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di Giulietto Chiesa.
Sarà un viaggio importante quello di
Matteo Renzi a Washington. Non basterà una raffica di tweet per
riassumerlo. Il capo del governo italiano va a riferire, davanti
all’imperatore in declino, nella sua qualità di ultimo leader europeo
che ha incontrato il “nemicoâ€.
Matteo Renzi a Washington. Non basterà una raffica di tweet per
riassumerlo. Il capo del governo italiano va a riferire, davanti
all’imperatore in declino, nella sua qualità di ultimo leader europeo
che ha incontrato il “nemicoâ€.
E
non solo a riferire. Ha un”occasione importante: quella di esprimere il
proprio punto di vista sullo stato dei rapporti tra Stati Uniti ed
Europa. Che — inutile nasconderselo — non è niente
affatto buono. Germania e Francia, nonostante il loro percorso sia stato
nel 2014 assai ondivago, hanno deciso, nel 2015, che l”Ucraina non vale
una messa. Ogni giorno che passa diventa sempre più difficile
all”Europa tenere insieme i suoi “sacri” principi e la solidarietà con
il governo di Kiev, che sta affondando nel caos economico, finanziario e
politico e nelle rimembranze naziste. In verità anche l”America è
divisa, su questo punto e su altri.
Renzi parlerà con un presidente azzoppato, schiaffeggiato pubblicamente dalla maggioranza del Senato, che ha riservato un”ovazione al super falco Benjamin Netanyahu. Sono gli stessi che stanno riarmando l”Ucraina alle sue spalle, che incoraggiano le Repubbliche baltiche in preda all”isteria bellicista della Nato, insieme alla Polonia sempre più in cerca di spazio vitale (l”Ucraina fa gola prima di tutto a Varsavia).
Dunque quello che Roma dirà a Washington in questo frangente potrebbe essere molto importante: per spiegare a Obama che l”Europa ritiene necessario fermare la deriva bellicista e riprendere il dialogo con Mosca.
Francamente non so se Matteo Renzi possa contare su consiglieri così saggi. Me lo auguro comunque. Ma sono convinto che l”Italia, in questo modo, non solo farebbe opera di bene, ma potrebbe perfino accrescere il suo peso diplomatico e politico internazionale. Una tale posizione la collocherebbe infatti come uno dei vertici del “triangolo dei fondatori” europei che riaffermano un ruolo autonomo dell”Europa di fronte a quella parte delle classi dirigenti americane che, al contrario, cercano di schiacciare l”Europa in una funzione di puro servizio ai progetti — per altro impossibili — di un “XXI secolo americano”.
In questo quadro, neanche troppo paradossalmente, Renzi potrebbe essere ascoltato con prudente favore proprio da un presidente in difficoltà sotto la pressione bellicosa dei neo-con. Un”alleanza tra quella parte dell”Europa che non vuole andare allo scontro, e quella parte dell”America, che Obama impersona (imperiale anch”essa, ovviamente, ma non folle), che punta all”intesa con Teheran e punta alla concretezza. Insomma una versione soft, che punta al dominio attraverso la superiorità finanziario-tecnologica-commerciale, invece che una versione hard, che punta a mettere in ginocchio la Russia fino al rischio di guerra. La prima, di lungo periodo; la seconda caratterizzata dalla fretta e dall”accelerazione dello scontro. Evidentemente dettate, l”una e l”altra, da valutazioni opposte circa il precipitare della crisi mondiale.
Non è certo casuale che Washington, dando notizia dell”arrivo di Renzi, abbia fissato un posto di rilievo al trattato interatlantico TTIP, che rafforzerà drasticamente la dipendenza europea dagli Stati Uniti. E” una linea di faglia dove Washington non incontrerà resistenze da parte dei circoli europei perfettamente integrati nei meccanismi della globalizzazione. Renzi fa parte di questi interessi e, dunque potrebbe usare il pieno accordo italiano (già ripetutamente manifestato sul tema TTIP) per far passare una linea italiana — ed europea — più autonoma sull”Ucraina. Sarebbe un messaggio “forte”, che troverebbe sicuramente echi positivi in ambienti economici e finanziari italiani ed europei.
Partita, per altro, con non pochi rischi. L”aria che si respira a Washington è piena di miasmi bellici e avventurosi. La candidatura di Hillary Clinton per il Partito democratico non lascia sperare niente di buono sul fronte anti-russo. E la candidatura che si delinea per il Partito repubblicano, quella di Jeb Bush, fratello di George Junior, figlio di George Bush padre, è un programma già chiaro prima ancora di essere scritto.
E” ovvio che i capi degli stati europei stanno posizionandosi in base a previsioni plumbee. A questo punto — e Renzi ci capita proprio dentro — le scelte europee possono rivelarsi molto importanti per influenzare, in un senso o nell”altro, l”azione imperiale.
La questione è se Matteo Renzi ha voglia e coraggio di cimentarsi con questa impresa. La sua vera statura politica si misurerà proprio in questi giorni.
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