di Pierluigi Fagan.
L’INSOSTENIBILE CONFUSIONE tra STATO e NAZIONE. Un documentario BBC scatena l’inferno sul problema della razza. La questione è molto intricata e sensibile, ne scriviamo perché questa immagine allo specchio, ci aiuta -forse- a capire meglio una trappola confusiva contemporanea.
Il FATTO e il CONTESTO.
Nel documentario c’è un centurione nero, sposato ad un bianca, con figli mulatti. Sappiamo tutti quali e quanti sforzi vengano fatti da alcuni per dare una immagine armonica della possibile convivenza tra etnie diverse. Alcuni lo fanno per senso egalitario del superiore spirito di Umanità, altri per normalizzare quella totale mobilità dei fattori di produzione che oltre a merci e capitali, presuppone anche la mano (o la mente) d’opera.
La reazione critica è quindi duplice. Da parte di chi non se lo sogna nemmeno di convivere alla pari con altre etnie nonché da parte di chi legge il subdolo tentativo di normalizzare cose non del tutto normali solo perché così fa comodo a un certo modo di produzione. Si aggiunge il tweet di Nicholas Taleb, autore del Cigno Nero, pensatore interno all’area della complessità (che è un metodo, non una forma compiuta di ideologia per quanto la scelta dei metodi certo risponde ad un complesso di idee). Taleb muove una critica, diciamo così “critico-scientista” che qualcuno mi ha mosso anche qui tempo fa, gli studi di genealogia genetica tentano di prendere il posto di quelli storico-archeologici?
IMPERO.
Un impero è un soggetto sovrano politico-militare-fiscale che governa una amplissimo territorio. In genere, esso risulta dal movimento bellico di un popolo originario ma quando la superficie dell’impero trascende di vari gradi la fisica possibilità della popolazione originaria di occuparne le articolazioni burocratiche e di potere, si nota spesso un’apertura etnica. Per fare un esempio, i cinesi sono un impero dalla notte dei tempi: se cercate la composizione etnica della Cina, noterete che i cinesi son detti (quasi tutti) di etnia “han” ma “han” non è propriamente un’etnia, è il nome della prima dinastia classica che governò (in realtà la seconda dopo quella che unificò l’impero nel -221) e sta a significare quei cinesi che scrivono (non parlano, scrivono, le lingue parlate in territorio sovrano cinese sono 292) usando i caratteri cinesi, “hanzi”. Certo hanno tutti gli occhi a mandorla (come noi non li abbiamo) ma ci sono miriadi di diverse etnie in senso antropologico e storico nel gradiente che va da Nord e Sud. Oltre agli han, ce ne sono altre 55, e infatti il nome ufficiale che i cinesi danno al loro stato è: Repubblica dei popoli della Cina.
Ossia: Cina (Stato) determina il cinese (Nazione), non il contrario.
Quasi ogni impero durato per un certo tempo, mostra caratteri multi-culturali. Quello che in altre condizioni è il fondamento del potere territoriale, l’etnia, diventa un ostacolo per l’espansione dello stesso potere territoriale e quindi l’etnia non diventa più una variabile ordinativa.
È fuori di ogni dubbio, infine, che l’Impero romano fosse multi-etnico, non ha il minimo senso mettere in discussione questo fatto che è noto a tutti da secoli, quindi da prima che infuriasse la polemica odierna.
MESSA A FUOCO.
Il punto allora qual è? Il punto è che oggi discutiamo di popoli e di mercato, non di Stati. Sono multiculturali i russi quanto gli indiani, gli americani quanto i canadesi e molti altri stati federali. Stato grande, multi-etnico, federale (più o meno): questa è la natura di ogni grande spazio sovrano.
Non si può discutere di popoli e mercato senza discutere di Stati perché va in gioco la sovranità e si finisce col fare una discussione etnico–economica, quando l’ordine naturale della questione è basicamente politico.
È il politico che storicamente ha governato l’equazione popoli–mercato. Far tornare l’equazione vertendo sull’ordine etnico o economico, espone a gli assurdi del dibattito britannico, molto in voga anche da noi.
Prima di scatenarci sulle posizioni in dibattito, occorrerebbe verificarne l’impostazione, molti accettano perimetri di gioco delle opinioni che sono truccate all’origine. Nel dibattito pubblico, il diavolo si nasconde nelle categorie.