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Meglio affittare l'utero o la vagina?

Non vorrei qui passare per complottista, ma vi assicuro che non è una coincidenza. C’è una ragione se utero e vagina sono così vicini. [Roberto Quaglia]

Meglio affittare l'utero o la vagina?
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4 Marzo 2016 - 05.49


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di Roberto Quaglia* – Roberto.info

Ho lottato con me stesso per non dire assolutamente nulla in merito
alla grande telenovela nazionale – utero sì, utero no (nel senso dei
contratti di locazione uterina agevolata per spermatozoi ed ovuli senza
fissa dimora). Alla fine ho dovuto arrendermi e dire la mia anch’io. 

 

Nella stragrande maggioranza delle discussioni in merito il tema è
mal posto. Se ne fa una questione morale e sulle questioni morali
possiamo stare a cianciare fino alla fine dei tempi.


Il tema invece – come sempre – è innanzitutto capire di cosa stiamo parlando.


In verità non è difficile comprendere che cosa sia l’atto di
affittare l’utero di una donna per farvi crescere un bambino proprio. E’
un contratto di prostituzione

A chi se ne fosse dimenticato gioverà
ricordare che sesso e procreazione sono categorie di fenomeni attigui,
talvolta addirittura correlati, e che l’utero non a caso si trova subito
al di là della vagina. Non vorrei qui passare per complottista, ma vi
assicuro che non è una coincidenza. C’è una ragione se utero e vagina
sono così vicini.


Così come viene definito prostituzione
l’atto di affittare una vagina per il proprio piacere, è logico che si
debba definire prostituzione anche l’atto di affittare un utero per il
proprio piacere. Si tratta ovviamente di un piacere anche nel secondo
caso, anche se non di un piacere strettamente genitale. Tuttavia anche
il piacere di un orgasmo e quello di avere un figlio se ci si pensa bene
sono essenzialmente affini. L’orgasmo è infatti il “premio di
riproduzione” della specie, lo zuccherino con cui la natura persegue i
suoi misteriosi fini spingendo le creature ad accoppiarsi – per
riprodursi. Quando poi ad una coppia in seguito nascesse un figlio, il
piacere si eleva ad un ordine superiore. Dal piacere sensoriale
estemporaneo dell’orgasmo al piacere esistenziale permanente della
maternità/paternità.


Se affittare un utero per ottenerne un bambino permette di
raggiungere un piacere di ordine superiore di quello che si ottiene
affittando una vagina, questo vuol dire che si tratta di un atto di
prostituzione di ordine superiore. Non ci vuole molto a capirlo, d’altra
parte basta guardare con spirito critico ad alcuni indicatori
inequivocabili: la durata del rapporto è straordinariamente superiore –
nove mesi contro una manciata di minuti. 

Il prezzo della prestazione è
anche straordinariamente superiore – decine di migliaia di euro anziché
quattro spiccioli. Lo stress fisico ed emotivo patito dalla donna che
presta il servizio è anch’esso straordinariamente superiore. Durante una
gravidanza il fisico si deforma, il metabolismo cambia e la donna corre
anche dei rischi di salute in caso di complicazioni. Il parto è
infinitamente più doloroso di qualsiasi rapporto sessuale – anche di
sesso estremo! E dopo il parto esiste il trauma della separazione dal
figlio, visto che la donna è “programmata” dalla natura ad amare la
creatura che da alla luce, ed invece qui se ne deve privare. Insomma,
gravidanza e parto lasciano marcate conseguenze permanenti sul fisico e
la psiche delle donna, diversamente da un semplice rapporto sessuale. E’
quindi un atto di prostituzione di livello straordinariamente più
elevato. L’altissima retribuzione fuga ogni dubbio.


Sia chi per proprio uso affitta da una donna una vagina che chi ne
affitta un utero lo fa sulla spinta del proprio istinto di riproduzione.
Nel primo caso l’istinto di riproduzione si ferma all’atto
estemporaneamente gratificante che per milioni di anni avrebbe
volentieri portato al concepimento (prima della recente invenzione degli
anticoncezionali), nel secondo caso l’istinto di riproduzione si spinge
più a fondo puntando ad una gratificazione meno estemporanea e più
duratura – cioè un’effettiva riproduzione.


Non entrerò qui nel merito dell’annoso dibattito se la prostituzione
sia un bene o un male. Se ne discute da migliaia di anni e la gente non
si è mai trovata d’accordo a riguardo. E non sarà certo la mia opinione
che cambierà le cose, quindi me la terrò per me. Ma trovo tristissimo il
fatto che su cinquanta milioni di italiani che oggi appassionatamente
si scannano sull’argomento “uteri in affitto”, da quello che essi dicono
e scrivono e arrivi alla mia attenzione pare che nessuno riesca neppure
ad inquadrare il fenomeno per ciò che esso sia: un atto di
prostituzione.


Una volta che abbiamo la corretta chiave di lettura tutto il resto è
più facile. Le opinioni che ognuno di noi ha per la prostituzione
genitale valgono (o devono valere) anche per la prostituzione uterina.
Se non è così finiamo in piena dissonanza cognitiva, l’anticamera
dell’infermità mentale. E come le opinioni, anche le regole di
comportamento devono essere le stesse, e così le leggi. Se la legge
permette la prostituzione genitale, perché non dovrebbe permettere la
prostituzione uterina? Se la legge punisce lo sfruttamento della
prostituzione genitale, perché non dovrebbe punire lo sfruttamento della
prostituzione uterina? Quanta parte dei 150.000 euro che pare costi
affittare un utero vengono trattenuti dagli intermediari (agenzie,
cliniche, medici, ecc.), in altre parole dai “magnaccia” che mettono in
contatto il cliente con la fornitrice del servizio? Ripeto che non sto
qui dando alcun giudizio sulla questione, indico solamente un metodo per
ragionare in modo sensato. Cioè capire innanzitutto di cosa stiamo
parlando – e poi argomentare ed agire di conseguenza. In difetto di ciò
ogni parola detta è solo rumore.


E per me con questo si chiude l’argomento “utero in affitto”, mettere
in chiaro di cosa si stia effettivamente parlando è più che abbastanza,
non sento il bisogno di entrare qui nel merito delle opinioni. Lascio
ad altri lo spasso.


Tuttavia, a latere, nel caso specifico che ha scatenato il
gran chiacchiericcio nazionale (chiamarla discussione mi pare eccessivo)
è emerso anche un altro problema, dovuto al fatto che l’affittuario
dell’utero dello scandalo sia un politico di tradizione comunista, Nichi
Vendola. E’ un problemuccio di pura indole politica, soprattutto per
chi lo abbia votato o comunque si riconosca in quell’area politica. I
social network si sono riempiti di voci che si chiedono se sia “di
sinistra” affittarsi a carissimo prezzo un utero per procurarsi un
bambino. 

Curiosamente, molte delle voci che si sono poste
l’interrogativo, come Famiglia Cristiana,
non sono affatto di sinistra, quindi io mi chiedo perché il problema li
tanga. Un vizio comune è lamentarsi delle azioni di politici e di forze
politiche che non si è votato. Perché mai si pretende che chi non ci
rappresenta faccia proprio quello che vogliamo noi? Mi sembra molto
infantile. Ognuno dovrebbe invece concentrare il proprio spirito critico
verso chi egli/ella abbia votato e mandato al potere, non solo perché
essi e solo essi lo/la rappresentano, ma perché votarli è stata
anche una propria responsabilità, e quindi se si comportano male essi
hanno sì colpa, ma in seconda battuta – il primo responsabile è
l’elettore che con il proprio voto lo ha legittimato (almeno se vogliamo
far finta di essere in democrazia).


Diversamente, il pubblico che si riconosce in Vendola e/o nell’area
politica che egli rappresenta, la sinistra, ha maggior titolo di
discutere l’aspetto politico del gesto di Vendola, essendoci in ballo
l’identità collettiva della sinistra. Tuttavia curiosamente (ma forse
non troppo), una parte del popolo di sinistra non sembra trovare
problemi ideologici nel gesto di Vendola di affittare un utero (e con
esso la donna portatrice di utero) per nove mesi e 150.000 euro.
Qualcuno o con la coda di paglia o le idee molto confuse ha tirato in
ballo concetti come “il gesto d’amore di crescere un figlio per altri”,
dimenticandosi piccoli dettagli come i 150.000 euro sborsati, facendo
quindi penosa confusione fra amore e prostituzione. Il che ci lascia col
dubbio se sia più incinta la madre degli stupidi o quella degli
ipocriti (e se anche in questi caso gli uteri siano in affitto). Preme
sottolineare che inoltre qui il tema non è il problema morale utero in
affitto sì oppure utero in affitto no, ma se si tratta di un
comportamento politicamente compatibile con l’identità “di sinistra”. A
giudicare da quel che si legge in giro, parrebbe di sì. Naturalmente ci
sono anche voci di sinistra che “dicono qualcosa di sinistra” (volendo
citare una celebre battuta di Nanni Moretti), come questo articolo apparso su Megachip che a sua volta ne riporta altri – nel caso vogliate approfondire l’argomento.


Degli altri temi volentieri tirati in ballo in queste occasioni –
matrimonio gay, adozione gay ed adozione figliastri (perché mai dovrei
dirlo in inglese? bisogna proprio essere scemi…) in unioni gay, eccetera
eccetera, io non ho parlato perché esulano dall’argomento precipuo
“utero in affitto” e aiutano quindi solo a confondere le idee. I temi di
discussione non vanno mescolati, soprattutto a casaccio, altrimenti
ogni speranza di capire i fatti del mondo se ne va fatalmente a puttane.


Ad ogni modo, tutte queste discussioni sono destinate all’oblio. Già vent’anni fa i giapponesi hanno inventato
una tecnica per l’incubazione artificiale extrauterina (EUFI)
testandola sui feti di capra. Prima o poi si arriverà ad una produzione
industriale di uteri artificiali ed il fenomeno dell’utero umano in
affitto scomparirà. Forse, scomparirà anche il fenomeno della gravidanza
intraumana. Quale donna vorrà infatti accettare di deformare il proprio
corpo e subire i tormenti del parto quando ci sarà una macchina in
grado di sostituirla in questa disagevole incombenza? Nella lista di
nozze futura dei vostri figli o nipoti oggi bambini, accanto a lavatrice
e lavastoviglie preparatevi a trovare anche l’incubatrice, con
obsolescenza programmata garantita dopo il secondo bambino.


Roberto Quaglia

3 Marzo 2016

* Roberto Quaglia,
nato nel 1962, è un autore italiano. È un pluripremiato scrittore
di fantascienza, nonché autore di saggi politici e sociologici. Il
suo monumentale libro “IlMito dell”11 settembre“, che affronta gli inganni legati
agli eventi dell”11 settembre 2001, è stato tradotto e già
pubblicato in tre lingue.


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