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di Giulietto Chiesa.
Ultima serie di novità sul fronte degli onnipotenti, imbattibili, meravigliosi “hacker russiâ€.
A quanto pare (serie impressionante di “fughe di notizie”) la CIA, l”FBI e chissà quante delle agenzie di spionaggio americane, dispongono di prove, o forse di indizi, o forse soltanto di chiacchiere da salotto (ma non importa visto che “tutto fa brodo” in questa America colabrodo) che dimostrerebbero come anche Donald Trump sarebbe stato spiato nei suoi più intimi ripostigli finanziari, industriali e umani.
S”intende, con tutto ciò, che il presidente eletto dagli americani nel novembre scorso è ricattabile dalla Russia, dagli hacker russi, cioè da Vladimir Putin che li guida come una muta di cani da pastore, alla caccia delle pecore di Washington.
Quindi — si fa capire — non è possibile che rimanga al potere, sempre supponendo che lo si lasci andare al potere il prossimo 20 gennaio.
La cosa più stravagante è che a rivelare queste intercettazioni, spiate, penetrazioni di ogni genere, incluse quelle sessuali, sarebbero stati gli stessi hacker russi. Che sarebbero dunque (volontariamente o involontariamente, questo è ancora da capire) all”origine di una nuova fase della cospirazione: quella consistente nel destabilizzare anche il futuro presidente americano. Ma le “notizie” dei media occidentali diventano, con il passare dei giorni, sempre più evanescenti, fluttuanti, sottili come i fogli di carta su cui sono scritte, o come i sospiri degli anchormen televisivi della CNN.
Chi sarebbero infatti questi misteriosi e fantastici hacker russi, non viene rivelato. Nessuno dei giornali occidentali che oggi bombardano i loro lettori con le ultime “notizie” in merito è in grado anche solo di fare generico riferimento a dati concreti. Naturalmente nessuno riporta le dichiarazioni del portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, che non solo smentiscono, ma ironizzano su una tale campagna fondata sul niente: “In Russia non ci sono dossier su Donald Trump”.
Anche il povero Trump è costretto a una raffica di twitter, che a tratti mostrano segni di una grande irritazione, per non dire di una notevole preoccupazione. “Stiamo vivendo forse nella Germania hitleriana?”
Il riferimento storico non è così peregrino come potrebbe sembrare a prima vista. A otto giorni dalla sua entrata formale in carica, il clima nella Washington che conta è quello da “notte dei lunghi coltelli”. Il capo della CIA, John O. Brennan, anche lui, come Obama, alla vigilia del congedo (essendo ovvio che Trump non lo confermerà nell”attuale posto di comando) dichiara un vero e proprio allarme per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d”America. E, se misurate con il metro delle norme internazionali, le sue parole equivarrebbero a una vera e propria motivazione per una dichiarazione di guerra. Del resto la rivelazione della CNN — basata, si badi bene, su illazioni provenienti da organi dello Stato — su possibili ricatti russi ai danni del Presidente eletto, equivale, in un tale contesto, a comunicare al pubblico americano (e mondiale) che Donald Trump non è idoneo a fare il Presidente degli Stati Uniti.
Siamo di fronte, in ogni caso, a comportamenti di settori delle istituzioni pubbliche americane che superano ormai di gran lunga i limiti della norma e configurano le premesse per un rovesciamento illegale del Presidente eletto dal popolo (seppure sulla base di norme, in vigore dai primordi di quello stato, che appaiono oggi, agli occhi del pubblico internazionale, come quanto meno stravaganti e assai poco democratiche).
Adesso è chiaro che il Presidente degli Stati Uniti non è mai stato eletto dal popolo americano (come si è ripetuto all”infinito), bensì da un collegio di grandi elettori, pensato appositamente fin dall”inizio dall”élite politica del paese, come qualcosa di simile a una recinzione di sicurezza, atta a proteggerla dalla volontà popolare.
Il problema è che, dato lo strapotere statunitense su tutto l”Occidente, la stessa infezione golpista e l”isteria antirussa che promana da settori decisivi dell”élite dell”Impero, stanno trasmettendosi ai gruppi dirigenti europei.
Nelle ultime ore ben due dichiarazioni — l”una del ministro degl”interni francese, l”altra di fonte ufficiale britannica — proclamano l”avvio di analoghe “cacce alle streghe” (l”espressione è di Donald Trump) a Parigi e Londra. Entrambe le capitali europee si apprestano a raddoppiare gli effettivi destinati a combattere una ormai inevitabile cyberguerra con Mosca, annunciando di essere pronte entrambe a reagire a un”aggressione digitale con “armi convenzionali”. Si tratta, come si vede, di uno sconfinamento che riguarda la linea di demarcazione tra la sanità e la pazzia.
Fonte: https://it.sputniknews.com/opinioni/201701123916999-hacker-russi-washington-usa-londra-parigi/
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