di Pepe Escobar
La data – 11 aprile 2019 – vivrà nell’infamia negli annali dei “valori” occidentali e della “libertà di espressione”. L’immagine è desolata. Un giornalista ed editore ammanettato è stato trascinato fuori con la forza dall’interno di un’ambasciata, mentre stringeva un libro di Gore Vidal [1] sulla storia dello Stato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Il meccanismo è brutale. Il co-fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, è stato arrestato perché gli Stati Uniti lo pretendevano dal governo britannico dei Tory, che per parte sua ha sostenuto di non aver fatto pressione sull’Ecuador per revocare l’asilo ad Assange.
Gli Stati Uniti cancellano magicamente i problemi finanziari dell’Ecuador, ordinando al FMI di rilasciare un provvidenziale prestito di 4,2 miliardi di dollari [2]. Subito dopo, i diplomatici ecuadoriani “invitano” la polizia metropolitana di Londra a entrare nella loro ambasciata per arrestare il loro ospite di lungo termine.
Andiamo al sodo. Julian Assange non è un cittadino statunitense, bensì australiano. WikiLeaks non è un’organizzazione di media basata negli Stati Uniti. Se il governo USA dovesse ottenere che Assange sia estradato, processato e incarcerato, legittimerebbe il suo diritto di perseguire chiunque, comunque, ovunque, in qualsiasi momento.
Chiamatelo l’Uccisione del Giornalismo.
Dammi quella password
Il
caso [3] del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DoJ) contro Assange è fragile nel migliore dei casi. Tutto ha a che fare essenzialmente con la pubblicazione di informazioni classificate nel 2010: 90mila file militari in Afghanistan, 400mila file sull’Iraq e 250mila cablogrammi diplomatici diffusi su gran parte del pianeta.
Assange è accusato di aver aiutato Chelsea Manning, l’ex analista dell’intelligence statunitense, ad ottenere questi documenti. Ma la faccenda diventa più complicata. È anche presumibilmente colpevole di “incoraggiare” Manning a raccogliere più informazioni. Non c’è altro modo di interpretarla. Ciò equivale, senza più alcuna esclusione di colpi, alla criminalizzazione totale della pratica giornalistica.
Per il momento, Assange è accusato di “cospirazione volta a commettere intrusioni informatiche”. L’accusa sostiene che Assange ha aiutato Manning a decifrare una password [4] memorizzata sui computer del Pentagono collegati al Secret Internet Protocol Network (SIPRNet).
Nei registri delle chat del marzo 2010 ottenuti dal governo USA, Manning parla con qualcuno chiamato alternativamente “Ox” e “associazione di stampa”. Il DoJ è convinto che questo interlocutore sia Assange. Ma devono dimostrarlo definitivamente.
Manning e questa persona, presumibilmente Assange, si sono impegnati in “discussioni”. «Durante uno scambio, Manning disse ad Assange che ‘dopo questo upload, è tutto quello che mi è rimasto’. Al che Assange rispose: ‘degli occhi curiosi non sono mai rimasti all’asciutto nel corso della mia esperienza’.»
Tutto questo non regge. I grandi media privati statunitensi pubblicano regolarmente fughe illegali di informazioni classificate. Manning offrì i documenti che aveva già scaricato sia al New York Times che al Washington Post – e fu respinto. Solo allora si avvicinò a Wikileaks.
L’accusa secondo cui Assange abbia cercato di aiutare a decifrare la password di un computer è in giro dal 2010. Il Dipartimento di Giustizia sotto Obama ha rifiutato di avallarla, consapevole di ciò che significherebbe in termini di potenziale messa al bando del giornalismo investigativo.
Non c’è da stupirsi che i media privati statunitensi, spogliati di uno scoop della massima importanza, abbiano successivamente iniziato a denunciare WikiLeaks come agente russo.
L’opzione nucleare
Il grande Daniel “Pentagon Papers” Ellsberg aveva già
avvertito [5] nel 2017: “Obama ha aperto la campagna legale contro la stampa andando alle radici dei rapporti investigativi sulla sicurezza nazionale – le fonti – e Trump andrà dietro agli stessi
raccoglitori/giardinieri (e i loro capi, gli editori). Per cambiare metafora, un’accusa ad Assange è il “primo uso” dell’
opzione nucleare contro la protezione che il Primo Emendamento assicura alla stampa libera.”
Le attuali accuse del Dipartimento di Giustizia – essenzialmente il furto di una password del computer – sono appena l’inizio della valanga. Almeno per ora, la pubblicazione non è un crimine. Eppure, qualora sia estradato, Assange potrebbe essere accusato anche di ulteriori cospirazioni e persino della violazione della Legge sullo Spionaggio del 1917.
Quantunque debba ancora chiedere il consenso di Londra per avanzare ulteriori accuse, al Dipartimento di Giustizia non mancano gli avvocati in grado di applicare sofismi per evocare un crimine dal nulla.
Jennifer Robinson, l’abilissimo avvocato di Assange, ha giustamente sottolineato che il suo arresto è «un problema di libertà di parola” perché “riguarda i modi in cui i giornalisti possono comunicare con le loro fonti.» L’inestimabile Ray McGovern, che conosce una o due cose sulla comunità di spionaggio degli Stati Uniti, ha evocato un requiem del quarto potere [6].
Il contesto completo dell’arresto di Assange viene alla luce una volta esaminato che risulta conseguente al fatto che Chelsea Manning ha trascorso un mese in isolamento in una prigione della Virginia per aver rifiutato di denunciare Assange di fronte a un gran giurì. Non c’è dubbio che la tattica del Dipartimento di Giustizia sia quella di spezzare Manning con ogni mezzo disponibile.
Ecco cosa dice la squadra legale di Manning [7]: «L’atto d’accusa contro Julian Assange, dissigillato oggi, è stato ottenuto un anno prima che Chelsea comparisse davanti al Gran Giurì e si fosse rifiutato di rendere testimonianza. Il fatto che questa incriminazione sia esistita da oltre un anno sottolinea quanto la squadra legale di Chelsea e la stessa Chelsea hanno detto da quando è stata emessa una citazione per comparire di fronte ad un Gran Giurì federale nel distretto orientale della Virginia: che convincere Chelsea a testimoniare avrebbe duplicato le prove già in possesso del Gran Giurì e questo non era necessario affinché gli avvocati statunitensi ottenessero un’accusa contro Assange.»
Gli attacchi dello Stato Profondo
La palla è ora presso un tribunale del Regno Unito. Assange rimarrà indubbiamente in prigione per alcuni mesi per evitare la cauzione mentre procede l’estradizione secondo il dossier statunitense. Il Dipartimento di Giustizia ha verosimilmente discusso con Londra su come un giudice “adatto” possa fornire il risultato desiderato.
Assange è un editore. Di suo non ha fatto trapelare assolutamente nulla. Anche il New York Times e il Guardian hanno pubblicato ciò che Manning aveva scoperto. Collateral Murder [8], tra le decine di migliaia di prove, dovrebbe essere sempre in prima linea nell’intera discussione: si tratta di crimini di guerra commessi in Afghanistan e in Iraq.
Quindi non c’è da meravigliarsi che lo Stato Profondo americano non perdonerà mai Manning e Assange, benché il New York Times, in un altro lampante esempio di due pesi e due misure, potrebbe ottenere un lasciapassare. Il dramma alla fine avrà bisogno di essere chiuso nell’Eastern District della Virginia perché la sicurezza nazionale e l’apparato dell’intelligence hanno lavorato per anni a questa sceneggiatura, a tempo pieno.
In qualità di direttore della CIA, Mike Pompeo è andato dritto al punto: «È tempo di chiamare Wikileaks per quello che è realmente: un servizio di intelligence ostile non statale spesso favorito da attori statali come la Russia.»
Quel che di fatto equivale a una dichiarazione di guerra sottolinea quanto in realtà sia pericoloso Wikileaks, per il solo fatto di aver praticato del giornalismo investigativo.
Le attuali accuse del Dipartimento di Giustizia non hanno assolutamente nulla a che fare con l’ormai demistificato Russiagate. Ma aspettatevi che il successivo calcio politico sia roboante.
Il campo di Trump al momento è diviso. Assange è sia un eroe pop che combatte contro la palude dello Stato Profondo, sia un umile scagnozzo del Cremlino. Allo stesso tempo, Joe Manchin, un senatore democratico del Sud, gioisce, stando agli atti, come un proprietario di una piantagione del diciannovesimo secolo, sul fatto che Assange sia ora “nostra proprietà”. La strategia democratica sarà quella di usare Assange per arrivare a Trump.
E poi c’è l’Unione Europea, di cui alla fine la Gran Bretagna potrebbe non far parte, più tardi piuttosto che più presto. L’Unione Europea sarà molto vigile sul fatto che Assange venga estradato nell’«America di Trump», poiché lo Stato Profondo si assicura che i giornalisti di tutto il mondo abbiano effettivamente il diritto: di rimanere sempre in silenzio.
NOTE
[1] https://www.amazon.com/Vidal-History-National-Security-State-ebook/dp/B00MX4LILG/ref=sr_1_fkmrnull_1?keywords=Gore+Vidal+National+Security+State&qid=1555051053&s=gateway&sr=8-1-fkmrnull
[2] https://www.enca.com/business/imf-approves-42bn-loan-ecuador?fbclid=IwAR2v0anSsnOOkq7WzX_BjrPYRRYTeO6c5HgpvWff8w6aeELSSLYqlFZ_2_E
[3] https://www.justice.gov/usao-edva/pr/wikileaks-founder-charged-computer-hacking-conspiracy
[4] https://www.scribd.com/document/405939212/Assange-Indictment-1#from_embed
[5] http://accuracy.org/release/ellsberg-trump-threats-to-wikileaks-nuclear-option-against-the-first-amendment/?link_id=7&can_id=6703d514d1409e8e4bbf6c69c2b90eff&source=email-assange-arrest-nuclear-option-against-the-first-amendment-interviews-available&email_referrer=email_527086&email_subject=assange-arrest-nuclear-option-against-the-first-amendment-interviews-available
[6] https://consortiumnews.com/2019/04/11/requiem-for-the-fourth-estate/
[7] https://www.newsmax.com/newsfront/chelseamanning-julianassange-indictment/2019/04/11/id/911346/
[8] https://www.youtube.com/watch?v=5rXPrfnU3G0&t=695s
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Articolo originale di Pepe Escobar:
https://www.asiatimes.com/2019/04/article/you-have-the-right-to-always-remain-silent/
Traduzione – che riceviamo e volentieri pubblichiamo – a cura di Costantino Ceoldo (Pravda freelance), con alcuni adattamenti per Megachip a cura di Matzu Yagi.