di ilsimplicissimus.
Qualunque governo cencelliano esca fuori dal poco magico cilindro
dell’ex rottamatore, una cosa è certa: che assieme ad esso dovranno
essere onorate le cambiali firmate per il sostegno politico e mediatico,
al limite della decenza, che è stato fornito al sindaco di Firenze
negli ultimi sei mesi. Se Berlusconi verrà ricompensato politicamente
con l’intoccabilità del conflitto d’interessi e con la legge elettorale,
nell’ambito di un’alleanza reale e opaca al tempo stesso, la prima
tessera del Pd ossia De Benedetti dovrà essere salvato con i soldi
pubblici.
Si sa da tempo che Sorgenia, la maggiore azienda del gruppo che edita
L’Espresso e Repubblica, si trova con l’acqua alla gola: ha quasi 1,9
miliardi di debiti di cui 60 milioni già scaduti a gennaio e non
pagati. Il principale socio, l’austriaca Verbund non ne vuole più sapere
e ha azzerato il valore delle azioni in suo possesso, mentre le banche
creditrici ( tra cui Mps è di gran lunga la più esposta) sono
disponibili a un taglio del debito di 600 milioni purché però i De
Benedetti se ne accollino la metà , ipotesi cullata per due settimane ma
venuta meno giovedì scorso in contemporanea con l’ascesa di Renzi.
L’ingegnere non ci vuole mettere più di cento milioni visto che
nonostante l’aiutino di Letta da 130 milioni, rimangono parecchie altre
grane, tra cui quella di Tirreno Power, controllata al 39%, oberata da
875 milioni di debiti e per i quali ancora non è stata trovata una
soluzione con Unicredit.
Sono situazioni difficili, ma risolvibili con la benevolenza della
politica che certo a un grande editore non può mancare. Ma qui il
problema è strutturale: Sorgenia è entrata nel mercato dell’energia nel
momento sbagliato, vale a dire quando i consumi hanno cominciato a
scendere, il prezzo del gas si è alzato e la concorrenza di solare ed
eolico insieme ad altre circostanze, ha reso di fatto marginale, inutile
e in perdita la piccola Enel messa in piedi dall’ingegnere: per
rimediare occorre un rapporto organico con il governo. Ed è chiaro che
va in questa direzione l’interventismo politico debenettiano, reso
plateale in questi giorni dal caso Barca, per conquistare un sostegno
strutturale e sistematico dello Stato chiesto già nel 2012, ma non
ottenuto.
L’idea sarebbe quella di creare una bad company che metta insieme
diverse centrali, alcune di Sorgenia, altre della E.ON e altre ancora di
Edipower partecipata dai comuni di Milano e di Brescia (entrambi a
guida Pd) nell’ambito di un accordo che diminuisca di 12.500 megawatt
(Sorgenia 3.200, E.ON 3.300, Edipower 6000) l’energia prodotta. In
pratica rimarrebbero di riserva in attesa di un nuova crescita della
richiesta energetica e/o di una insufficienza delle rinnovabili,
condizione che naturalmente diventerebbe un altro obiettivo di governo.
Ma la bad company come ricompensa per fare da “riserva energeticaâ€
vorrebbe accaparrarsi 250 milioni di contributi pubblici: una vera bazza
per chi spesso produce in perdita per una serie di problemi connessi al
calo della domanda.
E un’operazione che aprirebbe la strada a una
riduzione di altri 25 mila megawatt da parte di Enel e degli altri
produttori, in cambio di altri 500 milioni di contributi pubblici. Tutto
naturalmente da addebitare in bolletta sotto qualche voce generale o
sul bilancio dello stato con un partita di giro più lunga.
Si tratta di un’operazione sulla quale i grandi media tacciono perché
cane non mangia cane, ma è evidente che per tirar fuori tutti questi
soldi in una situazione finanziaria in cui si raschia il fondo del
barile e si sacrifica ogni tutela, occorre qualcosa di più di un governo
comprensivo, ci vuole un governo amico per la pelle. Anzi sulla pelle
dei cittadini.
Fonte: [url”http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2014/02/19/il-programma-di-renzi-primo-salvare-de-benedetti/”]http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2014/02/19/il-programma-di-renzi-primo-salvare-de-benedetti/[/url]