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Giochi olimpici e meno olimpici

«Quante volte l’Occidente ha sbagliato i suoi calcoli riguardo alla Russia?» [Giulietto Chiesa]

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7 Febbraio 2014 - 10.03


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di Giulietto Chiesa

Cominciano i giochi olimpici di Soci. Ma nello spazio tra il Caucaso e il Mar Nero si giocherà una partita ben più vasta è diversa da quella delle gare. È in corso – attorno alla Russia e dentro la Russia – qualcosa di molto simile a una guerra. Non la si può chiamare Nuova Guerra Fredda, perché le cose si presentano oggi in altra forma e con altri giocatori. Ma viene da pensare alle Olimpiadi di Mosca del 1980.

Anche allora l’Occidente si divise. L’intervento sovietico in Afghanistan , iniziato nel dicembre dell’anno precedente, aveva fatto scattare le ritorsioni. Washington fu assente, insieme ad alcuni altri paesi. L’Italia ci andò, come quasi tutti gli europei, dopo molte esitazioni e in mezzo a forti pressioni.

Oggi il premier Letta assisterà all’apertura, ma non ci saranno molti leaders europei: quelli che sono stati protagonisti delle guerre di Libia e di Siria, per esempio. E quelli che hanno agito in Ucraina.

Nel 1980 non c’era il terrorismo nell’Unione Sovietica. La Cecenia era una repubblica di cui nessuno conosceva l’esistenza. E la fine dell’URSS non era nemmeno lontanamente immaginabile, mentre al Cremlino sedeva un cenacolo di quasi ottuagenari che aveva in gestione la “parità strategica” tra Oriente e Occidente. L’astro cinese non era ancora salito sull’orizzonte e il suo capo di governo si chiamava Hua Guofeng, altrettanto relativamente poco rilevante – agli occhi del mondo – di quanto fosse la Cecenia.

Eppure è in corso una guerra. Uno dei cui premi in palio – per chi la gioca contro la Russia – è demolire il prestigio di Vladimir Putin. Lui la volle, questa Olimpiade, anche per farsene un trofeo personale, un segno che la Russia era tornata grande e forte. E Soci gli fu regalata perché si pensava, nella capitale dell’Impero, che sarebbe stato possibile “resettare” i rapporti con Mosca, che erano venuti sempre più deteriorandosi.

Così l’olimpiade di Soci venne preparata sotto un cielo roseo, e ora si apre sotto un cielo plumbeo. Cosa è successo in questo breve scorcio di tempo lo sappiamo, anche se molti sembrano non avere capito, non avere percepito il grande cambiamento.

Vladimir Putin non è più l’amico che ci si augurava sarebbe diventato. E Obama non è più il presidente che si era sperato. Ci sono state due guerre intermedie, Libia e Siria, giocate dall’Occidente. C’è stata, nell’agosto 2008, la fulminea guerra tra Georgia e Russia. L’Europa è in una crisi profonda, ma ha trovato il tempo e il modo di aprire un conflitto nuovo ai suoi immediati confini ad est, innescando i prodromi di una guerra civile in Ucraina.

In alcune di queste partite, solo apparentemente secondarie (in Siria e in Ucraina, per esempio) Putin ha giocato mosse magistrali, che non sono piaciute a Washington e a Bruxelles. Ma Putin ha dovuto fronteggiare manifestazioni di massa sulle rive della Moscova, proprio sotto le sue finestre, di gente che non sa in quale paese si trova a vivere e che vuole cambiare aria.

È un’opposizione che nasce, inedita, strana, inattesa? Molti, in Occidente, questo hanno sperato e sperano, probabilmente sbagliando i calcoli. Quante volte l’Occidente ha sbagliato i suoi calcoli riguardo alla Russia?

E poi ci sono gli sconfitti nella guerra di Cecenia, quella che Eltsin volle e che Putin vinse, con tutta la brutalità di cui è capace la Russia quando decide di essere brutale. Le bombe di Volgogrado sono il rumore e il sangue di una vendetta. Ma quel tritolo viene da lontano. Sappiamo che sultani carichi di minacce e di soldi sono andati fino al soglio di Putin.

C’è dunque chi punta a incendiare non più solo la Cecenia, ma tutto il fienile del Caucaso: dal Daghestan, alla Kabardino-Balkaria, all’Ingushetia. C’è il fuoco sotto la cenere del conflitto, non sedato, tra Georgia, da un lato, e Abkhazia e Ossetia del Sud dall’altro. C’è l’Ucraina, che potrebbe precipitare dentro se stessa prima di scivolare in un’Europa incapace di gestirla. Ci sono gli appetiti espansivi della NATO.

E c’è, purtroppo, l’illusione in alcuni gruppi dirigenti occidentali, inclusi gli europei, che la Russia di Putin sia ancora quella di Boris Eltsin. Così non è. Se a Soci succederà qualche cosa di sgradevole, o di grave, non sarà senza conseguenze su tutto il quadro, già plumbeo, che stiamo vedendo.

(7 febbraio 2014)

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