De Magistris: “Da Napoli nasce la Podemos italiana”

Luigi de Magistris ha incassato il 42% al primo turno e si avvia a trionfare il prossimo 19 giugno. In gioco è anche la nascita di un nuovo schieramento politico.

De Magistris: “Da Napoli nasce la Podemos italiana”
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15 Giugno 2016 - 18.45


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intervista a Luigi De Magistris di Giuseppe Manzo

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Se fino a due anni fa parlavamo di un eterno cantiere, adesso dal primo
piano di Palazzo San Giacomo si vede la nuova piazza che giunge fino al
porto. Lavoro terminato. Forse la metafora migliore per comprendere
cosa sta accadendo a Napoli, unica città dove il ballottaggio non è
affare tra Pd-M5S-Centrodestra. Dato per isolato, sfiduciato e senza
consenso Luigi de Magistris ha incassato il 42% al primo turno e si
avvia a trionfare il prossimo 19 giugno contro lo sfidante Lettieri. In
gioco non è solo la conferma alla carica di primo cittadino. Sul terreno
c’è la partita per la nascita di un nuovo schieramento politico, su cui
sono puntati gli occhi di tutto ciò che è a sinistra del Partito
Democratico. Così l’ex pm sembra essere diventato l’ultima spiaggia per
la costruzione di una cosa rossa: “Faremo la Podemos italiana”, promette.

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“Città ribelle”, “anomalia Napoli”. Luigi de Magistris, come si può trasformare Napoli in un laboratorio politico?


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Napoli è già stata laboratorio politico ed è nato 5 anni fa. Non
dobbiamo dimenticare che è stata la prima città ad esprimere una novità
politica nel 2011. All’epoca non avevamo grandi movimenti internazionali
forti come Podemos e Syriza. E il M5S è esploso successivamente. In
questo lustro il laboratorio è diventato progetto per diventare qualcosa
di diverso. Dopo il 19 giugno, se le cose vanno come devono andare, da
Napoli ci sarà l’espressione di un movimento politico rappresentato
proprio dal popolo napoletano. Un popolo che si è rimboccato le maniche,
ha fatto politica. Si sta facendo avanti una nuova borghesia, ci sono i
centri sociali e i movimenti.


Oltre al riferimento generico di città, questo movimento si trasformerà in un soggetto politico?

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Il processo si decide insieme perché non decido da solo. Sicuramente a
noi manca un’organizzazione che ci dobbiamo dare per un movimento
politico popolare forte. Io lo vedo come un movimento di liberazione. La
nostra politica si è caratterizzata proprio dalla liberazione di pezzi
di città. Organizzazione significa avviare campagne di crowfunding per
le risorse e militanza politica che va oltre lo spontaneismo. Questo
progetto è già oltre i confini di Napoli la cui anomalia e rilevanza
riguarda tutto il Paese. Sarà l’unica città d’Italia che il 19 giugno
può esprimere una novità assoluta. E avviene nonostante contro di me si
siano schierati poteri forti: da una parte Lettieri si è preparato per 5
anni con soldi e forze politiche, dall’altro il Pd sostenuto dal
presidente del Consiglio. Poi bisogna ricordare che contro di me il M5S
ha fatto campagna vera.


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A proposito di Renzi e dei 5
Stelle, lei sta proponendo un “terzo polo” a sinistra che raccoglie chi
non ha rappresentanza nelle istituzioni?


No, è
riduttivo. Non siamo la nuova sinistra o l’avanguardia di una nuova
sinistra. Siamo sicuramente l’esperienza più a sinistra ma noi siamo
altro. Quando parlo di movimento popolare penso che non sia solo il
recinto del centrosinistra. E penso che in questo progetto c’è tanto
popolo. Ma non è la facile etichetta del populismo: in tutti i periodi
storici di rottura e di radicalismo devi avere la capacità e la forza di
aggregare popolo. Un cambiamento o una pratica rivoluzionaria non può
appartenere a una parte.

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Quindi, a livello internazionale, a cosa pensa come modello di confronto?


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Podemos, facendo un confronto con tutte le differenze tra i due Paesi.
Non è un partito come Syriza e nella nostra area io vedo elettori
agnostici, anarchici, 5 stelle, di sinistra, di destra e moderati.
Questa cosa non accade da altre parti. Virginia Raggi, ad esempio, se
vince è per il voto di protesta contro mafia capitale. Anche noi 5 anni
fa trionfammo nell’ottica dello “scassare” e del cambiamento. Oggi si
vince perché è un voto al governo, l’unico voto a chi ha amministrato:
si consolida la rivoluzione governando.


Il modello Napoli che va dai moderati, alcuni di centrodestra, fino ai centri sociali può reggersi anche sul piano nazionale?

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Questa è la novità che mi affascina dell’esperienza napoletana. Detto
con sincerità, non so quanti in questo momento nel paese riescano ad
avere un dialogo vero sia con la borghesia sia con i centri sociali. Non
credo che questa possibilità riguardi solo Napoli, nonostante qui ci
siano energie vitali e politiche che sono avanguardia. Però credo si
possa fare anche altrove, lo vedo dai contatti che ci arrivano da altre
regioni. Poi Napoli può essere il traino di una ribellione complessiva
del Sud, con la voglia di autodeterminazione, senza aspettare l’alleato
che viene da fuori o il rottamatore che non c’è. Renzi governa da tempo
ma la rottamazione non c’è stata, anzi. Se vediamo lo scenario del Pd e
di aree di governo nel Mezzogiorno l’apparato è quello: la coppia
Valente-Verdini è l’immagine plastica di questa campagna elettorale in
cui altro che rottamazione…


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Il referendum di ottobre potrebbe essere il primo banco di prova?


Non lo so. Noi siamo sicuramente già schierati e faremo la nostra
battaglia in difesa della Costituzione repubblicana nata dalla
Resistenza. La partita importante riguarda questa estate, dopo le
Amministrative. Se le cose vanno come devono andare porteremo la
narrazione di Napoli in giro per l’Italia. Dobbiamo far conoscere ciò
che sta accadendo qui e questo potrà avere un effetto moltiplicatore con
la potenza che sa esprimere oggi questa città, diversamente da 5 anni
fa quando la grande novità fu travolta dalle grandi emergenze. Adesso,
invece, abbiamo il timone saldo in mano e siamo in grado di governare
più cose insieme: la città e il progetto politico. Siamo cresciuti,
siamo più numerosi e siamo anche più maturi politicamente.

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A
proposito della narrazione di Napoli veniamo ai fatti cittadini. Il
simbolo dello scontro con Renzi è Bagnoli. In questo secondo mandato
quale sarà il primo atto della prossima Giunta?


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Andiamo avanti per la nostra strada. Noi abbiamo raggiunto un risultato
senza precedenti. Se oggi a Bagnoli si mettono in campo le azioni per la
bonifica è un merito assoluto di questa Amministrazione. Con
l’ordinanza del dicembre 2013 “chi inquina paga” impugnata dal governo
hanno avuto torto in Consiglio di Stato. Noi siamo pronti a dialogare il
giorno dopo come abbiamo sempre fatto, ma non entreremo in cabina di
regia, su cui non cambia la nostra posizione. È un luogo che non
riconosciamo, siamo invece dell’idea che bisogna dialogare su Bagnoli
con la Regione Campania e con l’esecutivo. Noi andiamo avanti sulle
bonifiche e su un piano per il territorio. Ora però siamo molto più
forti e il governo non può tener conto di questo. Del resto il piano che
noi abbiamo presentato è stato ritenuto da tutti molto valido. Se
pensiamo che la decima Municipalità (Bagnoli-Fuorigrotta, ndr) non ha
più un presidente del Pd ma vede un giovane espressione del comitato
Bagnoli Libera è un messaggio chiaro. Non è un messaggio secessionista o
isolazionista, ma significa che siamo qui nel pieno rispetto delle
istituzioni che però difendiamo. La città e il territorio appartengono
ai napoletani: nessuno pensi a colpi di mano ed a espropri perché la
risposta delle urne è stata evidente. Sì al dialogo ma sì al rispetto:
si apra un tavolo serio in cui siede il premier, il sindaco della città e
il presidente della Regione.


Terra dei fuochi. Renzi
viene con De Luca e promette che le ecoballe saranno trasferite entro 3
anni. Su questo terreno che in questi 5 anni ha visto un movimento di
massa su salute e ambiente, cosa farà il sindaco metropolitano?
Collaborerà con il governatore?

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Anche qui tutto ciò
che sta accadendo è un risultato straordinario delle lotte dei comitati,
dei movimenti e delle associazioni. E anche di questa Amministrazione.
Perché con i fatti ha detto basta a discariche e inceneritori impedendo
nuovi impianti in città e in provincia. Abbiamo fatto cambiare il Piano
alla Regione Campania che con Bassolino e Caldoro voleva il
termodistruttore a Napoli. Quindi il nostro progetto sui rifiuti lo
stiamo estendendo in tutta l’area metropolitana a partire dal no a un
nuovo inceneritore e puntando su ecodistretti e impianti di
compostaggio. In questo senso è necessaria la collaborazione con la
Regione che deve prendere atto dell’esistenza della città metropolitana.
E se guardiamo alle due leggi su acqua e rifiuti sono provvedimenti che
ci preoccupano. Ci deve essere il dialogo istituzionale e occorre
lavorare per una razionalizzazione del territorio in cui ci sia una
raccolta differenziata spinta, gli impianti di compostaggio e lo stop
alle discariche.


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A chiudere il tris dei siti napoletani
più inquinati d’Italia c’è Napoli Est. In quell’area la situazione è
simile o peggiore sul piano ambientale a Bagnoli: inchiesta rifiuti
tossici della Q8, espansione dell’area portuale e il mare negato.
Nonostante il malcontento di quei cittadini verso l’Amministrazione lei
ha prevalso in quella Municipalità, anche se di poco. Cosa farà nei
prossimi 5 anni per la ex zona industriale?


Ci sarà
molto da fare. Ma di fronte a siti di interesse nazionale che vedono
principalmente la competenza del governo voglio citare alcune cose
fatte. Per la prima volta inizia la delocalizzazione delle raffinerie,
sia per l’Eni che per la Q8 a cui non abbiamo dato alcuna autorizzazione
per le riconversioni. Abbiamo iniziato un lavoro che mette al centro le
bonifiche ed è un lavoro che deve essere completato. Inoltre, abbiamo
impedito la costruzione dell’inceneritore proprio in quell’area.

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Partendo
dalla periferia est questi sono giorni in cui si spara e si piange un
altro 18enne innocente. Siamo di fronte a un fenomeno criminale nuovo
che vede al centro la questione sociale e giovanile: per questi rioni
abbandonati quale sarà l’obiettivo dell’Amministrazione?


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I prossimi 5 anni saranno decisivi per Napoli sul tema della camorra. A
parte che la sicurezza è di competenza dello Stato, analizziamo ciò che
sta accadendo. Sono finiti in carcere tanti boss delle famiglie
camorriste, negli ultimi anni la città si è schierata con il movimento
UnPopoloInCammino e c’è un’Amministrazione non ambigua sul tema. Ora ci
sono questi gruppi criminali agguerriti e pericolosi per il controllo
della droga. Tutti dobbiamo combattere questo fenomeno per contrastare
altre forme criminali. Ed io sono ottimista perché, sul fronte del
lavoro, il turismo sta dando ossigeno ai giovani dei quartieri popolari.
Ancora, per quanto riguarda l’edilizia abbiamo assegnato le case nel
rione De Meis a Ponticelli e chiuso la demolizione delle Vele a Scampìa,
tranne una che resterà a memoria.


A proposito di
fenomeni criminali: Gomorra sì, Gomorra no. Per lei fa bene raccontare
questa Napoli o è un’immagine distorta? Ha senso questo dibattito?

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Fa bene parlare sempre in modo intellettualmente onesto. Fa bene alla
crescita di una comunità narrare tutto. La libera informazione si fonda
sulla narrazione del fatto e accanto si forma l’opinione: bisogna
raccontare Napoli com’è, compreso l’omicidio di camorra. Però non devi
nascondere che nello stesso luogo accade una rivoluzione culturale. Ad
esempio nel giorno del ricordo di Silvia Ruotolo, la figlia Alessandra
Clemente era seduta accanto al padre di Genny Cesarano e a quello di
Mikol Russo (due vittime innocenti uccise nel 2015, ndr). Quindi su
Gomorra non può esserci un racconto unilaterale del “non cambia mai
niente”: perché se racconti a senso unico diventi fiancheggiatore del
male.


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Ultime domande. Innanzitutto, il bilancio: come
stanno i conti del Comune? Ci sono i rischi denunciati di un default? E
poi: rispetto a questi 5 anni quali sono gli errori principali che ha
commesso?


Sul bilancio ci sono i fatti. Abbiamo
ereditato un disastro e abbiamo fatto un lavoro enorme sul disavanzo. I
conti delle società partecipate sono a posto e le casse del Comune sono
solide, a patto che le mani del timone di questa Amministrazione siano
pulite. Io rassicuro la città al 100% sui conti e finalmente nei
prossimi 5 anni riusciremo a vedere qualche euro di investimento: per
questo qualcuno vuole mettere le mani sulla città. Ripeto: è
fondamentale chi tiene in mano il timone e io ci metto la faccia.

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Sugli errori commessi. Abbiamo pagato l’inesperienza all’inizio e non
hanno funzionato alcune scelte sugli assessorati. Non rifarei
sicuramente una Ztl troppo rigida che ha diviso la città dove il
trasporto pubblico ha ancora problemi. Sul piano politico la scelta
sbagliata fu l’appoggio alla lista di Ingroia nel 2013: era un momento
delicato e il sindaco doveva evitare di scendere in campo. Sono errori
che riguardano la prima metà del mandato.


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Infine,
tornando proprio alla politica. Di fronte ai numeri dell’astensione il
futuro movimento vuole spostare elettori già schierati o vuole
convincere chi non vota più che ci sarà un’alternativa?


L’astensionismo non è sempre lo stesso. Le percentuali sono quelle ma
la tipologia cambia e il 5 giugno ha pesato il voto solo nella giornata
di domenica. Noi ci rivolgiamo a tutti e la sfida è convincere chi ormai
cronicamente è distante dalla partecipazione. Nella nostra città si sta
facendo politica in modo diverso con i comitati, le assemblee popolari e
la liberazione degli spazi. E questa è la città d’Italia dove la
distanza tra rappresentanti e rappresentati è più corta. Questo può
suscitare entusiasmi.

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Le elezioni politiche saranno la prima tappa?


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Il mio primo obiettivo è Napoli. Fare il sindaco e insieme il movimento
attraverso una rete di città, costruire il cambiamento per la prima
volta dal basso. Sarà un movimento molto più potente di una candidatura
per un incarico formale. Consoliderò il miglioramento della vita dei
napoletani e Napoli come simbolo.

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