a partecipare alle “Letture Zinovievianeâ€, dedicate all’ex dissidente sovietico
Aleksander Zinoviev –
l’autore, tra altre decine di opere, di un libro che fece epoca negli anni ’70
, Cime abissali – sono stato ospitato nell’Hotel President. Scrivo per
raccontare il mio ritorno, appunto, dove mancavo dal lontano 1991. Era il
grande albergo del Comitato Centrale del Pcus. E là – cioè qui da dove sto
scrivendo – alloggiavano le delegazioni dei “partiti
fratelli†e le altre delegazioni di stato in visita ufficiale a
Mosca.
Ma, rispetto agli altri della stessa categoria che ormai sono non pochi a
Mosca, ha ancora tutto il glamour
dell’epoca. Tutto è rimasto come allora, i marmi, i tappeti, le pesanti tende
di broccato, le tappezzerie in seta, le finestre doppie di legno, i bar e i
ristoranti ancora elegantissimi, ma d’un gusto che nessun hotel moderno può
vantare.
entrare bisogna esibire
il documento al poliziotto che abita la garitta ben prima
dell’ingresso. E, se arrivi in macchina, trovi il passaggio a livello chiuso e
l’altro poliziotto, bene imbacuccato perché adesso fa freddo, viene a bussare
al finestrino e, anche lui, ti chiede di dimostrare che non sei un intruso.
piano. La vista è sontuosa e lo spettacolo non è più quello del socialismo reale.
Allora svettavano, sul profilo dell’orizzonte, solo i grattacieli staliniani:
sulla destra il Cremlino;
sulla sinistra, mastodontica e imponente con le sue guglie, l’Università Lomonossov;
al centro il Ministero degli Esteri, sulla Smolenskaja. Proprio qui sotto c’era
la Casa sul Lungofiume (Dom na naberezhnaja) che diede il titolo a uno dei
libri del disgelo, di Jurij
Trifonov.
all’Hotel President (così denominato da Boris
Eltsin, subito dopo il suo truffaldino arrivo al potere). Ma il
panorama di Mosca è adesso tutt’altro.
La cosa più impressionante è la nuova skyline del quartiere
Krasnaja Presnia: un grappolo
di una quindicina di altissimi grattacieli che ora sovrastano tutta la città .
E, proprio di fronte a me illuminata di notte come una grande torta di panna,
sormontata da cupole d’oro, la cattedrale del Cristo Salvatore, ricostruita da
zero ai tempi del sindaco Jurij
Luzhkov, ora sparito dalla circolazione, forse a Vienna, per
colpa – si dice – di una moglie troppo avida.
di palazzi rimessi a nuovo, o ricostruiti anch’essi, oppure buttati giù e
trasformati in elegantissimi esperimenti architettonici in cristallo, in
vetrocemento, in post-moderno con colonnati e timpani che ricordano, ricreano,
copiano, riproducono Parigi e Roma, Amsterdam e New York. E’ come guardare,
dall’alto, una sfilata
di moda di architetture.
guarda dalle finestre dell’Hotel President, fa venire in mente che il sogno dei
compradores moscoviti
(più volgarmente oligarchi) che hanno dato il meglio di sé – e anche il peggio
– in questi anni, adesso si sta trasformando in un incubo. Adesso i
russi scoprono che l’America non li ama comunque, anche se loro hanno fatto di
tutto per sentirsi americani. E le loro carte di credito Visa e Master Card,
pulsano nelle loro tasche come segnali
d’allarme.
sembra, è di espellere
la Russia di Putin dal mercato finanziario occidentale, per i
proprietari di tutto quel ben di dio sarà difficile continuare a esportare
capitali nelle banche dell’Impero
del Bene. Quale architettura bisognerà ora copiare? Pechino e
Shanghai hanno delle skyline identiche, solo un tantino più alte.
da questa panoramica, non ha l’aria di un accampamento incline a arrendersi. Il
rosso Cremlino, sulla destra della cartolina, sonnecchia acquattato sulla riva
della Moscova ancora non gelata, in attesa, forse, che qualche cadavere passi
sul filo della corrente. Come ha detto Putin a Sochi, l’orso russo non ha
intenzione di lasciare la taigà .
Sarà fredda ma ci siamo abituati- ha ribadito con un mezzo sorriso. Ed è
nostra, con tutto quello che c’è dentro, e sotto. Una cosa è certa: meglio non provare a
sloggiarci.
Vorrà dire che delle carte Visa e Master Card, divenute così precarie, faranno
a meno.
un’altra presenza che allora non c’era. E’ l’altissimo, vertiginoso, verticale,
incongruo monumento a Pietro
il Grande, voluto anche quello da Luzhkov, e da Eltsin. Si dice
che il suo autore, Zurab
Zereteli,
l’avesse pensato come monumento a Cristoforo
Colombo, per venderlo a una città americana di cui non ricordo
il nome. Ma poi gli americani declinarono gentilmente il dono, e Zereteli –
evidentemente un grande risparmiatore – mise sul cassero Pietro il Grande e lo
piazzò in mezzo alla Moscova.
messaggi. Le caravelle sono otto invece che tre, ma si capisce che doveva far
dimenticare Colombo. In ogni caso oggi sembra dire che la flotta rimane a Sebastopoli e che le
porta-elicotteri Mistral che Hollande
non è riuscito a vendere a Putin, per colpa di Obama, Putin se le costruirà per conto
proprio.