di Marcello Foa.
Diciamolo francamente: “La piramide dell’odio” ovvero la Commissione “Jo Cox” su fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo, voluta dalla Boldrini e che ha coinvolto ben 26 persone tra deputati ed esperti a vario titolo, è un falso ideologico. O, detto più, semplicemente un’operazione di bassa e soprattutto pericolosa propaganda.
Sì, pericolosa.
Già il titolo è fuorviante. Le commissioni, quelle serie, espongono le proprie conclusioni alla fine di una dotta e spassionata analisi, in questo caso, invece si urla una denuncia forte e scioccante. Quel titolo “la piramide dell’odio” antepone il giudizio all’analisi, pone sulla difensiva il lettore, lo colpevolizza a prescindere. E’ un’operazione, spinta, di spin a cui un’istituzione come la Camera dei deputati non dovrebbe mai prestarsi, Ma, si sa, con la Boldrini, tutto diventa relativo. Anche i contenuti di un rapporto che ha richiesto un anno di lavori.
Mi aspettavo dati scioccanti su un’Italia intollerante e razzista. E invece esce il quadro di un Paese tollerante. Pensate un po’, il 20% degli italiani pensa che sia disdicevole avere un collega gay. Io lo leggo positivamente: l’80% non ha più pregiudizi omosessuali. Stessa percentuale di chi pensa che gli uomini siano migliori dirigenti o migliori politici delle donne. Non mi scandalizzo affatto per il fatto che il 49,7% ritiene che l’uomo debba provvedere alle necessità economiche della famiglia e questa non può essere considerata una falsa rappresentazione, ma la proiezione di una concezione tradizionale e legittima della famiglia.
La Boldrini e i suoi esperti inorridiscono sapendo che la maggior parte degli interpellati ritiene che quartieri ad alta densità di immigrati favoriscano il terrorismo e la criminalità e che il 65% pensa che i rifugiati siano un peso perché godono di benefits sociali e del lavoro degli abitanti. Ma non sono dato scioccanti, bensì inevitabili quando l’immigrazione diventa incontrollata e supera le soglie fisiologiche e quando riguarda un Paese gravato dalle tasse e con un alto tasso di disoccupazione. Il problema non lo risolvi biasimando gli italiani ma ponendo fine a una situazione fuori controllo e rilanciando l’economia del Paese.
E se l’80% degli italiani esprime un’opinione negativa rispetto ai rom, inclusi dunque molti elettori di sinistra, forse bisognerebbe chiedersi non se gli italiani siano razzisti ma perché i rom – che non sono più i romantici gitani di una volta – accentuino, con la loro violazione delle più elementari regole civili, la diffidenza nei propri confronti.
Questo rapporto è inconsistente ma diventa pericoloso quando propone le misure correttive. Perché emerge la finalità liberticida dell’operazione “boldriniana”. Il vero scopo non è di contrastare un inesistente razzismo ma di mettere a tacere chi non la pensa come vuole lei, chi non si adegua passivamente al politicamente corretto, chi si oppone a sfacciate operazioni di ingegneria sociale. Insomma, chi pensa liberamente diventa un nemico da far tacere.
La Boldrini ci ha già provato cavalcando strumentalmente la polemica sulle Fake news. Ora che la fine della legislatura si avvicina e con essa la fine, mai tanto auspicata, del suo mandato di presidente della Camera, costei sa di non avere più tempo e per questo invoca la censura. E lo fa furbescamente.
Quando “esige l’autoregolazione delle piattaforme al fine di rimuovere l’hate speech online” e invita a “stabilire la responsabilità giuridica sociale dei provider e delle piattaforme di social e a obbligarli a rimuovere con la massima tempestività i contenuti segnalati come lesivi da parte degli utenti“, intende togliere di mezzo i commentatori scomodi demandando a un entità astratta – “gli utenti” – il compito di giudicare chi semina odio e chi no.
Quando propone di “sostenere e promuovere blog e attivisti no hate o testate che promuovono una contronarrazione” compie un’operazione orwelliana, perché si arroga il diritto di stabilire chi detenga la Verità, negando uno degli elementi costitutivi della democrazia: il confronto delle idee.
Ma si supera quando sostiene “l’istituzione di un giurì che garantisca la correttezza dell’informazione“. Ma sì un Miniculpop, il Ministero della Censura, che impedirebbe a voi, cari lettori, di leggere questo blog, o goofynomics di Alberto Bagnai o i tweet di Vladimiro Giacchè o i siti che a destra e a sinistra difendono il diritto a un’interpretazione diversa dalla realtà.
Questi sono propositi inaccettabili in democrazia e fonte di rabbia e di diffidenza. Nei suoi confronti, cara presidente Boldrini. Perché, a ben vedere, la vera propagatrice d’odio è lei. Non noi.