di Riccardo Allione.
Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice, è autrice del saggio “Unisex – La creazione dell’uomo senza identità †(Arianna Editrice, 2014), che approfondisce strategie e obbiettivi dell’ideologia gender. Un libro che ancora prima di essere pubblicato ha scatenato forti polemiche da parte dei movimenti femministi e lgbt, secondo i quali la cosiddetta “teoria gender†nemmeno esiste.
L’autrice però non ci sta: «l’ideologia di genere esiste e ha la sua storia: l’espressione è stata coniata da John Money, padre degli studi di genere insieme ad Alfred Kinsey. Dopo gli anni ’80 si arenò in seguito ai fallimenti degli esperimenti di Money e oggi è stata riesumata. È vero che esistono gli studi di genere, ma d’altra parte c’è il tentativo politico-mediatico di recuperare velleità dei padri del gender».
La tesi del libro, scritto a quattro mani con Gianluca Marletta, è che nell’alveo del cosiddetto “nuovo ordine mondialeâ€, le élites stiano tentando di “rielaborare†l’umanità a proprio piacimento, sfruttando i media. Un’analisi centrale nella prima stesura del libro, ma quasi scomparsa dalla seconda edizione.
«Non vogliamo che il libro sia etichettato come complottista. Tuttavia, è pur vero è in atto un evidente processo di globalizzazione spinto dalle lobby mondialiste che mira a spersonalizzare l’individuo e questo processo si sta focalizzando sulla questione dell’identità sessuale, per rendere le nuove generazioni più facilmente manipolabili e omologate».
Nel concreto, da un lato le multinazionali finanziano le campagne elettorali chiedendo in cambio di promuovere tali politiche, dall’altro c’è l’industria culturale: «sempre più spesso, film e serie tv fanno passare l’idea di una sessualità fluida. Nel libro faccio l’esempio di un serial di Mtv, “Faking itâ€, dove le protagoniste e i loro amici cambiano più volte orientamento sessuale nel corso della stagione. C’è anche la musica: basta pensare a Miley Cyrus o Lady Gaga, che pur non essendo gay si fanno portavoce delle cause omosessuali, strumentalizzando il messaggio come strategia di marketing costruita a tavolino».
Questo progetto avrebbe un duplice scopo: «i padri dell’ideologia gender sognavano una “democrazia sessuale†globale dove tutti gli orientamenti fossero leciti e legali, compresa la pedofilia. La seconda finalità è il controllo sociale: individui sempre più spersonalizzati e disorientati, senza un’identità definita sono più facili da manipolare». Dietro l’intenzione di distruggere la famiglia tradizionale sostituendola con altri modelli c’è anche una questione economica: «nel momento in cui vengono sdoganate le famiglie omogenitoriali, che per forza di cose non possono avere figli, si favorisce il business delle maternità surrogate e degli uteri in affitto».
Tuttavia la questione, spiega la Perucchietti, non riguarda l’omosessualità in sé. «Nel libro contestiamo il fatto che si sta spingendo verso un’idea di sessualità culturale: non si nasce maschio o femmina per natura, ma lo si diventa per cultura. Un’idea contestata anche da Vladimir Luxuria durante una diretta radiofonica a cui ho partecipato. Eppure è questo ciò che insegnavano i fondatori dell’ideologia di genere. Il rischio è di sfociare nel trans-umanesimo, nel post-umano, e quello che preoccupa è che tale manipolazione avviene in maniera sempre più capillare e perfino violenta».
Si potrebbe controbattere che di converso la difesa dei “valori tradizionali†è a sua volta propaganda dei poteri forti più conservatori, ad esempio la Chiesa. «Qualsiasi tesi portata avanti con il vessillo di un dogma rischia di diventare fanatismo o di essere strumentalizzata. Le difese a oltranza sono sbagliate, si finisce sempre in fazioni pro o contro, ma così non si dialoga. Non si può combattere un’ideologia con un’altra ideologia. Noi abbiamo cercato di curare un’inchiesta giornalistica storico-sociologica nel modo più obbiettivo possibile».
Venendo all’attualità e al polverone alzato dal disegno di legge Fedeli sull’educazione di genere a scuola, «si è fatta molta disinformazione, però il ministro Giannini che dichiara che l’ideologia di genere è una bufala minacciando le vie legali, ricorda molto la “psico-polizia†di Orwell».
Per quanto riguarda invece i libri per l’infanzia censurati a Venezia, per la giornalista torinese «l’idea dell’insegnamento gender all’asilo o alle elementari è assolutamente folle. Per me a scuola non bisognerebbe parlare di certe tematiche a bambini così piccoli. Non conosco tutti i libri, ma ne ho letti alcuni, come quello sulla maternità surrogata (“Perché hai due mamme?â€, edito da Lo Stampatello, ndr), che mi è sembrato pazzesco. Perché bisogna spiegare queste cose a un bambino di quattro anni? Non si capisce, a me pare una strumentalizzazione per sdoganare la fecondazione eterologa».
In ultima istanza, per contrastare questa “mutazione antropologica†messa in atto dall’ideologia gender, l’unica strada passa dall’informazione. «Sia chi è contro il gender, sia i sostenitori si sono formati un’idea sulla base di chiacchiere, per sentito dire. Molte delle critiche al nostro libro sono state fatte prima della sua pubblicazione. Come si fa a stroncare un libro non ancora uscito, sulla base della copertina? Ci vuole senso critico, dopodiché uno si forma un’idea, ma non sulla base di posizioni acritiche e fanatiche».
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