«Spetta a chi ha legato il sonaglio al collo
della tigre il compito di toglierlo»
Xi Jinping a Biden durante il colloquio del 18-3- 2022
di Giuseppe Masala – l’AntiDiplomatico.
Le due guerre mondiali sono state definite da molti storici come il “suicidio dell’Europa” perché a causa delle immani distruzioni e perdite umane i paesi del Vecchio Continente furono costretti a cedere prima i loro imperi coloniali e poi il loro predominio tecnologico e la loro autonomia strategica, militare, diplomatica ed economico-finanziaria a vantaggio degli Stati Uniti d’America. Così allo stesso modo l’attuale situazione di crisi internazionale rischia di essere, da un lato, l’ultimo chiodo nella bara dell’Europa ormai destinata a diventare un’area del mondo povera e marginale e dall’altro lato l’evento che segnerà il tramonto definitivo dell’Impero americano che negli ultimi 40 anni almeno ha dominato il mondo indirizzandone gli eventi a proprio piacimento.
Queste impegnative affermazioni possono essere espresse senza troppi giri di parole perché i fatti, dopo due anni di conflitto tra Russia e Occidente in territorio ucraino e a dieci anni dall’inizio conclamato della crisi geopolitica globale, portano inevitabilmente a queste conclusioni. Per quanto riguarda l’Europa alla perdita di autonomia diplomatica, economica, tecnologica e militare verificatasi a causa delle due guerre mondiali ormai va aggiunta la perdita dell’accesso alle fonti energetiche a basso costo che sono state garantite dalla Russia per decenni. Perdita questa che significherà automaticamente deindustrializzazione, delocalizzazione delle aziende energivore verso paesi dove il costo dell’energia è più basso e, in definitiva, significherà aumento della disoccupazione e impoverimento della popolazione. Peraltro questa situazione rischia di diventare irreversibile; basti pensare che secondo il Financial Times (1) la UE starebbe per varare un provvedimento suicida che consentirebbe agli stati europei di rompere i contratti di importazione di gas russo, sia esso trasportato via gasdotto sia esso GNL trasportato attraverso navi gassiere (pensiamo che la Spagna ha aumentato l’acquisto di gas GNL dalla Russia di ben il 600% dall’inizio del conflitto in Ucraina). Una iniziativa questa – sottolinea il giornale britannico – che consentirà alle società energetiche europee di rompere i contratti con Mosca senza dover pagare alcun risarcimento. Una mossa folle questa della UE che inevitabilmente spingerà Mosca a tagliare definitivamente l’export verso i paesi europei, ai quali rimarrà solo il costosissimo gas di scisto americano e (forse) quello altrettanto costoso del Medio Oriente, con il conseguente peggioramento del gap di competitività europeo sui mercati mondiali rispetto ai paesi concorrenti.
Ma allo stesso tempo questo conflitto che ormai, in maniera più o meno strisciante, va avanti da oltre dieci anni, rischia di danneggiare in maniera gravissima l’Impero americano che negli ultimi quaranta anni ha avuto l’egemonia sul mondo intero. E’ certamente vero che a far deflagrare la crisi ucraina con l’intento di rompere il cordone ombelicale tra Russia ed Europa – e elevare una nuova Cortina di Ferro tra l’Est e l’Ovest del Vecchio Continente – è stata Washington, ma questa mossa sta avendo anche un effetto imprevisto: la saldatura tra Russia e Cina.
La Russia, a causa delle sanzioni occidentali, è stata costretta a volgere lo sguardo verso Est e verso Sud; ha rinsaldato i rapporti commerciali con l’India, ha stretto rapporti economici e militari fortissimi con l’Iran, ha trovato nell’Arabia Saudita un socio all’interno dell’OPEC+ e, soprattutto, ha trovato nella Cina un alleato globale in grado di dare un supporto economico e finanziario tale da consentire a Mosca di tener testa all’intero Occidente. Già così si potrebbe parlare di capolavoro di Sergej Lavrov e della diplomazia russa che si è dimostrata, in questi tempi di conflitto, all’altezza della sua storica fama e pari ad un’intera armata dell’esercito. Ma non sembra ancora finita, infatti le ultime mosse russe e cinesi sembrano suggerire un ulteriore avvicinamento tra le due potenze fino a poter parlare – a mio modo di vedere – di Asse Mosca-Pechino se non direttamente di una Confederazione di Cissia, dove Cissia è la sincrasi composta dalla “Ci-” di Cina e la “-ssia” di Russia.
A consentirmi di fare una affermazione così impegnativa non è solo l’aumento spropositato dell’interscambio commerciale tra i due paesi che è ampiamente profittevole per entrambe le parti visto che consente alla Cina di avere con massima sicurezza energia e cibo per la sua sterminata popolazione e che consente alla Russia di avere un mercato di sbocco certo alle sue materie prime nonostante le sanzioni occidentali. Non è neanche l’evidente asse tra i due paesi euroasiatici nei vari organismi e consessi internazionali come per esempio l’ONU, il G20 o il BRICS che può consentire di fare affermazioni così importanti: per capire, bisogna cogliere i segni in notizie magari poco considerate dallo sciatto mainstream occidentale ma che lette avendo la capacità di collegarle danno il segno inequivocabile di una alleanza di ferro se non di un disegno che sancisce ormai un “comune destino” per i due paesi.
Il primo segno della saldatura di un asse Mosca-Pechino (e forse della nascita della informale Cissia) è la notizia della apertura alla Cina del porto di Vladivostok, nell’estremo oriente russo. Una notizia di importanza enorme perché consentirà lo sviluppo della Manciuria, regione cinese che sconta costi di trasporto alti che ne hanno rallentato enormemente lo sviluppo rispetto al resto del paese.
Ora questo gap potrà essere colmato proprio grazie alla concessione russa, che peraltro sana rivendicazioni e recriminazioni cinesi, visto che Vladivostok (allora Haishenwai) fu ceduta all’Impero Russo dalla Cina della dinastia Qing con il trattato di Pechino del 1860. Decisione quest che tolse lo sbocco al mare ad intere regioni cinesi come Heilongjiang e Jilin tarpandone le ali dello sviluppo. Ora la storica area cinese della Manciuria riavrà – di fatto – il suo sbocco al Mar di Giappone; una decisione rischiosa per la Russia, perché potrebbe aprire la strada a decine di milioni di cinesi della Manciuria verso un’area disabitata e una città – Vladivostok – di appena 600 mila residenti.
La natura ha una legge inesorabile; il vuoto sarà sempre riempito e conseguentemente i cinesi potrebbero riappropriarsi in maniera soft – grazie alla demografia – di un territorio storicamente loro. Regola che i russi conoscono bene, ma evidentemente si sentono di non aver nulla da temere. Se non è questo il segno di un’alleanza a tutto campo, di un asse infrangibile e forse della nascita di una informale Confederazione di Cissia, non si capisce come possa essere interpretato diversamente.
Nella seconda parte di questo pezzo parleremo degli altri due punti fondamentali che indicano che sta nascendo qualcosa di più stabile e più forte di una semplice convergenza diplomatica legata a fattori storici contingenti come la necessità di contrastare l’aggressività occidentale nei confronti di entrambi i paesi. Possiamo dedurre questo anche dalle clamorose dichiarazioni rilasciate da Vladimir Putin durante il Forum “Russia Calling!” e non riportate da alcun organo di stampa occidentale. Parleremo inoltre dall’incessante lavorio a livello scientifico e diplomatico per far nascere nuovi progetti in collaborazione tra i due colossi euroasiatici. Uno di questi progetti – che secondo indiscrezioni verrà approvato dall’Assemblea del Popolo cinese nella sessione di Marzo – vedrebbe, a mio modo di vedere, la nascita ufficiale della fantomatica Cissia…
(Segue)
(1) Financial Times, EU to give member states power to block Russian gas imports, 8 Dicembre 2023.
Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-verso_la_confederazione_di_cissia/29296_51992/.