di Margherita Furlan
La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha recentemente approvato una straordinaria decisione politica ed economica. Si tratta del più gigantesco finanziamento di uno stato estero, letteralmente a fondo perduto, che gli Stati Uniti abbiano mai elargito in tutta la loro storia, un “prestito” di 33 miliardi di dollari ad Israele che si aggiunge ai 5 miliardi di dollari già approvati. 7.230 dollari al minuto che senza alcun ostacolo transiteranno da Washington a Tel Aviv, con buona pace del contribuente americano.
Il nuovo disegno di legge regala a Israele un minimo di 3,8 miliardi di dollari all’anno fino al 2028, con un drammatico allontanamento dal già fantastico memorandum d’intesa (cosiddetto MOU) siglato da Obama nel 2016. Quest’ultimo, nonostante per la prima volta comprendesse aiuti economici a Israele destinati alla difesa missilistica, tuttavia consentiva al Presidente in carica di porre limitazioni all’ammontare del finanziamento annuo. Ora, senza un limite prestabilito e con le incessanti pressioni da parte di Israele e dei suoi sponsors nelle segrete stanze degli Stati Uniti, l’ammontare del “prestito” a favore d’Israele potrebbe, senza colpo ferire, raddoppiare da qui ai prossimi 10 anni.
Il piano, denominato “United States – Israel Security Assistance Authorization Act”, ha ottenuto uno straordinario consenso bipartisan. Sponsorizzato dall’AIPAC (The American Israel Public Affairs Committee), al Senato è stato presentato da Marco Rubio ed è espressione di 72 co-firmatari (il Senato americano è costituito da 100 membri). Alla Camera (composta da 435 parlamentari) la campagna è stata presentata dal repubblicano della Carolina del Sud Lindsey Graham con queste parole: “Alla luce della pericolosa espansione delle sfide che la difesa israeliana si trova drammaticamente ad affrontare ogni giorno, siamo pronti a sostenere aiuti a lungo termine nei confronti di un Paese che ha la necessità di difendersi e di preservare il più alto standard qualitativo nel settore degli armamenti.” Graham è affiancato da 300 co-firmatari, che evidentemente sposano la teoria d’Israele che definisce il JCPOA (accordo sul nucleare iraniano) “la resa dell’Occidente all’asse del male guidato dall’Iran”. Dati i numeri, è dunque palese che Israele detiene nelle proprie mani il Congresso degli Stati Uniti d’America.
Eppure è Israele a possedere la Bomba, non l’Iran. Sono oltre cinquant’anni che Israele produce armi nucleari nell’impianto di Dimona, costruito con l’aiuto soprattutto di Francia e Stati Uniti. Esso non viene sottoposto a ispezioni poiché Israele, l’unica potenza nucleare in Medioriente, non aderisce al Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari (NPT), che invece l’Iran ha sottoscritto cinquant’anni fa.
Lo “United States – Israel Security Assistance Authorization Act” prevede la rimozione di ogni limite ai finanziamenti destinati all’acquisizione e al dispiegamento di armi e di missili teleguidati nel territorio d’Israele. Il MOU, per contro, stabiliva un tetto massimo di 200 milioni di dollari. Il Congresso inoltre autorizza Israele a esportare le armi che riceve dagli Stati Uniti senza nemmeno il consenso del Presidente. Ma non è finita qui. L’eccezionalità del disegno di legge è tale da consentire a Israele – unico Paese al mondo – di non spendere gli aiuti economici ricevuti in merci di produzione americana. Il provvedimento dunque antepone gli interessi nazionali d’Israele a quelli statunitensi.
Il piano inoltre ordina alla NASA di stringere collaborazioni sempre più strette con l’Agenzia spaziale israeliana e all’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) di cooperare con Israele in “una vasta gamma di settori, tra cui energia, agricoltura e sicurezza alimentare, diritti civili, crescita economica e commercio, istruzione, ambiente, salute globale, acqua e servizi igienico-sanitari “.
Il disegno di legge ora tornerà al Senato per l’approvazione e quindi passerà al Presidente Donald Trump per essere firmato. Intanto, si fa strada al Congresso un secondo disegno di legge, non ancora votato. Concerne l’istituzione di un “ufficio speciale” per il monitoraggio e l’azione repressiva contro l’antisemitismo, intendendosi con questo un servizio di vigilanza e repressione attiva nei confronti di ogni critica nei confronti dello Stato d’Israele. L’”inviato speciale” avrà lo stato di ambasciatore. Non è indicata la spesa prevista. Si ha l’impressione dunque che il contribuente americano non sia al corrente di queste decisioni senza precedenti che, di fatto, metteranno gli Stati Uniti al servizio di Israele.
Molti in Israele hanno a lungo criticato il primo ministro Benjamin Netanyahu per gli aggressivi tentativi (anche contro Barack Obama) di bloccare l’accordo con l’Iran. Si temeva una riduzione degli aiuti da parte di Washington. Oggi le parole pronunciate a suo tempo da un portavoce del governo israeliano risuonano come un inno di vittoria: “L’accordo fondamentale è stato raggiunto, nonostante i tagli del bilancio USA. Siamo riusciti a blindare l’inquilino della Casa Bianca per i prossimi dieci anni.”
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Dibattito parlamentare, testi approvati e co-firmatari:
https://www.congress.gov/bill/115th-congress/house-bill/1911
https://www.congress.gov/bill/115th-congress/house-bill/1911/text
https://www.congress.gov/bill/115th-congress/house-bill/1911/cosponsors
https://www.congress.gov/bill/115th-congress/senate-bill/2497
https://www.congress.gov/bill/115th-congress/senate-bill/2497/text
https://www.congress.gov/bill/115th-congress/senate-bill/2497/cosponsors