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Che Guevara for Sale

Questo è esattamente il capitalismo: potere e negativo del potere, mercato e negativo del mercato, sistema e anti-sistema, purché vendibile, senza limiti. [S. Vero]

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14 Febbraio 2017 - 18.59


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di Sandro Vero

1. Le parabole hanno segnato la nascita e lo sviluppo di intere civiltà: con il loro offrirsi come chiave semplificante di verità altrimenti impraticabili, hanno sempre svolto una funzione molto vicina a quella del mito. Ovviamente nella declinazione classica e non certo in quella spiraliforme e intossicante della contemporaneità.

Proprio del mito e delle sue diverse configurazioni narrative – nell’universo di senso del capitalismo 3.0 – intendiamo proporre una esemplificazione in forma parabolica, nella consapevolezza che tale forma, oggi più che mai, è un potente strumento di “sobillazione” ideologica, una modalità schietta di contrapporsi alla stucchevolezza dei racconti politically correct.

2. Per operare al meglio è indispensabile richiamare preventivamente la concezione del mito di quel grande semiologo e “lettore” di testi che fu Roland Barthes [Roland Barthes, Miti d’oggi, Einaudi, Torino 1994]. Il mito, nella prospettiva barthesiana, è un meta-linguaggio rovesciato, nel senso che rispetto al meta-linguaggio in senso stretto, in esso l’operazione che si compie non è quella di fare slittare un intero codice di senso nel piano di contenuto di un codice più comprensivo, più alto (il meta-linguaggio appunto), bensì quella di associare a un intero codice di senso un significato altro, arbitrario, facendo dunque slittare quello nel piano dell’espressione di un meta-codice. Quest’ultimo è il mito.

Facciamo un esempio: se uso la lingua italiana (codice di senso costituito dalle sue espressioni e dai suoi significati) per parlare della lingua spagnola (ovvero della sua grammatica), quest’ultima è il linguaggio-oggetto (contenuto) della prima, che ha dunque una funzione meta-linguistica. Se invece prendo la lingua spagnola in blocco, con le sue espressioni e i suoi significati, e gli appioppo una connotazione di “passionalità”, sto letteralmente creando un mito nell’accezione di Barthes: lo spagnolo diventa tutto intero la faccia significante del codice mitico il cui contenuto è la passionalità.

3. Eccoci pronti per la nostra “verità” in forma di parabola. Prendiamo le t-shirt con la faccia di Che Guevara stampata sopra. Ragioniamoci un po’ su. La realtà, storica e politica, della figura del rivoluzionario argentino fu capace di istituire un codice di senso in cui ai comportamenti, i portamenti, le posture, gli spazi e i tempi delle sue azioni corrispondevano precisi significati ideali, valoriali, politici in grado di coinvolgere – emotivamente e intellettualmente – intere generazioni dopo di lui. Bene, che cosa fa il mondo del profitto? Prende la storia del Che, la riduce alla sua icona, la stampa su una maglietta e gli appioppa un significato di ribellismo, di puro e semplice ribellismo, che sta alla rivoluzione come il caffè d’orzo alla miscela 100% arabica!

Ora, mettiamo che sorga, spontaneo, un vasto movimento di protesta che rifiuta la logica mercantile che riduce l’icona di Guevara a prodotto vendibile. Mettiamo che tale movimento dilaghi e si renda riconoscibile, immediatamente riconoscibile, grazie alla scelta di un’immagine che riassuma la tensione etica, ideologica che ispira quel rifiuto: mettiamo, una foto dei suoi fondatori, o dei fondatori del sito web che meglio rappresenta il movimento. E così via.

4. A questo punto si sarebbe indotti a pensare questo: dunque il capitalismo dei limiti li ha?!? Sembrerebbe arrivato il punto oltre il quale non si va: qualcuno si organizza per contestare l’uso commerciale della faccia del Che, si organizza al punto di rappresentare un momento di critica – concreta e astratta insieme – al sistema tutto. In altre parole, al sistema capitalistico.

Mettiamo invece, e non per essere pessimisti, che qualcuno abbia la genialata di far girare una foto del gruppo fondatore del movimento – che diremo dell’”anti-uso-della-faccia-del-Che-come–gadget-commerciale” – e che presto, molto presto, abbia anche la genialata di stampare quella foto su una t-shirt, e venderla pure, appioppando all’icona del movimento il significato (vendibile) di “purezza”, coerenza, pulizia.

Il ragionamento può continuare all’infinito, come un loop informatico, in un percorso ad anello, che non si placa, che non si arresta. Questo è esattamente il capitalismo: potere e negativo del potere, mercato e negativo del mercato, sistema e anti-sistema, purché vendibile, senza limiti. Nei centri commerciali in cui solitamente andiamo, avremo l’angolo con le t-shirt marchiate con la faccia del rivoluzionario che, una volta indossate, ci faranno sentire “ribelli” al punto giusto; e avremo l’angolo delle t-shirt, marchiate con la foto dei saggi del movimento che si oppone alle t-shirt marchiate con la faccia del Che, che una volta indossate ci faranno sentire “puri” al punto giusto.

È molto probabile che l’ammontare delle due vendite non sarà devoluto a nessuna campagna per il rispetto dell’ambiente. O forse si, se stampiamo una t-shirt con l’icona della campagna.

(14 febbraio 2017) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.es[/url]

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