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Dopo Casaleggio

Nel dopo-Casaleggio per il M5S esiste un problema di strategia e di visione per un cambiamento radicale, ed esiste un problema di tattica [Giulietto Chiesa]

Dopo Casaleggio
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14 Aprile 2016 - 18.20


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PANDORA TV – Il punto di Giulietto Chiesa.


Questo non vuole essere, e non è, un messaggio di cordoglio.
Ma una riflessione politica. Ho conosciuto solo di sfuggita, una decina di anni
fa, Gianroberto Casaleggio. E non potrei esprimere alcun giudizio personale su
di lui.

Mi limito quindi alle considerazioni che la sua morte
improvvisa impone, per le conseguenze che essa avrà nell’immediato sulla vita
politica dell’Italia. La sua scomparsa, infatti, apre una serie di importanti questioni che conteranno sia per il paese nel suo complesso che
all’interno dell’unica forza reale che potrebbe ancora svolgere una funzione di
cambiamento del paese.

Per meglio dire la scomparsa di Casaleggio li esplicita
brutalmente.  Tutti sanno che il M5S era
guidato dai suoi due “proprietari”. Le nebbie auto-ingannatrici del non-statuto
e dei principi come “uno vale uno”, si sono già diradate da tempo. Così come è
ormai logorato il tema — così primitivamente coniugato — della democrazia
diretta via web; così come l’illusione peregrina di rivoltare il paese come un
calzino con una forza del 25% del corpo elettorale.

Tre anni sono serviti a ri-dimensionare molte cose e a
rendere evidente, oltre all’indubbio merito di avere portato in Parlamento
donne e uomini puliti e non ricattabili, la grande modestia intellettuale e
politica di molti di loro.

Adesso resta Grillo e il Direttorio. L’”anima” e il pugno
dei “migliori”, cui è stata affidata la direzione, teleguidata da Casaleggio,
dell’intero movimento.

Beppe Grillo non ha potuto far quadrare i conti delle
ambizioni di un movimento che era arrivato, a sorpresa, al rango di forza
decisiva di opposizione. Neanche assieme a Casaleggio. Non ne aveva la statura,
e la competenza. Figuriamoci adesso.

Ora dovrà per forza di cose delegare al Direttorio l’intera
gestione politica non solo dei gruppi parlamentari, ma anche del movimento nel
suo complesso. Ma è evidente che le “non regole” del “non-statuto
” non
consentiranno una tale gestione politica senza gravi frizioni. E non solo per
l’inesperienza degli uomini.

Esiste un problema di democrazia interna, che si va facendo
sempre più acuto nelle periferie. Esiste un problema di relazioni tra uno staff
anonimo, che detta legge senza avere alcuna legittimazione per farlo, e i
territori.

Esiste soprattutto un problema di strategia e di visione. Il
M5S deve poter confermare, almeno nel sentire dei suoi sostenitori, l’idea che
esso è il portatore di un cambiamento radicale. Esiste il problema di tattica,
dal momento che è ormai evidente che il M5S non sta riuscendo a intercettare
quella parte dell’astensione che lo potrebbe candidare al governo del paese.

E se anche riuscisse nell’impresa (possibile solo se Renzi
vincesse il referendum costituzionale d’autunno e imponesse una legge
elettorale liberticida) di prendersi il 55% dei seggi dell’unica Camera
rimasta, non avrebbe comunque le forze e le competenze necessarie per guidare
il paese. Cioè dovrebbe
  — dovrà —
elaborare in fretta una politica di alleanze, quella che ha fin’ora
sdegnosamente evitato di affrontare.

Ma quali alleanze? Se dovesse fare i conti reali del
governo, e si alleasse con qualche spezzone dell’attuale casta, così tanto
vituperata, e giustamente, sarebbe la sua fine politica. Se cedesse sui
principi di moralizzazione, altrettanto.

Gli resta (resta a Grillo) l’opzione di quel “governo
ombra” che gli proposi (via web) di cominciare a costruire subito dopo il
grande risultato del 2013.  Un’alleanza
democratica e popolare
,  con un consiglio
di personalità competenti, al di sopra di ogni sospetto, non ricattabili, della
società civile, della scienza, della cultura.

E’ un consiglio gratuito su cui dovrebbe riflettere ora,
seppure con ritardo. Il M5S è una realtà che è nell’interesse della democrazia
continui nella sua opera moralizzatrice. Segnare il passo equivarrebbe alla sua
fine. E la sua fine darebbe il via a uno tsunami di delusione proprio in quei
settori maggioritari del paese che soffocano nei miasmi di un’Italia divenuta
ora una grande e unica “terra dei fuochi”.

E dunque buon viaggio intorno al sole al Movimento 5 Stelle
anche senza Casaleggio. 





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