di Massimo Mazzucco.
Nel 1935 il filosofo tedesco Walter Benjamin pubblicava il famoso saggio intitolato “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica“. Nel saggio Benjamin teorizzava come l’introduzione delle nuove tecniche di riproduzione di massa (giornali e riviste, fotografia, radio, cinema) avesse profondamente mutato il valore intrinseco dell’opera d’arte, in quanto, con la riproducibilità praticamente infinita, veniva a mancare il rapporto diretto fra il fruitore e l’opera d’arte stessa. Se una volta dovevi andare al museo per vedere la Gioconda – instaurando un rapporto diretto, ed unico in quel momento – fra autore e fruitore, con la riproducibilità infinita l’opera d’arte – secondo Benjamin -“perdeva l’aura” originale di cui era costituita. La stessa cosa valeva per una sinfonia musicale, che perdeva la sua aura di “unicità” nel momento in cui passava dall’esecuzione dal vivo dell’orchestra ad una riproduzione su fonografo.
Per Benjamin non si trattava solo di perdere il “contatto diretto” con l’originale, ma nel momento in cui la riproduzione – fotografica, letteraria o musicale che fosse – veniva fruita in un ambiente diverso da quello originale, era proprio l’unicità stessa dell’evento artistico ad andare perduta.
Sono passati solo 80 anni dal libro di Benjamin, e la situazione è drasticamente cambiata: non solo oggi la fruizione artistica si è frantumata in mille sotto-rivoli della riproduzione originale (basti pensare alla suoneria del telefonino con la Sinfonia n.40 di Mozart, ad esempio), ma la stessa riproduzione della singola opera artistica viene ora frammentata e ricomposta all’infinito da una nuova forma di espressione chiamata Mash-up Art.
Mash-up in inglese significa letteralmente “mescolare, combinare, comprimere, unificare”.
Per Mash-up Art si intende quindi qualunque forma espressiva che risulti dalla combinazione creativa di due o più fonti artistiche separate ed indipendenti. Si spossono mescolare film/video differenti, oppure colonne sonore differenti, oppure addirittura fonti letterarie diverse, creando un prodotto nuovo che non esisteva prima, e che assume istantaneamente una propria dimensione artistica autonoma.
Naturalmente la Mash-up Art poteva nascere solo in seguito ad Internet, ovvero nel momento in cui il soggetto creativo ha a disposizione una sorgente praticamente illimitata di suoni, fotografie ed immagini in movimento.
Da un lato la Mash-up Art demolisce alla radice il concetto stesso di copyright, ovvero di “proprietà” dell’opera d’arte, mentre paradossalmente dall’altro continua a rispettarlo, in quanto la creazione di un prodotto “ibrido” di questo tipo non viola le attuali leggi del copyright, purchè 1) non sia a scopo di lucro, 2) abbia le reali caratteristiche di una “trasformazione”, e 3) non risulti in competizione (cioè “troppo simile”) al prodotto originale.
Una volta tanto le leggi si sono dimostrate all’avanguardia rispetto a quello che succede nel mondo.
Massimo Mazzucco
Di seguito un altro video dello stesso autore, che è anche da tempo un utente di luogocomune (Santjago):
Il blog di BZ Akira Santjago
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