UK: era un questionario scolastico antimeridionale? Neanche per idea...

La voglia di indignarsi in modo irriflessivo ha fatto prendere a tanti una grande cantonata. Ecco le vere finalità del questionario sulle lingue italiane

UK: era un questionario scolastico antimeridionale? Neanche per idea...
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13 Ottobre 2016 - 22.35


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di Rosario
Dello Iacovo
.

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1.    

Diciamolo
subito in modo da sgomberare il campo da ogni equivoco:

questa polemica sulla direttiva di alcune scuole britanniche che chiedono di
specificare la provenienza ai napoletani e ai siciliani, è semplicemente
grottesca. È ridicolo affermare che sia razzista.
Mi dispiace che ci siano cadute anche persone che stimo, come alcuni
meridionalisti, il sindaco di Napoli De Magistris, lo scrittore Maurizio De
Giovanni (del quale sono un attento ed entusiasta lettore).

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Io credo che avere un account Facebook non
obblighi nessuno a prendere parola su qualsiasi argomento. Se si parla di
fisica quantistica, io al massimo leggo e annuisco, come avrebbe dovuto fare in
questo caso chi non ha competenze linguistiche specifiche.

Perché
gli inglesi chiedono di specificare?
Per una ragione molto
semplice: noi italiani parliamo un
idioma molto diverso a seconda della provenienza geografica
. Anzi, quella
direttiva semplifica troppo, pur nella consapevolezza di alcuni punti che
proverò a spiegare. Quindi gli inglesi specificano per capire come insegnare in maniera più efficace
la loro lingua, partendo proprio dalle caratteristiche fonetiche e fonologiche
del parlante.

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A
cosa si riferiscono i linguisti con “napoletano” e
“siciliano”?
A grandi linee parlano di tutti gli
idiomi diffusi nel sud Italia. La carta dei dialetti d”Italia del Pellegrini
opta per una divisione fra meridionali e meridionali estremi, ma per i primi si
può usare come sinonimo “napoletano” e per i secondi “siciliano”.
Sapete per esempio che il salentino
è definito idioma di tipo siciliano, nonostante il Salento non si trovi in
Sicilia? Sapete che anche il calabrese
centro-meridionale
rientra nella stessa classificazione, anche se la
Calabria non è in Sicilia?

Questo dipende da una serie di fenomeni, come
la presenza delle consonanti
cacuminali
o della schwa, la vocale centrale indistinta, dal sistema vocalico a cinque o tre esiti in
posizione tonica
, dalla presenza o meno della sonorizzazione dopo la consonante nasale.

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Sto parlando arabo? Bene, chiunque non abbia
capito un”acca di quello che sto dicendo farebbe bene a tacere su questa
questione.

E il fatto che gli inglesi chiedano
formalmente scusa non è segno che gli autori della polemica avessero ragione,
ma solo il tradizionale aplomb
britannico che evita di impelagarsi in questioni politicamente spinose.
Soprattutto quando, come in questo caso, l”interlocutore non è nemmeno
minimamente consapevole della complessità e della varietà linguistica del
proprio paese.

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L”inglese è una lingua che tende allo scempiamento consonantico, ovvero,
anche in quelle parole di derivazione latina (che sono la maggioranza in
inglese, nonostante sia una lingua germanica), non troverete mai consonanti
doppie. La pronuncia sarà sempre lieve, in molti casi quando le occlusive sono
intervocaliche, cioè fra due vocali, si verificherà il cosiddetto fenomeno
della sonorizzazione, ovvero il passaggio di P a B, di T a D (o anche un suono
che ricorda vagamente la nostra C), di K a G. Un inglese non dice exit con due
CS, ma piuttosto egsit.

Un settentrionale
non ha alcuna difficoltà a uniformarsi a questo standard, visto che la degeminazione (o scempiamento) e la
sonorizzazione esistono anche nell”italiano parlato al nord.

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Ne avrà invece molte un meridionale perché i
nostri idiomi sono di natura conservativa e mantengono quindi tutte le
consonanti doppie, generatesi in italiano attraverso il meccanismo
dell”assimilazione regressiva.

Ma anche
noi meridionali
abbiamo dei vantaggi.
Provate, per esempio, a spiegare a qualcuno che vive in certe aree del nord che
la O fra P e la L nella parola Police
non è affatto una O, ma una Schwa, una vocale
centrale indistinta
. Beh, avrete sicuramente delle grosse difficoltà, visto
che al nord esistono al massimo le vocali turbate ma non le vocali indistinte.
Invece noi napoletani sappiamo benissimo di cosa si tratta, visto che quasi
tutte le vocali non accentate in napoletano diventano Schwa. Se dite Pateto,
tuo padre, non direte Patt, ma Pat”t” dove il segno grafico (che in realtà in fonetica si rende
con una e capovolta) è appunto una vocale centrale indistinta che evita nessi
consonantici, incontri fra consonanti, estranei al nostro idioma.

E vogliamo parlare del vantaggio naturale che
hanno siciliani, calabresi centromeridionali
e salentini
nel pronunciare parole come Two, Three, Opportunity,
che presentano appunto dei suoni cacuminali esistenti nei dialetti meridionali
estremi?

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Visto che l”Italia è il paese occidentale con la maggiore varietà linguistica, al punto che questa è paragonabile a
quella dell”India che è immensamente più grande e ha un miliardo di abitanti, a
questo serve quella direttiva britannica: a capire dove intervenire per insegnare meglio a un parlante italiano la
lingua inglese.

A un settentrionale andranno spiegate delle
cose, a un meridionale altre, a un siciliano altre ancora.

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È questo il criterio scientifico adottato da un paese che ha molto da insegnare
all”Italia in termini di opportunità, accoglienza e correttezza politica. Ma
voi lo avete scambiato per razzismo,
forse dimenticandovi che i cartelli non si affitta ai meridionali, li avete
trovati a Torino.

Non a Londra o a Manchester.

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2.    

È bastato alzare il velo
sulla questione dell”identità che si
è scatenato un polverone. Ma non è
colpa mia, se un paese fatto in fretta e male e ulteriormente appiattito dalle
politica culturale e linguistica del fascismo, nel nome di un nazionalismo
becero che non aveva ragion d”essere, nega le piccole patrie che lo compongono.

Eppure fino a un secolo e
mezzo fa eravamo tutti cittadini di Stati diversi. Fino a quarant”anni fa gli italofoni, quelli che parlavano in
italiano, erano la minoranza in
questo paese. E non si può dire che oggi gli italiani spicchino per conoscenza
e dimestichezza con la propria lingua.

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Però, l”opposizione fra
italiano come sinonimo di livello culturale più elevato e dialetto come dickensiano mondo
di sotto
dei dannati della terra, resiste.

Peccato che quelli che
chiamiamo dialetti siano lingue a tutti
gli effetti
, esattamente di pari dignità del fiorentino, diventato poi
idioma nazionale. Lo scriveva Dante nel
De vulgari eloquentia, elencando le
più celebri, sette secoli fa.

E noi oggi, a un bambino che
parla in “dialetto” ci limitiamo a dire «parla bene», quando invece
gli idiomi locali dovremmo insegnarli a scuola perché solo una prospettiva
comparativa può far capire a un bambino delle classi popolari napoletane che “puorto” invece che “porto” non è sbagliato, ma
frutto semplicemente di un meccanismo diverso di funzionamento della lingua.

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E vale per tutti gli idiomi
di questa penisola, per tutte le identità che nascondiamo frettolosamente sotto
il tappeto, illudendoci con questo
di essere meno provinciali, ma
riuscendo invece a esserlo al punto che fra gli studiosi più celebri dei nostri
“dialetti” ci sono moltissimi linguisti stranieri.

Io non mi sento denigrato,
se specifico che sono napoletano. Non dovrebbe sentirsi denigrato nemmeno un
milanese, un palermitano, un triestino, perché nelle sue infinite miserie del
presente, questo paese può trovare un elemento di forza proprio nelle sue
piccole patrie, nelle radici.

A patto che non siano
brandite come spade da usare gli uni contro gli altri, ma come diversità che
arricchiscono.

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Anche nei confronti di quei
nuovi italiani che nascono o crescono qui da genitori stranieri, aggiungendo le
loro origini e le loro storie, alla narrazione di questa penisola in mezzo al
Mediterraneo che è sempre stata crocevia
di popoli e culture
.

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