di Alessandro Bagnato.
Dopo essersi prestate negli ultimi tre anni a operazioni di propaganda, depistaggio e mistificazione, la credibilità di molte delle istituzioni medico-scientifiche è ai minimi termini. Sui temi legati al Covid e alle campagne di inoculazione hanno voluto, o dovuto, seguire strade che con la scienza non hanno nulla a che fare, ed è probabile che per lungo tempo la loro reputazione ne pagherà le conseguenze.
L’ultimo episodio riguarda la CDC statunitense. Avevamo qualche tempo fa raccontato che, nonostante l’obbligo derivante dalla normativa sull’accesso agli atti (cd. FOIA), l’istituto si era rifiutato di rivelare i dati sulle reazioni avverse segnalate al sistema di sorveglianza attiva V-SAFE. Quando poi un giudice l’aveva costretto a farlo, si era disegnato un quadro incredibile. Era emerso, tra le altre preoccupanti evidenze, che oltre il 7% dei 10 milioni di americani monitorati, circa 750.000 persone, avevano avuto bisogno di cure mediche dopo l’inoculazione delle sostanze m-RNA. Per la gran parte si era trattato di cure urgenti, compresi, compresi interventi di pronto soccorso o ricoveri.
Sappiamo ora che CDC ha tenuto il medesimo comportamento ostruzionistico in occasione di un’altra richiesta di accesso agli atti, riguardante i cosiddetti “safety signals” ricavati dalle segnalazioni di reazioni avverse al VAERS. Cosa sono? Detto in termini semplici e un po’ approssimativi, un algoritmo consente di individuare, dall’insieme delle segnalazioni, i problemi di salute più probabilmente collegati alla sostanza monitorata. Questi segnali d’allarme vengono poi ulteriormente verificati al fine di intervenire ove si confermasse la pericolosità del prodotto.
Anche questa volta c’è voluto l’intervento del giudice per costringere CDC a rivelare i dati. E anche questa volta non è difficile comprendere perché l’istituto preferisse tenere queste informazioni nascoste. I documenti infatti mostrano che:
– l’istituto ha avviato la verifica dei “safety signals” solo a marzo 2022, lasciando passare più di un anno dall’avvio della campagna vaccinale;
– l’attività è iniziata esattamente due giorni dopo la richiesta di accesso agli atti;
– sono emersi ben 770 segnali di allarme per altrettante patologie/reazioni avverse, 500 di questi avevano indici di rilevanza superiore anche a quello delle miocarditi;
– tra i segnali di allarme emersi, vi era l’eccessivo numero di reazioni gravi e di decessi.
Non uno o due segnali d’allarme, ma settecento. Settecento patologie potenzialmente indotte dalle terapie a m-Rna costituisce un numero gigantesco, e prova che, almeno da marzo 2022, CDC aveva in mano elementi che suggerivano che queste sostanze geniche mostrano una pericolosità probabilmente senza precedenti nella storia medica. Ciò nonostante, l’ente ha continuato per tutto questo tempo a dichiarare che si tratta di sostanze assolutamente sicure e ne ha anzi via via autorizzato ulteriori dosi, allargando progressivamente la platea dei riceventi fino ai bambini di sei mesi.
Il comportamento risulta di una gravità inaudita, tanto più che ci troviamo di fronte a sostanze medicinali mai sperimentate prima sull’uomo e i cui trials sono di fatto consistiti nella stessa somministrazione a tappeto sulla popolazione. Era doveroso dal punto di vista morale, prima ancora che giuridico, aspettarsi un controllo sulla sicurezza più rigoroso che mai. Non c’è stato, e ancora non c’è.
Al link seguente potete trovare informazioni più di dettaglio sulla vicenda.
In Italia AIFA non è stata da meno, disattendendo di fatto gli obblighi di monitoraggio addizionale richiesto per i medicinali sottoposti a speciali condizioni autorizzative, come appunto queste sostanze a m-RNA. Un’attenzione particolare alla sicurezza era stata espressamente chiesta anche dal Comitato Nazionale di Bioetica il quale scriveva nel novembre 2020:
“Va predisposto anche un monitoraggio costante ad hoc di eventuali effetti avversi, data sia la novità del vaccino (alcuni vaccini a RNA o DNA rappresentano una nuova modalità nella metodologia vaccinale), sia la quantità delle dosi somministrate.”
https://bioetica.governo.it/media/4115/p140_2020_vaccini-e-covid19_it.pdf
Eppure si è scelto di monitorare le reazioni avverse con il sistema notoriamente inefficace della sorveglianza passiva, e si è arrivati persino a scoraggiare i medici dal segnalarle. L’indicazione è arrivata dallo stesso governo, il cui sottosegretario alla Salute, Costa, “dimenticandosi” che i medici sono obbligati per legge a segnalare ogni tipo di reazione avversa, ha rilasciato un’intervista nella quale li invitava a riportare solo quelle che a loro giudizio erano correlate.
Con queste premesse può forse sorprendere che le segnalazioni di effetti avversi siano crollate proprio da aprile 2021, quando con l’obbligo vaccinale dei sanitari e i sempre più espliciti inviti ad adeguarsi alla narrativa, la pressione sulla classe medica ha cominciato a diventare opprimente? A un esame approfondito dei dati AIFA, risultano proprio le segnalazioni dei sanitari ad essersi da allora drasticamente ridotte. Costituivano nei primi mesi l’85% del totale (vedi prima figura, marzo 2021) mentre oggi lo stesso grafico ci restituisce per il totale delle segnalazioni ricevute da gennaio 2021 a settembre 2022 il 62% (seconda figura). Essendo il 62% una media dell’intero periodo dei due anni, e sapendo che nei primi mesi la percentuale era dell’85%, è facile presumere che il trend attuale sia ben sotto il 50%. Si arriva così all’assurdo di un data base sanitario implementato più dai semplici cittadini che dai medici stessi, che pur, ripetiamolo, sarebbero obbligati per legge a procedere.
Ma poiché, nonostante questi tentativi di insabbiamento, i data base scoppiano ugualmente di segnalazioni, le autorità finiscono poi per ricorrere a ingiustificabili minimizzazioni nella presentazione dei dati. Lo fa abitualmente AIFA nei suoi report ma un po’ tutti nel mondo occidentale. L’articolo di cui al link seguente si chiede stupito come può il MHRA inglese dire che la stragrande maggioranza delle reazioni segnalate sono lievi o lievissime quando circa il 70% dei report indicano almeno una reazione classificata come grave.
La totale débacle delle istituzioni scientifiche risulta più comprensibile ove si ricordi che la stessa OMS è di fatto una società semi-privata posseduta dalla famiglia Gates, la stessa che ha investimenti miliardari in industrie farmaceutiche, e che Ema è finanziata all’85% dalle stesse case farmaceutiche che producono i farmaci di cui l’agenzia autorizza la messa in commercio. CDC, FDA e le altre autorità regolatorie nazionali, in Italia AIFA e ISS, sono invece enti posti all’interno di ministeri e strutture governative, e sono spesso diretti e composti da esponenti che hanno più a che fare con la politica che con la scienza. La voce di questi enti è quindi, appunto, quella della politica e del business, nascosta nemmeno troppo bene dietro la foglia di fico di argomentazioni pseudo-scientifiche usate solo a benefico delle masse.
La perdita di credibilità di queste istituzioni si iscrive alla perfezione nel generale processo di strumentalizzazione della scienza a cui abbiamo assistito in questi tre anni, finalizzato alla costruzione di una narrativa pandemico/vaccinista cui è stato richiesto di aderire in maniera fideistica senza preoccuparsi della sua aderenza alla realtà.
Ci si è avvalsi anche di operazioni al limite del grottesco, come la costruzione di finte ricerche scientifiche volte esclusivamente a fornire slogan alla narrativa, come quella del clamoroso caso Palmer.
O come quella secondo cui le terapie geniche anti-Covid avrebbero salvato venti milioni di vite, studio pesantemente viziato da incongruenze che rimarrebbero incomprensibili se non si sapesse che gli autori sono tra coloro che hanno lavorato con l’OMS a disegnare la campagna vaccinale e che uno di essi fa parte addirittura del board di Moderna. Per non parlare della ricerca dell’Imperial College sull’importanza dei lockdown, poi totalmente smentita, e di quella che bocciava l’idrossiclorochina, talmente farlocca che Lancet ha poi dovuto ritirarla, non prima però che la sua pubblicazione avesse gettato un definitivo discredito su un farmaco che molti hanno considerato importante per curare il Covid.
Il pensiero unico vaccinista è stato garantito a monte da una grandiosa operazione di censura del dibattito scientifico sui social, che hanno agito su diktat provenienti dai servizi di intelligence e dal governo USA ora rivelati dai Twitter files. L’ultima rivelazione pubblicata è che a questa operazione ha partecipato anche direttamente la Pfizer, che ha chiesto più volte di censurare ricerche e opinioni mediche che potevano ostacolare il proprio business vaccinale, tra cui quelle che confermavano che l’immunità naturale protegge ben più delle vaccinazioni.
La censura su internet si è largamente avvalsa dell’attività dei cosiddetti siti di fact-checking, spesso creati ad hoc in diretta connessione con enti internazionali pesantemente condizionati o finanziati dagli stessi apparati dell’intelligence, nonché dai social e dalle stesse industrie farmaceutiche. Un ruolo chiave ha avuto ad esempio Newsguard, organismo che ha tra i suoi consiglieri alti esponenti della CIA e delle quale potete trovare informazioni interessanti nell’articolo di cui al link che segue.
Da Newsguard, Open recentemente vantava di aver ricevuto il premio per l’attendibilità della sua informazione (!). Una prova, più che di questa qualità, degli stretti legami esistenti tra queste due e realtà e altre simili.
Se la rete rimane comunque un ambiente non controllabile al 100%, un discorso diverso vale per l’informazione mainstream. Molte televisioni dei paesi occidentali sono pubbliche o comunque sotto il controllo dei governi. Ma, ancora più importante, i flussi informativi originano a livello internazionale quasi completamente da tre grandi agenzie di comunicazione: Associated Press, France Press e Reuters, che hanno di fatto il monopolio dell’informazione mondiale e determinano a cascata tutta la catena informativa generalista, dai grandi giornali alle TV alle agenzie di stampa nazionali. Se vi siete mai chiesti perché le prime pagine dei giornali riportino tutte le stesse notizie, con un’uniformità che spesso riguarda anche quelle minori, forse ora avrete più chiara la risposta. L’informazione mainstream è una piramide, controllando/ influenzando lo stretto vertice si controlla il resto.
A queste operazioni, finalizzate alla creazione di una narrazione di sistema e proprio per loro natura indirette e nascoste, si è affiancata un’azione più diretta e aggressiva di intimidazione e persecuzione dei medici e degli scienziati che alla narrativa non si sono allineati. Sono stati silenziati sui social, screditati nelle televisioni, esclusi dalle università, a volte perfino radiati dagli albi professionali. Mette i brividi pensare che un recente provvedimento legislativo dello stato della California impedisce dal 1 gennaio 2023 ai medici, pena la radiazione, di sostenere opinioni divergenti in merito ai prodotti genici anti-Covid. Non stiamo parlando né della Cina, né della Russia, né dell’Arabia Saudita. Ma degli Stati Uniti, mondo occidentale (ex)-libero.
In questo quadro così desolante per il pensiero critico e la libertà, dobbiamo allora dare onore a quei pochi che lo meritano, tra i quali quell’Euromomo che era sembrato qualche settimana fa volesse invece accodarsi all’andazzo. Dai suoi dati erano infatti improvvisamente spariti centinaia di migliaia di decessi negli ultimi tre anni, abbassando in maniera drastica quell’incredibile eccesso di mortalità 2021e 2022 che è la cartina di tornasole più evidente dell’azione nefasta dei sieri Covid.
Ne avevo scritto in un recente articolo, a commento del quale un lettore mi segnalava che i dati natalizi dell’istituto non consideravano alcuni Stati. I paesi che forniscono i dati a Euromomo sono 24, alcuni dei quali tramite istituti regionali, ma non tutti procedono con regolarità ed è quindi la norma che le elaborazioni dell’agenzia non siano sempre rappresentativi del 100% delle nazioni aderenti. In questo caso però tra i paesi mancanti vi erano UK e Germania. Era possibile, mi chiedeva, data la loro popolazione, spiegare l’anomalia sulla base di questo elemento?
In realtà i dati Euromomo risultavano anomali da qualche settimana prima di quella di Natale. Inoltre, incrociandoli con quelli forniti da OCSE, non sembrava che quei soli paesi potessero giustificare tutta la differenza. Mi ero quindi ripromesso di attendere le nuove pubblicazioni dell’istituto per una verifica più approfondita.
I grafici della nuova pubblicazione indica ora tra i 300.000 e i 350.000 decessi in più dell’atteso sia nel 2021 che nel 2022.
Sono molti di più di quelli indicati dal grafico precedente ma ancora molti meno di quelli più vecchi, che riportavano ad esempio il 2021 circa 380.000 decessi in più, a fronte dei 310.000 segnati ora.
Va però considerato che in quest’ultimo rilascio mancano i dati di Italia, Paesi Bassi, Ungheria, Norvegia e Scozia, che secondo OCSE rappresentano tutti insieme circa il 20% del totale dei numeri di Euromomo. Aggiungendoli, la curva del 2021 tornerebbe poco sotto i 400.000, mentre quella del 2022 raggiungerebbe i 430.000, facendo pertanto tornare i conti e consentendo di considerare confermata l’affidabilità dell’istituto europeo. La situazione andrà comunque monitorata attentamente, possiamo immaginare che anche nei confronti di Euromomo esistano importanti pressioni per un addomesticamento di dati estremamente scomodi. Saprà l’istituto mantenersi integro?
E’ anche opportuno segnalare, volendo are uno sguardo d’insieme all’intero continente europeo, che Euromomo non raccoglie i dati della quasi totalità degli Stati dell’est. Alcuni di questi li forniscono però a OCSE, che ci indica per loro nel 2022 un totale di 55.000 decessi in eccesso, 45.000 dei quali riferiti alla sola Polonia. L’eccesso di mortalità europeo dell’ultimo anno salirebbe così da 430.000 a 485.000.
Per i paesi europei che non forniscono i dati nemmeno a OCSE possiamo fare riferimento al data base Human Mortality, utilizzato da Our World in Data. Considerando soltanto i paesi più popolosi, Romania, Bulgaria, Serbia e Croazia, ricaviamo un eccesso di mortalità di quasi 40.0000 unità, che portano così a un totale di 520.000 morti in eccesso sul continente europeo.
Arriviamo in questo modo a calcolare che nel 2022 in Europa (Russia esclusa) sono morte oltre mezzo milione di persone in più dell’atteso, e poiché i grafici di Euromomo ci dicono che il fenomeno ha avuto portata sostanzialmente analoga nel 2021, possiamo concludere che nei due anni vaccinali in Europa si sono registrati circa un milione di morti in eccesso.
E’ una cifra spaventosa. La rende ancora più spaventosa il fatto che, come abbiamo illustrato in più occasioni, una serie di elementi concordanti fanno ritenere che queste morti abbiano poco a che fare sia con il Covid sia con le mancate cure dovute alla crisi dei sistemi sanitari durante l’epidemia. E’ la conclusione di diverse ricerche relativamente a differenti paesi del mondo, e trova ora recente conferma in uno studio del professor Norman Fenton, matematico specialista in dati sulla gestione dei rischi presso la Queen Mary University di Londra.
Avremo occasione di dettagliare i risultati della ricerca in un prossimo articolo. Per ora ci limitiamo a dire che la sua è un’analisi interessante perché, oltre a confermare una correlazione molto stretta tra eccesso di mortalità e diffusione della vaccinazione dei vari paesi, prova che invece non emerge nessuna correlazione con le altre possibili cause comunemente citate.
Dobbiamo quindi concludere che, pur felici per il rientro dell’allarme sulla credibilità di Euromomo, si conferma un eccesso di mortalità del tutto abnorme, sulla quale si accumulano ogni giorno nuove prove di una stretta correlazione con le terapie a m-RNA.
Una buona notizia e una cattiva, quindi.
Purtroppo la seconda pesa molto più.
Fonte: https://sfero.me/article/-istituzioni-scientifiche-sono-ormai-inaffidabili.