvolte nella guerra. Una conferenza inter-siriana le escludeva, di fatto, dal processo di pace.
Il Congresso è rappresentativo delle minoranze?
I fautori della guerra hanno esercitato molte pressioni affinché il Congresso non fosse rappresentativo del popolo siriano. Nella mentalità degli stranieri, russi inclusi, in Siria ci sono minoranze che aspirano all’autonomia. Per esempio, i curdi e i drusi. Ebbene, tale punto di vista non tiene conto di cosa rappresenta, da diverse migliaia di anni, il progetto siriano.
Questo territorio asiatico, che si estende a ovest dell’Eufrate fino al Sinai, è abitato da una moltitudine di minoranze, certo da curdi e drusi, ma anche da turkmeni, ceceni, georgiani, beduini, armeni e altri. Queste minoranze etniche sono a loro volta composte di minoranze religiose di antiche confessioni, come gli alauiti (in seguito cristianizzati e poi islamizzati), di cristiani di tutte le fedi, di mussulmani sunniti e sciiti. Questo territorio è circondato da cinque mari e, per questa ragione, è passaggio obbligato sia per i commercianti sia per gli invasori. Lungo tutta la loro storia queste popolazioni hanno aderito a un progetto comune: la Siria. Hanno imparato che avevano bisogno gli uni degli altri per resistere a conquistatori d’ogni risma. Si sono mescolati ovunque, al punto che all’inizio del XX secolo nessuna minoranza s’identificava più in una particolare regione. Ci sono volute la colonizzazione britannica e quella francese per tentare di trasformare la Palestina in Stato ebreo, il Libano in Stato cristiano, la Giordania in Stato mussulmano. Di questo vasto territorio, unicamente l’attuale Repubblica Araba Siriana conservava, ancora dieci anni fa, questo radicato carattere misto.
Preparando il Congresso di Sochi, ai diplomatici russi è venuto inizialmente spontaneo pensare che, per ristabilire la pace, basterebbe fare della Siria uno Stato federale, basato sulle minoranze che la popolano. Dapprima, questa conferenza si sarebbe dovuta chiamare “Congresso dei Popoli di Siria”. Ragionando tra loro, i diplomatici si sono resi conto che la storia della Siria è diversa da quella della Russia e che, per il suo spiccato carattere misto, è geograficamente impossibile federare questo Paese. Al contrario, gli israeliani hanno invece continuato a perseguire l’idea di separare i curdi dagli arabi, i francesi quella di distinguere i cristiani dai mussulmani, ecc., collocandosi in tal modo in continuità con gli accordi coloniali Sykes-Picot-Sazonov.
Su istigazione degli Occidentali, i curdi del PYD hanno boicottato il Congresso. Ma, contrariamente a un pregiudizio diffuso in Occidente, il PYD è il solo partito esclusivamente curdo, però minoritario tra i curdi di Siria. Nella cultura nazionale, ogni partito etnico è illegittimo e il PYD è un’eccezione.
Comunque sia, al Congresso hanno partecipato sia eletti a suffragio universale, sia leader di associazioni, sia personalità riconosciute. Gli inviti erano stati ad ampio raggio, in modo da non dimenticare alcuno.
Il Congresso è rappresentativo delle diverse opinioni politiche?
Ogni potenza implicata nella guerra sponsorizza i siriani che rappresentano i loro interessi. All’inizio, Turchia e Arabia Saudita organizzarono e finanziarono il Consiglio Nazionale Siriano a Istanbul. In seguito, con l’entrata in gioco del Qatar fu la volta della Coalizione Nazionale delle Forze dell’Opposizione e della Rivoluzione. Man mano sono poi comparsi numerosi gruppi, ognuno strumentalizzato da un attore straniero.
Uno di questi gruppi si è rifiutato anticipatamente di partecipare al Congresso di Sochi: l’Alto Comitato per i Negoziati che, contrariamente a quanto il nome suggerisce, rifiuta ogni negoziazione. È basato a Riad e rappresenta gli interessi sauditi (che, secondo la popolazione siriana, dovrebbero coincidere con quelli delle tribù beduine del deserto siriano-iracheno-saudita). Benché i suoi esponenti professino, di fronte alle telecamere, intenzioni democratiche, in realtà questo gruppo promuove i valori del deserto – tribalismo, religione unica e rifiuto della Storia.
L’assenza al Congresso dell’Alto Comitato per le Negoziazioni ha chiarito che è impossibile estendere all’insieme della Siria i valori della minoranza beduina. Tuttavia, così come in passato si è avuta un’alleanza tra Regno Saudita e Repubblica Araba Siriana, la coesistenza non è impossibile. È del resto la ragione per cui il baatista Riad Hijab, dopo essere stato abbindolato dai servizi segreti francesi, accettò di presiedere l’Alto Comitato. Hijab era stato governatore, ministro, poi presidente del consiglio dei ministri (e non primo ministro come dicono i media occidentali, ignari del sistema presidenziale siriano). Originario della stessa tribù del re d’Arabia, aveva già sperimentato questa soluzione prima della guerra e ne era stato pienamente soddisfatto.
Un secondo gruppo, benché abbia fisicamente boicottato il Congresso – dichiarandolo però solo dopo l’arrivo a Sochi – si è fatto tuttavia rappresentare. Composto soprattutto da alcuni Fratelli Mussulmani e da turkmeni, è sponsorizzato dalla Turchia. Ankara, che esitava a esibirlo, l’ha incoraggiato a denunciare la parzialità degli organizzatori – di cui la Turchia faceva parte – sicché non ha partecipato al Congresso, conferendo però ai diplomatici turchi il potere di rappresentarlo.
Il pretesto per il boicottaggio è stato il logo del Congresso, che includeva la bandiera della Repubblica Araba Siriana ma non la loro (quella della colonizzazione francese, rimasta in uso agli inizi dell’indipendenza). Così facendo, si sono infilati in una via senza uscita: equiparando la bandiera siriana al partito Baas e promuovendo quella della colonizzazione hanno mostrato disprezzo per gli eroi dell’indipendenza e dichiarato di aderire all’occupazione straniera. Fatto però non molto rilevante, visto che il gruppo si è affidato alla potenza che lo paga, la Turchia, e i suoi esponenti sono ripartiti per Istanbul senza nemmeno uscire dall’aeroporto.
I rappresentanti di quasi tutte le fazioni siriane, con l’eccezione dell’Alto Comitato per i Negoziati (pro-saudita) e del PYD (pro-francese) hanno adottato la Dichiarazione conclusiva e la Commissione Costituente.
Il Congresso ha preso atto degli accordi inter-siriani?
Certamente No, eppure Sì. La Dichiarazione conclusiva in dodici punti non contiene nulla di nuovo, è stata però firmata da tutte le fazioni siriane, a eccezione degli assenti, PYD e Alto Comitato per i Negoziati [2]. Alcuni delegati dell’opposizione esterna hanno rumorosamente contestato il ministro russo degli Esteri, Sergey Lavrov, mentre teneva la relazione introduttiva. Tuttavia, dopo essersi esibiti in atteggiamento infantile davanti alle telecamere occidentali, hanno comunque adottato la Dichiarazione.
Anche mettendo in conto un’ampia rappresentanza dei due gruppi assenti, il Congresso rispecchiava almeno il 90% dei siriani, il che ribalta completamente l’equazione diplomatica. Benché abbiano schernito l’iniziativa, Stati Uniti, Regno Unito e Francia non possono ignorare il consenso ch’essa ha ottenuto.
Sono ormai sei anni che le fazioni siriane discutono invano a Ginevra, Vienna, Astana e Sochi. Il fallimento di questi negoziati nasce esclusivamente dall’esistenza di un piano nascosto, sostenuto prima dall’amministrazione Obama, poi dalle Nazioni Unite: la capitolazione totale e incondizionata della Repubblica Araba Siriana e l’insediamento al potere dei Fratelli Mussulmani con la protezione della NATO[3].
I principali punti del Piano Feltman
Abolizione della sovranità del Popolo siriano; Abrogazione della Costituzione; Destituzione del presidente (un vicepresidente avrà l’incarico di svolgere le funzioni protocollari); Scioglimento dell’Assemblea del Popolo; Incriminazione di almeno 120 dirigenti e loro interdizione da ogni funzione politica (probabilmente si tratta della lista delle persone sanzionate dall’Unione Europea); Decapitazione o scioglimento della Direzione dell’Intelligence militare, della Direzione per la Sicurezza Politica e della Direzione della Sicurezza generale; Liberazione dei “prigionieri politici” e abrogazione dei tribunali antiterrorismo; Ritiro di Hezbollah e dei Guardiani della Rivoluzione. Dopo, e soltanto dopo, la comunità internazionale lotterà contro il terrorismo.
Nel giro di due o tre settimane un “organismo di transizione governativa” sarà costituito e sarà titolare di ogni potere politico, esecutivo, legislativo e giudiziario. Sarà formato: Per 2/5 da rappresentanti della Repubblica Araba Siriana, inclusi i membri dell’opposizione lealista; Per 2/5 da rappresentanti dell’opposizione non lealista; Per 1/5 da personalità della società civile selezionate da un rappresentante del segretario generale dell’ONU.
Il Congresso di Sochi non ha adottato alcun punto del piano Feltman.
Inoltre, il Congresso ha deciso d’istituire una commissione costituente composta di 150 delegati, designati per un terzo rispettivamente da Ankara, Mosca e Teheran.
Il rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU, Staffan de Mistura, mentre riconosce la Dichiarazione conclusiva e la Commissione costituente acclamato dai delegati, in rappresentanza della quasi totalità dei siriani.
Il Congresso avrà un peso nei negoziati di Ginevra?
Nel tentativo di sabotare il processo di pace, il 23 gennaio la Francia aveva organizzato a Parigi una conferenza contro il presidente Bashar-al-Assad. Si trattava di metterlo sotto accusa e impedirgli di candidarsi alle elezioni, basandosi sui rapporti della Missione ONU sull’impiego di armi chimiche. L’iniziativa francese può essere così sintetizzata: democrazia sì, ma senza al-Assad [4]. Ricordiamo che la Missione ONU si era rifiutata di verificare in loco gli elementi raccolti e che il Consiglio di Sicurezza aveva respinto i suoi rapporti [5].
Rileviamo che la Turchia non si è accontentata di rappresentare una delegazione rispedendola a Istanbul. Adepta della doppiezza nel linguaggio e del ribaltamento in extremis della propria posizione, Ankara ha partecipato sia alla conferenza di Parigi sia all’organizzazione del Congresso di Sochi.
Affinché il consenso di Sochi possa avere un impatto concreto, è necessario sia avallato dall’ONU. Di qui le manovre per tenere l’Organizzazione lontana dal processo.
Ebbene, contrariamente a ogni previsione, il rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU, Staffan de Mistura, è andato a Sochi. Ha riconosciuto la legittimità del Congresso e ha impartito la benedizione dell’Organizzazione alla Commissione costituente. Se de Mistura non cambia idea, potrebbe trattarsi di un passo decisivo per la realizzazione del piano al-Assad del 12 dicembre 2012, adottato dalla comunità internazionale con la risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza. Di conseguenza, sarebbe anche una pesante sconfitta per il numero due dell’ONU, Jeffrey Feltman, che da sei anni (addirittura da 13 anni, per certi aspetti) lavora sottobanco per costringere la Repubblica Araba Siriana a una capitolazione incondizionata.
Quali le conseguenze diplomatiche del Congresso di Sochi?
Le potenze che, nella tema che il successo del Congresso comporti il riconoscimento del ruolo centrale della Russia e dei suoi alleati turchi e iraniani, hanno minimizzato l’iniziativa di Sochi hanno perso. Nessuno finora era stato capace di riunire tante personalità in rappresentanza del popolo siriano. E nemmeno era riuscito a fare adottare un documento comune a gruppi interni ed esteri. Ebbene sì, la Russia e i suoi alleati sono ormai il perno del meccanismo da cui Stati Uniti, Regno Unito e Francia si sono esclusi da soli.
Arabia Saudita e Francia sono i grandi perdenti dell’operazione. L’Alto Comitato per i Negoziati, che a Ginevra rappresentava da solo l’opposizione siriana, deve ormai misurarsi con il consenso della quasi totalità dei siriani. Il PYD, che la Francia era riuscita a far passare come rappresentativo dei curdi di Siria, si è rivelato essere soltanto una formazione fra molte, senz’altra rappresentatività che le armi offerte dal Pentagono.
Traduzione a cura di Rachele Marmetti (Il Cronista )
[3] “La Germania e l’ONU contro la Siria”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist(Italia) , Al-Watan (Siria) , Rete Voltaire, 28 gennaio 2016.