'Elezioni sarde: l''uomo senza collo e la voragine'

'«Siete tutti ladri», ci dice più d''uno, mettendoci
nello stesso sacco di chi vogliamo combattere. Hai voglia di spiegare le nuove liste... [Pino Cabras]. '

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19 Febbraio 2014 - 02.34


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di Pino Cabras

A prima vista, il risultato delle elezioni regionali in Sardegna è
leggibile innanzitutto come una sconfitta pesante del presidente uscente
Cappellacci, poi come una vittoria del composito fronte del
centrosinistra del neopresidente renziano Pigliaru, e infine come un
risultato deludente per l”outsider Michela Murgia (sebbene per lei sia
un risultato notevole dati i tempi brevi in cui è stato costruito). Ma
se guardiamo le cose con sguardo più profondo scopriamo altri dettagli
che possono far capire meglio il risultato.

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Ho partecipato a questa
battaglia elettorale candidandomi anche io nelle liste di Michela
Murgia
. Ho fatto leva su un impegno macroscopico e un budget
microscopico. Ho strappato ad altre centinaia e centinaia di agguerriti
candidati del collegio elettorale di Cagliari e provincia le preferenze
di 208 anime. Sono proprio pochine, lo so, e non sono certo bastate, ma
la cosa bella è che con diverse persone ho iniziato nuovi rapporti di
collaborazione politica – e perfino promettenti amicizie – che non avrei
mai scoperto senza l”esplorazione di talenti che si può concentrare in
una campagna elettorale.

La corsa alle urne può essere affrontata
in molti modi, io l”ho vissuta come un viaggio in cui si riscoprono i
vecchi amici, si conoscono nuovi amici
, e in cui ci si trova a sfidare
gli istinti difensivi dei nemici.

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In tutto il mese di campagna
elettorale incontro le persone così, con contatti diretti e ravvicinati,
uno per uno. Preferisco questo metodo a un generico volantinaggio.
Distribuisco santini e volantini al mercato una sola volta, un sabato
mattina, nella popolarissima via Quirra, a Cagliari. Mi aiutano compagni
e amici di [b][url”Alternativa”]http://www.alternativa-politica.it/[/url]
[/b]. Sono davvero pochi i clienti del mercato che si
lasciano avvicinare. Vediamo facce scavate dall”indigenza, le
espressioni che riassumono anni di crisi e di abbandono in un corruccio.
Le nostre frasi sul futuro si spengono di fronte all”evidenza delle
loro solitudini, della vecchiaia precoce, della povertà non più nascosta
pudicamente.

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«Siete tutti ladri», ci dice più d”uno, mettendoci
nello stesso sacco di chi vogliamo combattere. Hai voglia di spiegare le
nuove liste, il nuovo progetto, l”onestà
. Come il settanta per cento dei
cittadini della Repubblica italiana, anche loro apprendono le notizie
solo dalla televisione, e a queste proporzioni sembra ormai voler
tendere la fuga degli elettori dalle urne. Non avevo avuto modo di
incontrarli davvero per anni. Perciò non vogliono incontrarmi. Tutto
qui.

Accanto a noi sgomitano anche i sostenitori di altri candidati
di ogni schieramento, che ricevono i medesimi rifiuti. Solo uno sembra
non agitarsi, e anzi la gente gli si avvicina. Alcuni lo insultano per
qualche promessa mancata, ma ha la faccia di quelli che quando piove
passano in mezzo alle gocce. Altri lo trattano con deferenza. Sembra non
avere il collo, una testa incassata in un corpo da traffichino, un
mezzo sorriso che nasconde imperturbabilità
. Decido di sapere chi sia, e
chiedo. Scuotono la testa increduli: «Come, non lo conosci?».

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Mi
spiegano che è un consigliere comunale, che nel quartiere ha un
pacchetto di 1300 voti e li spende in ogni elezione, per sé e per
qualcuno più potente di lui, di destra o di sinistra, in un gioco di do
ut des che mobilita non poche risorse. Di bocca in bocca passa la storia
delle case popolari di una via lì vicina, alle quali, per ragioni
sanitarie, l”uomo senza collo ha fatto cambiare i bagni in tutti gli
appartamenti, ricevendone eterna gratitudine dagli abitanti e
magnificandone la sua leggenda. Nel quartiere, sotto elezioni, alle
vecchine con la pensione minima i galoppini pagano le bollette della
luce, regalano casse di verdura, portano generi di conforto, e ai loro
figli e nipoti disoccupati offrono lavoretti che durano qualche giorno
.
Lui sta lì per questo, al mercato. Io non so in quale piega del
sottogoverno riuscirei mai a trovare la norma per blandire i clientes
rifacendo la loro toilette. Lui lo sa, tutti sanno che lo sa.

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[url”Sardegna Possibile”]http://sardegnapossibile.com/[/url] ha proposte bellissime per la riqualificazione
urbana, e molti le hanno capite, ma non arrivano certo né ai 1300
clienti di quel consigliere comunale, né a quelli – molti di più – che
non riesce ad accontentare e perciò lo disprezzano, associando al
disprezzo tutto quello che puzza di politica. Mi avvicina un quarantenne
che sbarca il lunario al mercato, con l”aria sveglia di chi sa trattare
piccolissimi affari, ma parla con una rabbia secca, perché “i politici”
li tratta con spregio: «se mi dai cinquanta euro porto i tuoi santini
in tutte le case del quartiere dove la gente apre la porta solo se si
fida». Gli dico che non ce li ho, e va via senza perdere altro tempo.

I colori della crisi si distribuiscono in migliaia di modi diversi nel
mosaico dei quartieri, dei paesi e delle campagne, ma ovunque trovi
sempre più gente che non vede più alcuna speranza che abbia il colore
del gioco politico esistente
. È una voragine sempre più vasta di non
rappresentati, che riduce velocemente la porzione dell”elettorato che
decide tutto, ormai una minoranza.

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Chi vince vince, chi perde perde,
e a chi è dentro quel gioco questo basta, fino a pronunciare
dichiarazioni trionfalistiche. Eppure i dati sono evidenti: Forza Italia
ha dimezzato l”elettorato, il PD ha perso un quarto degli elettori, le
coalizioni dominanti hanno smarrito una marea di voti
. Vince chi arretra
di meno, un sorpasso all”incontrario, con una retromarcia turbo. La
coalizione di Francesco Pigliaru, che per effetto della legge elettorale
ha preso il 60 per cento dei seggi, li ottiene per essere arrivata
prima con il 40 per cento dei voti espressi, che però corrispondono a
meno del 25 per cento degli elettori complessivi. La democrazia non era
nata in queste condizioni, non è mai stata come oggi
. Chi non si allarma
è un bieco irresponsabile. Voci autorevoli si levano per ammonire:
questa è una vittoria fra le macerie.

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Michela Murgia era
consapevole di questa crisi e ha investito su una grande innovazione
politica, la coalizione di Sardegna Possibile, che non voleva puntellare
quel sistema (di suo già pronto a vincere fra le macerie), mentre
voleva parlare alla “voragine” dei non rappresentati. Molti osservatori
preconizzavano che con il nuovo sistema elettorale blindato che vige in
Sardegna, elaborato da PD e Forza Italia, la terza forza sarebbe stata
inevitabilmente ridimensionata, perché avrebbe funzionato l”eterno
richiamo del “voto utile”
: “non vorrete mica far vincere il governatore
uscente e tenervelo per cinque anni? Votate noi, l”usato sicuro, anche
se le ruote sono lisce, manca il parabrezza, facciamo fumo, ma sempre
meglio di quel rottame di Ugo Merda”.

Il richiamo ha funzionato su
quella parte ancora sana dell”elettorato di centrosinistra, che però
sente ormai la puzza inconfondibile dell”ennesima fregatura, essendo
subito riprese le furibonde convulsioni di potere interne ai loro
partiti, già il giorno dopo le elezioni. In questo quadro assurdo, un
micro-partito della coalizione vincente, che ha preso lo 0,83% dei voti,
ha eletto un consigliere
.

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Sardegna Possibile invece ha preso oltre
il 10 per cento dei voti, strappandoli all”astensionismo, ma non
ottiene nemmeno un consigliere. Siamo fuori dal consiglio regionale. La
scommessa di conquistare la “voragine” al momento non è vinta, ma senza
le nostre liste l”astensionismo avrebbe raggiunto livelli sconvolgenti.
Rimane il compito immane di fare una ricognizione profonda e duratura di
un”enorme terra di nessuno, che non vota più, ma potrebbe farlo,
riconquistando la democrazia e rompendo la gabbia micidiale del
bipolarismo
. Non è questione solo sarda. Renzi e Berlusconi naturalmente
vogliono impedirlo, prolungando le rendite di posizione del sistema
“castale” al prezzo della distruzione dei partiti. A loro basta che si
voti per il rito della democrazia, anche se a votare si rimane in pochi.

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Ambire ad altro è anche una questione di sopravvivenza della democrazia.

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