Grecia: l'inutile gioco del cerino

Il problema non è quello di fare sacrifici inumani per saldare il debito, ma farli per poter continuare a pagare gli interessi in eterno. [Aldo Giannuli]

Grecia: l'inutile gioco del cerino
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29 Giugno 2015 - 16.51


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di Aldo Giannuli

Come volevasi dimostrare. A quanto pare siamo allo showdown finale: non sappiamo come andrà il referendum, ma se anche i greci votassero sciaguratamente si al piano della troika, ormai saremmo lo stesso alla rottura, perché il gioco del cerino è finito. Se anche la Grecia accettasse le condizioni demenziali poste, fra un mese, alla prossima rata di interessi, saremmo punto e a capo e la troika chiederebbe altro ancora.

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Qui il problema non è quello di fare sacrifici inumani per saldare il debito, ma farli per poter continuare a pagare gli interessi in eterno. Le richieste ad Atene parlavano di tagli a salari e pensioni, di aumentare l’Iva del 13% sugli alberghi: tutte misure che avrebbero ulteriormente abbattuto il Pil, facendo crescere in corrispondenza il peso percentuale del debito, con il risultato di nuovi e più pesanti interessi e di gettito fiscale ridotto.

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Il punto è che, anche se Tsipras accettasse tutti i diktat dell’Universo e abolisse le pensioni, portasse l’Iva al 30% e vendesse il Partenone ai tedeschi ed i bambini al mercato degli schiavi, lo stesso non ce la farebbe a pagare il debito accumulato, che supera di tre volte il Pil annuo; per cui strozzare il popolo greco servirebbe solo a pagare gli interessi su un debito eterno e, per di più, siccome con una cura del genere il Pil non potrebbe che scendere, il divario aumenterebbe e prima o poi si arriverebbe lo stesso al default.

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Tsipras ha tentato di mediare, forse con la riserva mentale di scaricare sui suoi interlocutori la responsabilità della rottura, di fatto un gioco del cerino che però è rimasto fra le sue dita anche se la rottura è decisa dagli altri.

Il governo greco ha dato la sensazione di non fare sul serio: a ogni tornata ha urlato che non avrebbe accettato i diktat della troika, ma poi un pezzo lo lasciava sul campo ogni volta.

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Tsipras avrebbe dovuto impostare le cose più seriamente: in primo luogo essere più sincero con l’elettorato e chiarire che il suo programma sarebbe stato quello di ottenere quantomeno la rinegoziazione del debito, anche a costo di arrivare al default ed uscire dall’Euro. Promettere la fine dell’austerità e la permanenza nell’Euro denota o una totale incompetenza o una malafede altrettanto totale (propendo per la prima delle due).

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Ottenuto un mandato pieno dall’elettorato, avrebbe dovuto presentarsi alla Bce sin dai primi giorni di governo e porre la questi termini: “o ristrutturiamo il debito, quantomeno con un haircut, o noi non paghiamo neppure un Euro già dalla prossima scadenza e se volete cacciarci dall’Eurozona fate pure, sono pronto ad emettere una moneta provvisoria ed a cercare nuovi partner”. E’ difficile dire cosa avrebbero scelto i partner europei, perché l’espulsione avrebbe comportato dolori molto seri per i greci, ma ne avrebbe causati e di molto seri per la Ue nel suo complesso e per ciascun suo componente. In primo luogo si sarebbe stabilito il precedente della recedibilità dall’Euro (e per di più ex abrupto), quello che non è previsto dai trattati e su cui si è fondata la stabilità dell’Euro sui mercati monetari mondiali.

Non ci vuol molto a capire che un secondo dopo una decisione del genere, la speculazione finanziaria si sarebbe avventata non tanto sulla Grecia, dove c’è ben poco da mangiare, ormai, ma su Italia, Spagna, Portogallo e probabilmente Francia. Di riflesso le quotazioni dell’Euro avrebbero iniziato a ballare. E questo senza tener conto degli affetti politici di una simile scelta (rafforzamento delle tendenze centrifughe dall’Unione, destabilizzazione della Nato, effetto domino sui paesi con forte indebitamento, rafforzamento delle tendenze populiste ecc.)

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Dunque, una scelta forse ancora più problematica per la Ue che per i greci (che, peraltro, avrebbero evitato i salassi di questi mesi) quel che gli avrebbe permesso di negoziare (o almeno provare a farlo) le condizioni dell’uscita della Grecia dall’Euro. Ma una scelta di questo genere avrebbe richiesto una intelligenza strategica, un coraggio ed una radicalità politica che Tsipras o Varufiakis non hanno essendo dei mediocri socialdemocratici.

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Ora la rottura avverrà lo stesso, ma nel modo più traumatico per tutti (ed è bene che gli italiani in primo luogo si preparino all’urto). La politica del cerino di Tsipras non è servita a molto, perché ugualmente adesso si trova a gestire la situazione nel peggiore dei modi: dopo aver illuso i greci che fosse possibile conciliare fine dell’austerità e la permanenza nell’Euro, ora deve guidare il suo paese nella tempesta peggiore, anche perché la Ue si impegnerà a strangolare Atene, sia come deterrente verso gli altri paesi debitori, sia per recuperare credibilità sui mercati monetari mondiali, dimostrando che “non c’è salvezza fuori dell’Euro”.

Per non soffocare la Grecia (che dovrà darsi una sua moneta necessariamente debole) deve cercare urgentemente finanziatori che sostengano la sua ripresa economica e questo può significare solo tre cose:

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Russia, che potrebbe essere interessata tanto al passaggio dei suoi gasdotti sul territorio greco ed ottenere una destabilizzazione della Nato;

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Cina, che potrebbe aprire in Grecia una miriade di filiali delle proprie imprese manifatturiere, invadendo il mercato europeo senza nemmeno i costi di trasporto, ed usare i porti greci (oltre che quello del Pireo che già hanno) come punti di partenza e di arrivo (e la cina sta lavorando a mettere le mani sulla logistica mondiale;

Emirati arabi che potrebbero fornire le risorse petrolifere a credito in cambio di contropartite come, ad esempio il rifiuto di far passare gasdotti russi sul proprio territorio.

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Ottenere le migliori condizioni dipenderà dalle capacità negoziali del governo (che sin qui, per la verità, non ha brillato).

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La moneta “debole” peraltro, si rivelerebbe rapidamente un vantaggio netto sulle economie Euro per quanto riguarda le esportazioni.

In prospettiva, se la Grecia dovesse ripartire sarebbero problemi molto seri soprattutto per i paesi meridionali della Ue.

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Nell’immediato, invece, il precipitare della crisi greca agirà da forte acceleratore nella crisi del debito pubblico europeo.

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(25 giugno 2015)

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