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di Giuseppe Masala.
Ieri sera mi sono soffermato a guardare il programma di Bruno Vespa e come al solito si parlava di economia. Ci sarebbe da fare amare considerazioni sul profluvio di programmi televisivi dove a tutte le ore del giorno e della notte pensosi dotti in materie economiche discettano sul come uscire dalla crisi ormai incancrenita: più le cose peggiorano e più ci tramortiscono con le ricette degli economisti. Ma non è di questo che vi voglio parlare.
La narrazione propagandata era la solita: lo Stato è una famiglia e quando è indebitato bisogna stringere la cinghia per pagare i debiti. Una narrazione semplice ed efficace, chiunque la capisce. Peccato che sia una narrazione che non regge alla prova dei fatti. Basti pensare alla crisi del 2011 quando saltarono in aria l’Irlanda e la Spagna e fu necessario l’intervento del Fondo Salva Stati Europeo per evitare il default conclamato con tutte le conseguenze del caso. Dicevo, una narrazione che non regge alla prova dei fatti: sia la Spagna che l’Irlanda erano due nazioni con un debito pubblico bassissimo e nonostante questo si ritrovarono sul baratro del default. Ma se lo Stato-Famiglia era oculato, ben amministrato e con un basso debito pubblico perché queste due nazioni rischiavano il fallimento? Cosa c’è che la narrazione dello Stato-Famiglia fa finta di non vedere? Semplice, il debito privato e segnatamente quella parte di debito privato facente capo a residenti esteri. Erano questi che in Spagna e in Irlanda creavano problemi. E allora, se si volesse usare la metafora della famiglia per spiegare la situazione economica sarebbe più aderente alla realtà dire: la nazione che è composta da Stato, Famiglie e Imprese deve essere come una famiglia; quando si consuma più di quello che si produce alla lunga sarà costretta ad indebitarsi verso l’estero (i vicini di casa) e/o a vendere loro l’argenteria di casa. Il problema della Nazione-Famiglia è che quando l’Estero (i vicini di casa) bussano per riavere i loro soldi sei nei guai e sei costretto a ridurre i consumi perché non puoi continuare a vivere sopra le tue possibilità. E non ha la minima importanza che ad avere i debiti sia lo Stato (diciamo il padre), le imprese (diciamo la madre) o le famiglie (diciamo i figli). Se l’insieme è in disavanzo ti indebiti fino a quando qualcuno ti fa credito, dopo stringi la cinghia.
Ecco, questo ragionamento mi pare più aderente alla realtà (ci sarebbero altre complicazioni, ma tant’è) ma evidentemente i geni del marketing politico lo trovano troppo complesso e semplificano tagliando la testa al toro e cancellando l’aggregato famiglie e l’aggregato imprese e facendo coincidere lo Stato con la famosa famiglia. Un discorso che, come dicevo, non regge alla prova della realtà ma efficace.
E qui sta il fenomeno importante: è stato imposto un messaggio politico ultrasemplificato, oserei dire, infantilizzato. Ci trattano come dei bambini di seconda elementare e se ne fregano del fatto che avete maturità, lauree, master, dottorati, studi all’estero e tutto quello che vi pare. E sotto quell’aspetto hanno anche ragione: non bastano le medagliette, se poi dimostrate di non avere spirito critico vi meritate (ci meritiamo) di essere trattati come dei babbei o come dei bambini di seconda elementare.
Ecco, a ben pensare, mi pare che questo fenomeno dell’infantilizzazione del messaggio politico sia in realtà molto più generale. Pensiamo al fenomeno delle migrazioni. Il messaggio è semplice: “siamo tutti fratelli, accogliamoci e vogliamoci bene e lottiamo per la Pace nel Mondo” come in uno spot Benetton di Oliviero Toscani. Duecento anni di pensiero sociologico sul duro percorso dell’integrazione buttati nel cesso. Oppure pensiamo al problema delle adozioni alle coppie gay. Pure lì messaggio semplice: dove c’è amore c’è famiglia. Sulla falsariga dello spot della Barilla; “Dove c’è amore c’è casa”. Cento anni di pensiero psicologico buttati nel cesso: Complesso di Edipo e relativa Castrazione cosa siete? Freud e Jung due fessi che hanno passato la vita a scervellarsi quando tutto poteva essere risolto con uno slogan della Barilla.
E infine siamo arrivati al caso più eclatante: quello del cosiddetto cambiamento climatico. In questo caso non solo la ricetta è semplice ma anche il veicolo che ce la propone è infantilizzato: una ragazzetta svedese. Centinai di anni di studi di matematica, statistica, fisica buttati nella spazzatura. E si, perché basta ascoltare Carlo Rubbia (non avrà l’intelligenza di Greta ma insomma, anche lui andrebbe ascoltato) per capire che il tema è estremamente complesso e per nulla pacifico.
Ecco, chiarisco, ho fatto solo degli esempi di infantilizzazione dell’informazione e della proposta politica. Senza voler entrare nel merito. Il mio personale parere è poco rilevante. Ciò che volevo dire è che ormai mentre guardiamo la TV ci trattano come babbei o come bambini delle elementari. Anche questa è qualità della Democrazia.
Tratto da: https://glindifferenti.it/linfantilizzazione-dellinformazione/2535/.