Non dimentichiamo né aggiriamo le questioni centrali

Chi pensa semplice ha già perso: se agisce in buona fede, altrimenti è soltanto strumento di coloro che organizzano, in centri di necessità segreti, le diverse strategie. [Gianfranco La Grassa]

Non dimentichiamo né aggiriamo le questioni centrali
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13 Ottobre 2015 - 05.14


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di Gianfranco La Grassa

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Purtroppo, manca ogni consapevolezza di che cosa sia la politica e di quali mezzi si possa avvalere. E’ molto più semplice per cervelli elementari pensare al potere del denaro, alle massonerie finanziarie transnazionali che governano il mondo. E come? Corrompendo con il denaro, comprando tutti quelli che sono situati negli apparati del dominio politico e culturale. Chi ha denaro, questa l’idea dei superficiali, piazza i suoi uomini in questi apparati, li controlla come marionette e li rende agenti dei propri interessi, appunto finanziari, li rende docili strumenti per fare ancora più denaro. Poi ci sono i critici che dicono: ma non si può fare denaro con solo denaro; dietro il denaro ci deve essere la produzione dei beni (merci) che, essendo venduti, consentono di ricavare quel denaro con cui poi si pagano i propri docili “strumenti” (individui) negli apparati del potere.

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Per poter sopravvivere socialmente bisogna certo produrre, esattamente come, per poter pensare, bisogna che ci sia un substrato cerebrale, per muoversi un sistema muscolare, e poi un sistema nervoso centrale che comanda i muscoli e decide i movimenti da fare; e infine – più in generale – occorre un cuore ed un sistema circolatorio che porti in tutto il corpo l’ossigeno e riporti indietro l’anidride carbonica per espellerla. La produzione è necessaria, ma non ci dice chi, in definitiva, riuscirà a prevalere all’interno dell’organizzazione sociale, chi eserciterà quelle azioni che consentono di acquisire la preminenza. E’ necessario capire i rapporti di forza interindividuali e intergruppi, afferrare le mosse e gli scopi compiuti da individui e gruppi per vincere nello scontro. Occorre seguire le strategie e sapere da dove promanano, da quali centri, di quali mezzi dispongono, su quali terreni – alcuni palesi e altri occulti – si combatte, ecc.

Della produzione non si può certo fare a meno; della liquidità monetaria (e degli apparati che la trattano, controllano, indirizzano, ecc.) nemmeno, in una società dove tutto o quasi è oggetto di scambio mercantile. Il sistema economico (produttivo e finanziario), tuttavia, è “base” e “strumento”. La sua semplice considerazione non basta. E nemmeno basta sapere che cosa si decide di produrre e quali strumenti finanziari vengano creati e come vengano utilizzati e dove allocati, ecc. Bisogna andare alle mosse e agli scopi della politica, della strategia di conflitto. Perché è qui che si annida sempre l’inganno e la distorsione degli obiettivi. Per vincere bisogna far credere all’avversario – e ancor più ai propri seguaci – che si stanno perseguendo determinati scopi, spesso ammantati di “alta idealità”. Poi è necessario compiere altre azioni, aggirare le posizioni, distogliere l’attenzione o distrarla dai propri veri obiettivi. Ed è indispensabile studiare attentamente il campo delle lotte, le forze in campo, i mezzi che ha l’avversario, quali finalità e disegni possa avere in testa, e via dicendo. A questi fini né produzione né finanza servono gran che. Semmai, è molto più decisiva, nel momento cruciale dello scontro, la potenza bellica, il sistema di informazione, l’Intelligence, ecc. In ultima analisi, però, bisogna andare al cervello (non di un solo individuo, anche quando così sembra) di chi pensa e organizza lo scontro, conoscendo bene le proprie forze e studiando attentamente quelle degli avversari; infine, al vertice, il tentativo di capire le possibili strategie di questi ultimi, approntando di conseguenza le proprie.

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Chi pensa semplice ha già perso: se agisce in buona fede, altrimenti è soltanto strumento di coloro che organizzano, in centri di necessità segreti, le diverse strategie. Alle volte si fanno i nomi di alcuni strateghi, più o meno grandi. Basti pensare a Kissinger, tuttavia conosciuto come singolo individuo (che, a suo tempo, consigliò Nixon), più o meno messo alla pari del finanziere Soros o di altri personaggi similari. Perché chi pensa – o vuol far pensare gli altri – semplice, formula sempre nomi di singoli individui. Kissinger sarebbe ben poco se non fosse la punta di diamante, ma pure il nome rappresentativo, di dati centri strategici, i cui componenti non sono conosciuti; ma nemmeno si conosce la loro esistenza. Quando si mettono nomi, allora salta fuori, ad es., il gruppo Bilderberg o il Club di Roma, che non sono centri strategici e hanno altre finalità.

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Gruppi del genere possono certo intrecciarsi con i centri, ma soprattutto quali loro strumenti, solo dotati di maggiore rappresentatività “pubblica”, appunto quella più superficiale e solo necessaria a nascondere ciò che deve restare nei “segreti meandri” delle più autentiche autorità strategiche. Certamente tali gruppi si riuniscono abbastanza spesso, e a queste riunioni partecipano uomini di potere, ma a volte solo rappresentativi per nome e fama più che dotati di poteri propri. Insomma, il loro potere dipende da altri poteri assai più discreti e nascosti. Servono da “specchietto per le allodole”, dove queste sono rappresentate sia da superficiali individui in buona fede, affascinati dalle sembianze (e i paramenti) del potere, sia da altri invece lautamente pagati (non in solo denaro) dai centri strategici (e gruppi di governo e di potere che ne seguono le indicazioni) per distogliere l’attenzione dalle loro effettive mene e indirizzarla verso le “rappresentanze più ufficiali”; le quali, per assolvere tale funzione, devono spesso dare comunque l’impressione di essere “massonerie” attive in gran segreto. Solo che poi, guarda caso, il segreto viene in parte svelato (con distorsioni varie), ma sempre ammantato di misteriosità per affascinare e deviare l’attenzione del “gran pubblico”.

E’ inutile chiedere: allora chi sono questi centri strategici? Se avessero nome e cognome, sarebbero centri del piffero. Nemmeno si può sapere con sicurezza come agiscano a meno di non avere a disposizione dei servizi di Intelligence, ben preparati e con buoni addentellati presso gli avversari. Noi, persone comuni, non possiamo sapere, possiamo solo usare il cervello evitando d’essere dei “sempliciotti”. Per capire le strategie è indispensabile prendere atto che i centri ci sono, non sono noti (e nominativi), agiscono dietro le quinte e con manovre tendenti a finalità in genere opposte o comunque assai differenti da quelle realmente perseguite; a meno che, in qualche caso, compiere le mosse più ovvie non sia proprio il modo migliore per trarre in inganno. Bisogna procedere, nell’interpretazione della politica, secondo i principi del sapere indiziario; inoltre formulare ipotesi, perfino quelle che sembrano più strampalate. S’incorrerà in errori, ma precisamente da questi il sapere indiziario trarrà informazioni utili per correzioni molteplici e che consentono – non sempre ma nemmeno raramente – di giungere a conclusioni molto vicine alla realtà. Con aggiustamenti successivi si può arrivare a cogliere il “segreto” o comunque sospettare e prevedere quanto poi verrà in luce.

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A questo punto bisogna diffidare dei semplicisti e dei mentitori spudorati e consapevoli che ingannano sulle vere finalità strategiche di questo o quel paese, di questo o quel gruppo politico o economico, ecc. Oggi, ad es., per quel che riguarda la politica internazionale, si sono andati consolidando due precisi indici dell’imbroglio a cui – per faciloneria o per consapevole menzogna – si va incontro da un bel po’ di tempo in qua. Il primo e principale di questi indici è appunto l’enfasi posta sul settore finanziario che tutto fa, tutto può. Chi comanderebbe sarebbe anzi, più precisamente, il “grande finanziere”; perché nominare esplicitamente il “potente”, colui che sarebbe all’origine di ogni misfatto, è la mania dei semplici o di quei mentitori assoldati per mascherare i reali centri del potere e finanziati per organizzare convegni, manipolare stampa, girare mezzo mondo a fare conferenze, apparire in TV, ecc. E spesso con l’abito del più accanito critico del sistema capitalistico.

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L’altro indice è l’attacco alla Germania come il vero cattivo all’opera, come la principale causa di ogni nostra difficoltà. Dimenticando bellamente, o comunque mettendo in sordina, il ruolo degli Stati Uniti. Una variante può essere quella di attaccare, per quanto riguarda il lato statunitense del potere, la presidenza Obama, sostenendo inoltre che ha fallito tutto, e che continua a provocare danni alla “nostra” causa. Indizi secondari sono quelli del can can per l’uscita dall’euro e dalla UE. Intendiamoci bene, l’attacco a Obama o la polemica accesa contro UE ed euro non sono negativi al 100%. L’importante è però l’obiettivo “ultimo”, il quale deve essere l’appoggio a tutto ciò che indebolisce sul serio il prepotere statunitense e favorisce il multipolarismo. Altrimenti, simili critiche destano sospetti. Anche una certa simpatia verso la Russia, sempre con distinguo di vario genere, può essere manifestazione di ambiguità, di retropensieri nebulosi; lascia dubbi perfino il mettere in luce che essa ha adesso l’iniziativa e ha messo in difficoltà gli Usa di Obama in Siria.

Il vero punto cruciale è che la UE è puro strumento degli Usa (e non soltanto di quelli dell’attuale presidenza, lo è da sempre e lo sarà in futuro); per questo va attaccata. Non ci si deve battere per la semplice uscita da essa; e nemmeno però per una sua “riforma”. Decisiva è invece la ripresa di certe autonomie nazionali, sulla base di una indipendenza dagli Usa e di un diverso sistema di contatti internazionali (senza dubbio pure con la Russia) onde mettere in crisi ogni possibile ritorno verso un monocentrismo americano. E nemmeno l’uscita dall’euro è questione centrale; va soprattutto denunciata la BCE come ulteriore organo del predominio statunitense. Vi sembra fondamentale che ogni paese riconquisti il suo potere di controllo monetario? E l’autonomia politica concreta, l’affrancamento dagli Usa (e non solo da quelli di Obama) – implicanti lo scontro assai duro con il paese più potente al mondo senza semplici rivalse contro la Germania, ecc. – dove vanno a finire per favore? E mi dite come intendete procedere politicamente, non monetariamente, per ottenere un tale risultato di autentica indipendenza e sovranità?

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Su problemi del genere balbettate perché in effetti nessuno ha al momento idee chiare in proposito. Allora smettetela di blaterare su misure che semplicemente aggirano il compito primario: affrontare in condizioni assai difficili lo scontro politico con gli Usa, avendo la Nato sempre tra i piedi, una miriade di loro basi militari in Europa, i Servizi di tutti i paesi europei largamente influenzati e controllati da quelli statunitensi. Dibattete questi problemi e non svicolate. Altrimenti, sapremo che siete o del tutto superficiali al limite dell’incoscienza o al servizio di chi ancora comanda oggi nel mondo: i centri strategici americani.

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L”articolo è stato pubblicato su [url”Conflitti e strategie”]http://www.conflittiestrategie.it/[/url], il 12 ottobre 2015.

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