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Reti sociali? Semmai ‘Lavoro Volontario Generato dagli Utenti’.

La struttura gerarchica e sfruttatrice feudale rivive nella neo-Rete vassalla dell’epoca digitale, a dispetto di qualsiasi Costituzione e Statuto dei Lavoratori. Noi, miliardi di nuovi sfruttati

Reti sociali? Semmai ‘Lavoro Volontario Generato dagli Utenti’.
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10 Maggio 2019 - 21.12


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di Glauco Benigni
 
L’epoca dell’UGW – User Generated Work
 
La struttura gerarchica e sfruttatrice dell’epoca feudale rivive oggi nella neo-rete vassalla dell’epoca digitale, a dispetto di qualsiasi Costituzione e Statuto dei Lavoratori. 
La scena è quella che segue.
Da una sua postazione fissa o mobile, un giorno Mr.X apre un account su Youtube o Facebook o altra Comunità digitale e comincia gratuitamente “a caricare contenuti”. (In Italia esistono 50 milioni di account). L’algido server remoto del Social network accoglie i nuovi contenuti nell’infinito silenzio dei suoi terabytes, così come il feudatario ammassava nei suoi magazzini i prodotti del  lavoro anonimo dei servi della gleba giunti a lui attraverso la mediazione dei vassalli. Allo stesso modo in cui, in passato, il Dominus considerava gli abitanti del suo territorio quali “sudditi-posseduti”, oggi il nuovo “Dominus” considera il neo-lavoratore digitale “un proprio utente”.
In quanto tale, lo ingabbia nei suoi “termini e condizioni d’uso”, lo forza a sottoscrivere ” I accept” pena l’esclusione,  si appropria dei suoi diritti d’Autore e comincia a monitorare le sue attività e i suoi dati. Quelli socioanagrafici e quelli relativi a scelte, gusti, relazioni privilegiate, li vende ai centri ricerca dell’International Advertising Association (cartello multinazionale dei pubblicitari operante sin dal 1938); quelli relativi al consenso o dissenso politico li passa ai Servizi Segreti USA  in ottemperanza al Patriot Act voluto da Bush Jr.. Mentre invece tiene per sé le informazioni (di quantità) fornite dal counter.
Il counter (questo sconosciuto) è uno dei più potenti strumenti del Dominus dell’epoca moderna. Uno strumento che gli consente di monetizzare e gestire a proprio favore la stagione feudataria digitale.
Il counter aggiorna i vassalli, ovvero i proprietari del Social network: “C’è un utente che cresce!. Cominciate gli inserimenti leggeri di pubblicità”. L’utente vede che nella sua pagina FB e/o nei suoi videoclips o nel suo blog cominciamo a comparire inserzioni pubblicitarie. Sogna il miracolo del riconoscimento del proprio “orto digitale” che crede ingenuamente di “possedere”. Ma non è un miracolo: è la Rete! E’ la rete che lo ha “pescato”.
In realtà l’utente non possiede il proprio “orto digitale”; gli è solo concesso di lavorarci gratuitamente ed eventualmente chiedere “donazioni” ai suoi simili, fin quando i suoi contenuti non disturbano gli inserzionisti pubblicitari o il Dominus stesso, che a quel punto sospende o chiude l’account unilateralmente.
 
Forse non ci avete mai pensato ma… ogni volta che noi accediamo alla Rete Internet, da tastiera o da smart phone,  noi LAVORIAMO anche per qualche Soggetto più o meno occulto: costruttori di devices digitali, produttori di software, società telefoniche, pubblicitari e aziende da loro promosse, Servizi Segreti, Uffici Stampa Politici, etc…
 
Molto abilmente, con degli strumenti efficaci e invisibili, non più con azioni  “costrittive” ma piuttosto grazie alla seduzione, un certo numero di esseri umani si sono impadroniti della creatività, ridotta a merce, di un paio di miliardi di persone nel Pianeta Terra. Costoro, forse extraterrestri con sangue blu, comunque “sociopatici”, o semplicemente Capitalisti Liberisti privi di alcuna empatia nei confronti degli sfruttati,   si raggruppano in Consigli di Amministrazione (boards) di Società aventi sigle accattivanti e ben promosse; e dopo aver attratto con false promesse di libertà i loro “utenti”,  si sono appropriati della nostra facoltà di produrre contenuti e dei nostri “corpi digitali” costituiti dai Big Data che ci riguardano sin nei più intimi dettagli.
Quindi oggi ci “tengono alla macina”: ci usano, ci ammassano sin dalla più tenera età di fronte agli schermi dei PC e degli smart phones, ci organizzano in Comunità di ogni genere e natura, ci vendono e comprano come “audience” in un mercato privo di regole, ci scagliano gli uni contro gli altri o contro i loro antagonisti nel corso delle loro guerre private, ci attribuiscono la responsabilità di fake news quando certe verità diventano troppo scomode per le élites.
Questa aspetto apocalittico, destinato tragicamente ad esaltarsi con l’avvento del 5G, è un pezzo rilevante della grande scena in cui ci muoviamo che viene  definita in vari modi: Rivoluzione Digitale, IV Rivoluzione, Transumanesimo, Cyber Era e così via.
Tutto ciò è successo, in massima parte, grazie allo sfruttamento intensivo di un concetto, definito  all’origine (prima con la nascita dei motori di ricerca e poi dei Social Network) User Generated Content o WEB 2.0, cioè interattivo e partecipativo.
 
Note:
Content = Le grandi “famiglie” di Content (Contenuti) sono => testo alfanumerico, audio-voce-musica, foto- still frame, audiovisual o immagini in movimento, grafica – cartoons 2D e 3D
UGC = User Generated Content, è un particolare tipo di Contenuti che viene prodotto dagli Utenti di un medium attivo in Rete – invece che dalla proprietà (redazione) del medium stesso- e viene reso fruibile da altri utenti grazie a pratiche di diffusione, prevalentemente gratuite, che utilizzano quale risorsa dominante la Pubblicità (Advertised Supported)
Si definiscono UGM (User Generated Media): i Blog, i Social network, le Community e, al dunque, i mercati di compravendita e scambi nei quai i beni e i servizi sono forniti dagli stessi utenti (es: E-Bay, Porta Portese, AirB&B, etc…)  
 
Ora state attenti! Per produrre UGC e renderlo visibile si richiede di armonizzare alcune attività, cioè si richiede Lavoro volontario in cambio di Visibilità, Autopromozione e Libertà di espressione.
Questo mai considerato Lavoro volontario è costituito da una serie di attività:   
1) Scelta, acquisto e capacità d’uso e manutenzione degli strumenti di produzione (devices digitali);
2) Manifestazione di creatività, sia essa jurassica o talentuosa, e gestione organizzata di capitale umano (singoli o gruppi);
3) Acquisizione di informazioni e pratiche che consentono facoltà di accesso alle reti di distribuzione e diffusione.
L’ossequio generalizzato, ma miope, al concetto dinamico di “Libertà di parola, espressione e manifestazione” è menzionabile e giustificabile però solo se si verifica, per l’utente, l’equilibrio vantaggioso delle attività menzionate nella triade. Cioè: successo e remunerazione in progress.
Ma tale “equilibrio vantaggioso” non c’è quasi mai.
Nei casi in cui si verifica il successo/consenso, a quelle attività di base (lavoro), bisogna inoltre aggiungere:
a) misurazione del numero dei contatti ottenuti, degli effetti e del gradimento
b) raggiungimento della sostenibilità economica e conseguimento di eventuali profitti
c) ottemperanza alle norme dominanti sul territorio e alle norme “dittatoriali” dello UGM.
I due acronimi: UGC (User Generated Content) e UGM (User Generated Media) sono la definizione inglese di concetti già ben noti all’industria dei giornali e della radio da diversi decenni. Contrariamente a ciò che si può pensare infatti, non sono stati inventati per il web o dal web, ma dalla stampa di massa.
Basti pensare alle Lettere al Direttore, che sono senza dubbio “Contenuto Generato dagli Utenti”, per datare il concetto agli anni 30 del secolo scorso. Ma soprattutto basta riflettere per un attimo su pubblicazioni quali Porta Portese a Roma o Exchange and Mars a Londra o simili, per capire che molti media, anche importanti e di massa, hanno costruito il loro successo grazie a contenuti inviati alle redazioni dai loro lettori-utenti e grazie al fatto che in tal modo si veniva a creare una “comunità” più o meno consapevole, i cui membri mostravano stili di vita, valori, aspettative e interessi simili.
Nella scena dei Contenuti-audio, grazie al telefono fisso, il fenomeno UGC in Italia ebbe una certa risonanza negli anni 70 con il programma radiofonico “Chiamate Roma 3131”. Poi, grazie alle radio FM commerciali o politicizzate (Bologna 1977) si cominciò a valutare seriamente l’ipotesi dell’interattività tra Produttore e Utente di Contenuti e dunque il dibattito sulla nascita dei primi Prosumers.
I primi esperimenti “telematici” (su rete telefonica) si registrano, grazie al Videotel (1985), soprattutto in Francia; mentre nei primi anni 90 alcune trasmissioni tv accolgono commenti di utenti inoltrati via fax alle loro redazioni e il movimento studentesco “la Pantera” diventa la prima fax Community in Italia. Con l’avvento del telefono cellulare debutta infine lo UGC in mobilità costituito all’inizio solo da voce e verso la fine degli anni 90 anche da SMS.
Nel caso di tutti gli operatori nel web che hanno tra i loro obiettivi anche quello di costruire Comunità, ovviamente il grado di complessità e fiducia del rapporto utente-editore-utente è molto più alto, ma in definitiva l’architettura di base è rimasta quella originale.
In estrema sintesi: un Editore mette una porzione del proprio Medium a disposizione – sia esso giornale o radio o tv o sito web – dei suoi utenti – fruitori – inserzionisti – clienti – ascoltatori – spettatori – consumatori – bloggers vloggers; e Costoro, da lui sollecitati inviano in qualche modo i contenuti: a mezzo posta, fax, telefono, webcam, Sms o email. L’Editore li impagina, eventualmente edita, registra, comunque li ospita nel suo medium che rende, attraverso procedure industriali e commerciali, accessibile, visibile o circolante e attende sereno che i suoi utenti lo comprino, lo leggano, lo ascoltino, lo guardino, lo sottopongano ad altrui attenzione, sostenendo in tal modo il suo sforzo di Editore e il raggiungimento dei suoi obiettivi di massima distribuzione e diffusione del proprio Medium.
Grazie alle tecnologie Internet e “Internet based” l’arcaico, talvolta lento processo dell’accumulo e sfruttamento di UGC, è stato accelerato all’inverosimile. Al punto da rendere il Contenuto prodotto dagli utenti disponibile alla fruizione in un tempo che tende sempre più a zero (vedi web live streaming). La grande “innovazione” è, tra le altre, il fatto che il Content  prodotto e “caricato” in rete da un utente, nella quasi totalità dei casi, resta e appare integro, non rieditato o tagliato, salvo divieti di inserimento e rimozioni motivate da conflitti con l’Etica dei Padroni dei Motori di Ricerca, siti vari e/o Fondatori delle Comunità stesse (esempio: esclusione di materiale che incita alla rivolta, pedo-pornografico, violento, blasfemo e osceno) o dalle norme vigenti in materia.
 
Questa lunga ma inevitabile premessa è utile per giungere ad alcune prime conclusioni:
– centinaia di milioni di umani nel mondo producono ogni giorno in rete, grazie al loro lavoro volontario, beni culturali, invenzioni e servizi
– i Padroni degli UGM- Social Network si appropriano di tali beni e servizi, li impacchettano (editano) in forma di merce digitale fruibile e veicolano la loro circolazione e il loro scambio, traendone ampi profitti grazie alle inserzioni pubblicitarie. Tale pratica inoltre agisce quale “leva strategica” sull’organizzazione di stili di vita e di consumi.  
– molto spesso, specialmente in quei territori dove le Borse operano al meglio, questi Padroni collocano nel mercato azionario le loro aziende (che non esisterebbero se non ci fosse il lavoro volontario degli Utenti) e sollecitano gli stessi Utenti a comprare le azioni con enormi vantaggi che incrementano la propria capitalizzazione. Google – Youtube, Facebook, EBay sono stati gli alfieri maggiori di questa pratica
– Ciò che è stato definito UGC è il prodotto di quello che invece dovrebbe essere noto come UGW-  User Generated WORK, cioè Lavoro Volontario Generato dagli Utenti.
– Questa sterminata massa di Utenti costituisce un polo/area della triade che dovrebbe “dialogare”, con i Governi e le Aziende,  per giungere alla formulazione della Governance Globale di Internet. In questo caso, secondo la visione ormai dominante del Multi Stakeholder System, assume la definizione di Società Civile,  uno dei 3 maggiori stakeholder (portatori di interesse). Si dà il caso però che la Società Civile non sa nemmeno di essere uno stakeholder, pertanto è priva di rappresentanze che siano in grado di esprimere una difesa negoziale del proprio lavoro volontario e – cosa ancora più terribile – è stata confusa con e rappresentata da un certo numero di ONG – Organizzazioni Non Governative – che sono state finanziate occultamente per usurpare quel ruolo.
– Qui la scena diventa aggrovigliata e sterminata. C’è comunque da aggiungere che i cosiddetti Utenti-Prosumer, tanto esaltati dai Social Network,  sono anche Elettori, Consumatori, Produttori di Contenuti e Servizi in Rete, Fruitori di Pubblicità che viene inserita nei loro stessi Contenuti… tutti insieme costituiscono la Società Civile, ma come accennato non hanno Rappresentanze nel mondo digitale e pertanto non sono in grado di negoziare il loro Lavoro in rete, che rimane assurdamente Volontario e quasi sempre privo di alcuna remunerazione.
E’ una situazione che 30 anni fa nessuno avrebbe mai potuto immaginare, un feudalesimo digitale che configura uno sfruttamento intensivo e continuato di una grande porzione degli e – workers e si autoperpetua nel silenzio dei politici e degli economisti,  anche i più avveduti e in vario modo antagonisti del liberismo capitalista. Come mai siamo giunti a questo punto?        

 
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