‘di Marco Dotti
Un software, fortemente voluto dall”onorevole Paola Binotti, per scandagliare l”idealtipo del giocatore d”azzardo e ottenere “profili e numeri”. Un progetto di intelligenza artificiale – dal costo di qualche milione di euro per le casse dello Stato – che aggira l”urgenza di una seria e indipendente indagine sulla complessità del fenomeno del gioco d”azzardo, riconducendola a una mera questione algebrica priva di una rigorosa analisi critica.L”articolo è stato pubblicato su [url”Vita”]http://www.vita.it/[/url] il 17 settembre 2015. Lo riprendiamo qui per gentile concessione dell”autore. (pfdi)
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Un software per spogliare – metaforicamente, s”intende – i giocatori d”azzardo. Un sistema di telecamere che registri i passi, le posture, i movimenti, le smorfie, il sudore, quanti starnuti e quanti battiti di ciglia al minuto e persino dita nel naso del giocatore. Un po” di dati, astratti dal contesto, un algoritmo per processarli e il risultato è assicurato: il profilo del giocatore. Se il giocatore rientra nei parametri che lo assegnano al profilo ” patologico” scatta un alert.
Bello vero? Un vero miracolo dell”intelligenza artificiale. Un mezzo miracolo, a dire il vero. Lo vuole con forza e costanza Paola Binetti, supportata, evidentemente, da qualche esperto di “intelligenza artificiale”, che ieri, in un”interrogazione alla Camera alla quale ha risposto il Ministro Padoan, ha reclamato a gran voce quel software. Software che, a quanto apprendiamo, costerebbe alle tasche dei contribuenti 3 milioni e rotti di euro.
Accantoniamo la questione dell”opportunità o meno di sperperare risorse in questo modo e andiamo al dunque.
C”è un punto a cui conviene prestare la massima attenzione, bisogna sempre ricordare che in Italia mai, ripeto mai, si è approntata una ricerca seria e indipendente, scientificamente fondata e su larga scala, che miri non solo a “dar i numeri”, ma a capire il reale impatto dell”azzardo di massa sul tessuto sociale, micro e macro economico del Paese e via discorrendo.
Esistono molte, piccole ricerche, indipendenti o meno, più o meno al risparmio, più o meno di parte, più o meno metodologicamente corrette. Esistono. Ma una fotografia effettiva che orienti i decisori e metta in luce quello che è evidente per ora manca. Manca – e qui dove sono i vari Osservatori, Dipartimenti, Istituti superiori? – una ricerca epidemiologica su larga scala.
A meno che… A meno che – ecco il punto quel software, una volta finanziato, non fornisca i dati che servono. E qui saremmo su un versante non più grottesco, ma tragico. Ricerche e indagini non serviverebbero più, perché il software tanto richiesto dalla Binetti – non è la prima volta – azzererebbe tutto, dando ciò che molti chiedono: profili e numeri.
Una volta installato in sale gioco, bar, sale Bingo e via discorrendo, quel software fornirebbe dati, numeri, cifre avulse dal contesto sociale, economico, socio-culturale e, soprattutto, in grado di ricondurre la critica dell”azzardo diffuso dentro l”alveo di quel riduzionismo epistemologico e antropologico che tanto piace a molti, troppi attori del sistema.
Attraverso questo fantomatico software – ammesso che mai il governo decida di finanziarlo e auspichiamo seriamente di no – Il Ministero delle finanze o chi per esso avrà i suoi bei numerini, le sue belle cifre, le sue belle statuine, i suoi bei “giocatori”. Insomma, un algoritmo potrebbe provvedere a ricomporre i tasselli di quell”indagine epidemiologica che né l”Istituto Superiore di Sanità è stato ancora chiamato a fare, né il Dipartimento delle Politiche antidroga è stato in grado di fare. Né il costituendo Osservatorio sul Gioco, simile più a un refettorio o a un parlamentino che a un consesso di ricerca (sia detto col massimo rispetto per i singoli che ne fanno parte) sarà mai in grado di fare.
Questo è il problema. E, come sempre, è sulla superficie che si agitano le questioni più profonde. L”idea di un software che faccia cose del genere non è un”idea pericolosa o sbagliata in sé e per sé – ne esistono a centinaia di sistemi di monitoraggio per la sicurezza ambientale. Sbagliati sono i presupposti, che estrapolano alcuni dati fisici dalla soggettività e dall”ambiente. Informazioni che potrebbero addirittura entrare nel mercato dei Big Data e, di conseguenza, violare radicalmente ogni principio di privacy e correttezza. Ma è la visione sottostante, ciò che più sconcerta.
Non possiamo accettare una visione dell”uomo – giocatore o meno – che si fondi sulla riduzione della sua complessità e alteri profondamente il nesso causa-effetto nella costruzione delle dipendenze di massa. Non possiamo credere ci sia gente disposta a scambiare questa “visione” per quello che non è: un servizio, anziché un ulteriore asservimento dell”umano a ciò che si è scordato di esserlo.
(17 settembre 2015) [url”Link articolo”]http://www.vita.it/it/article/2015/09/17/la-farsa-del-software-per-profilare-i-giocatori-dazzardo/136562/[/url] [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.es/[/url]‘