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Lo sguardo si posa sul titolo di un articolo su un incidente stradale: «A nove anni muore trafitto da un ramo». Viene da approfondire, capire il tragico contesto in cui perde la vita il bambino.
La cronaca della morte di un bimbo è già terribilmente drammatica, ma quando si arriva a questa frase: “Sebastian viaggiava nel sedile posteriore, non aveva le cinture di sicurezza (come fanno tutti)”, non si può non provare un urto di rabbia e disgusto, il senso di qualcosa di acido che sale dallo stomaco.
Vorrei chiedere al cronista: chi sono questi “tutti”? I miei figli, quattro e sette anni, non hanno mai viaggiato in auto se non nel loro seggiolino, mai in braccio a un adulto nel sedile del passeggero, mai in braccio a un adulto sui sedili posteriori, mai su una vettura che non fosse dotata di seggiolini, MAI.
Come loro, tanti altri bambini figli di genitori che ritengono che questa minima precauzione sia dovuta ai propri figli, e che non pensano che sia sufficiente attaccare l”adesivo con la scritta “Chiara/Lorenzo a bordo”, aspettandosi che alla loro sicurezza ci pensino gli altri.
Difendono se stessi e i congiunti più deboli, ma i comportamenti hanno un valore generale. Un certo tipo di responsabilità è da considerare un bene collettivo.
Quel “come fanno tutti” porta alla fatalità inevitabile, mentre altra cosa sarebbe stato dire “come fanno tanti, purtroppo”.
In Italia i minori di 14 anni feriti in incidenti sono circa 11mila all”anno e di questi circa 130-150 muoiono come conseguenza dell”incidente.
Le statistiche registrano che in gran parte dei casi i bambini deceduti in seguito agli incidenti non erano stati assicurati con i sistemi di ritenuta.
Qual è il rischio di morte in questo caso? La stima è di 7 volte più che per un bimbo legato rispettando le norme vigenti.
Ecco, il cronista che fa un commento ha la possibilità di inserirlo nel contesto giusto, non nel quadro rassegnato dei luoghi comuni di un paese senza regole.
Mi permetto – sommessamente – di segnalare a chi informa: che non informa abbastanza, che non ricorda che c”è nel nostro Codice della Strada l”articolo 172 (“Uso delle cinture di sicurezza e sistemi di ritenuta per bambini”), e che la violazione comporta rischi ben più gravi di una sanzione pecuniaria e cinque punti sulla patente.
Non so se l”uso della cintura avrebbe potuto salvare il piccolo Sebastian, questo è, tuttavia, probabile. Ho invece la certezza che sia inaccettabile e vergognoso che si possa con tanta leggerezza, sulla stampa, avallare la violazione di una norma posta a tutela della sicurezza con il pretesto che “lo fanno tutti”; cosa, peraltro, falsa. Per fortuna siamo in molti, certo non abbastanza, e anche se fossi io da sola, non saremmo “tutti”.
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