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Messaggi anonimi partiti dalla redazione di un giornale: è questa la pesante accusa lanciata dal movimento No-Tav al quotidiano La Stampa, collegata agli sviluppi di un incidente avvenuto nelle manifestazioni del 24 luglio scorso. Il protagonista della vicenda è Alessandro L., un attivista No-Tav che in quella data viene ricoverato denunciando di aver ricevuto in pieno viso un lacrimogeno lanciato ad altezza d”uomo. Il racconto di Alessandro è pienamente compatibile con i danni subiti e con l”entità dell”impatto, capace di sfondare la maschera di protezione dai lacrimogeni e di provocare «plurime fratture di entrambi i seni mascellari, frattura del palato duro, del setto nasale, delle ossa nasali» riportate nei referti medici.
Ma qualcuno sostiene che sia stata una semplice caduta ad aver fatto questi danni, e il 26 luglio Alessandro riceve un messaggio di posta elettronica da un certo «Alessio, l”amico di Vale», un sedicente No-Tav secondo il quale «alcuni dicono che correvi e ti hanno visto cadere, battere la testa a terra e che non sei stato colpito… non che cambi qualcosa, ci stavano gasando come topi…».Â
Il messaggio in questione, a firma 1alexis@libero.it, parte da un computer con indirizzo IP 178.23.248.84, che con una facile verifica è risultato appartenere alla rete interna della “Editrice La Stampa S.p.A”.
Alessandro risponde senza mezzi termini il giorno stesso: «Puoi dire a chi dice di avermi visto correre che in realtà ero fermo e stavo filmando, e sul filmato (ora in mani sicure) si vede quando mi sparano e comunque cadendo non avrei avuto tutto quel danno».
“Alessio” riparte alla carica pochi minuti più tardi con un nuovo messaggio, inviato dallo stesso computer: «Anche se sei scivolato per colpa dell”infame lacrimogeno che ti è stato sparato per impedirti di documentare la loro violenza, anche a me è sembrato che eri caduto da solo, comunque tu sei un simbolo di questo stato che fa schifo».
In un successivo messaggio del 27 luglio si legge: «Io ho detto quello che ho visto, ti ho visto che cadevi e battevi la testa e volevi salvare l”attrezzatura e vicino avevi un lacrimogeno che fumava (…) non capisco perché dici una cosa diversa, cosa cambia?». Ma questa volta il mittente è l”indirizzo email “massimo.numa@lastampa.it“, dal quale il dialogo prosegue esattamente dove l”aveva interrotto “Alessio”. E anche questa volta il computer sorgente appartiene a La Stampa: 178.23.248.15.
“Alessio” ricompare il 29 luglio dallo stesso computer del primo invio: «Ho sentito un”altra persona notav che era con me (…) te sei caduto da solo c”hai preso una brutta botta con la testa per terra e tenevi alta la macchina e avevi vicino la cartuccia che fumava (…) io vado alla questura e il racconto vero lo faccio ai puffi blu perché saremo anche montagnin ma non siamo stupidi e non mi vanno la gente che dicono le frottole».
L”attivista Giovanni Vighetti ha ricostruito questa vicenda e il conseguente scambio di messaggi in una conferenza stampa del 16 novembre scorso convocata da vari esponenti No-Tav, durante la quale ha descritto i dettagli di un incontro avvenuto il quattro agosto nella redazione de La Stampa con il caporedattore Guido Tiberga e i giornalisti Maurizio Tropeano, Roberto Travan e lo stesso Massimo Numa, il “mittente” del messaggio datato 27 luglio.
Un incontro che i No-Tav hanno sollecitato per rivendicare una copertura mediatica più equilibrata, anche criticando la scarsa attenzione riservata al grave incidente di Alessandro. Ma nel ribattere a quelle critiche, Numa avrebbe affermato che in base ai documenti in suo possesso quell”incidente era un episodio controverso, inoltrando successivamente a Vighetti il carteggio tra “Alessio” e Alessandro a conferma delle sue dichiarazioni. Ma lui come aveva ottenuto quei messaggi? L”inquietante ipotesi sollevata nella conferenza stampa dei No-Tav è che dietro i messaggi di “Alessio” si nasconda l”intenzione di costruire a tavolino una versione “alternativa” di quell”incidente, elevando al rango di verità le affermazioni contenute in quelle email e alimentando l”ipotesi di una caduta accidentale.
Tuttavia, il diretto interessato smentisce in toto queste ricostruzioni: «Non c”è nessun giallo su quei messaggi – ci ha spiegato al telefono Massimo Numa – ma la tutela dell”identità di una fonte che voleva mettersi in contatto con il ferito per chiarire la dinamica dell”incidente, che appariva assai incerta». E così quei messaggi sarebbero partiti con gli indirizzi IP del quotidiano torinese «per evitare ogni possibilità di risalire a dati sensibili di qualsiasi tipo».
Sempre a detta di Numa, la protezione dell”anonimato di questa fonte in cerca di chiarimenti sarebbe stata necessaria perché «in Val Susa è in atto un pesante e pericoloso clima di violenza e intolleranza», segnato da «minacce alle persone che hanno il solo torto di non identificarsi con l”ala più radicale del movimento».
Al di là delle minacce vere o presunte, il caporedattore Guido Tiberga riconosce delle «anomalie» in questi scambi di email, ma respinge le accuse di manipolazioni: «Un giornale risponde solo di ciò che pubblica, e nessuno dei nostri articoli ha mai negato che quelle ferite siano state causate da un lacrimogeno».
Nel frattempo Alessandro L., in attesa di nuovi interventi chirurgici per la ricostruzione del volto, ha presentato una denuncia per diffamazione alla procura di Torino nei confronti di “Alessio” e di chiunque abbia diffuso notizie false sul suo conto utilizzando i computer de La Stampa e l”indirizzo email di Massimo Numa.
Fonte: liberazione.it 24/11/2011
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