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Allarme, allarme, i russi attentano al Quirinale!

Un ottimo esempio per capire come funziona il mondo dell’informazione nella libera Italia e nel libero Occidente. [Giulietto Chiesa]

Allarme, allarme, i russi attentano al Quirinale!
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5 Agosto 2018 - 14.43


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di Giulietto Chiesa

 

Compare un articolo sul Corriere della Sera, a firma Mario Breda, dal quale ricavo alcune citazioni. Non senza rilevare che il supremo Gianni Riotta (ex direttore del TG1, visto che siamo alla ricerca di persone super partes per la Rai), rilancia l’articolo di cui sotto in un suo davvero memorabile tweet.

Cercherò di usare il tutto per una piccola esercitazione scolastica. Un appuntino per — chissà — futuri corsi di formazione professionale per giornalisti.

È un ottimo esempio per capire come funziona il mondo dell’informazione nella libera Italia e nel libero Occidente. Infatti è precisamente con gli stessi sistemi che si organizza la caccia alle streghe. In Italia, negli Stati Uniti, a Londra, a Parigi.

Vediamo il dettaglio. Dice l’articolo, a un certo punto:

“Al Quirinale scatta l’allarme. Grazie al lavoro della polizia postale si stabilisce che la fonte di tutto è una sola.” L’attenzione del lettore è accalappiata.  È “stabilito”. Adesso sentiamo le prove. Ahimé, risulta subito, alla riga successiva, che “il monitoraggio sulla rete, per quanto stretto e attento, non consente comunque di trovare l’anello di congiunzione tra la galassia dei social network e una precisa cabina di regia”. Ma come? C’è una cabina di regia, a va bene. Ma dov’è l’anello di congiunzione? La nostra polizia postale lo dice essa stessa? La citazione testuale non viene fornita. Ma procediamo, perché le  cose si fanno interessanti.

Intanto, per il momento, c’è un po’ di delusione perché manca, appunto, “l’anello di congiunzione”. Riassumiamo: evidentemente la “cabina di regia” l’hanno trovata subito. Il resto arriverà tra poco. Continuiamo speranzosi la lettura: “Si sa — scive il Breda — che, con alta probabilità, dovrebbe esser stata creata all’estero, anche se nessuno è in grado di dire se c’entrino gli operatori russi impegnati in azioni di disturbo nella campagna elettorale americana”.

Qui stiamo assistendo a un doppio salto mortale carpiato. Intanto quello che “si sa” è tutt’altro che certo. È solo con “alta probabilità”. Tradotto in inglese,  sarebbe un “highly likely”, quello con cui la signora Theresa May ha accusato Putin di avere tentato di assassinare il povero Skripal e la figlia. Sono passati cinque mesi e ancora siamo all’“highly likely”. E qui come la mettiamo? Di male in peggio. Infatti, dice il Corrierone, “nessuno è in grado di dire se c’entrino gli operatori russi impegnati in azioni di disturbo nella campagna elettorale americana”.

Il salto carpiato consiste qui nel sovrapporre due cose che non c’entrano niente con quello di cui si è annunciato di voler parlare. Comunque “nessuno è in grado di dire” niente. Il fatto che ci sia “un gruppo di operatori russi etc” viene dato per scontato, come se non necessitasse di dimostrazione. In ogni caso, anche per  fatti del tutto diversi da quelli che toccherebbero il Quirinale, “nessuno è in grado di dire niente”.

Salvo che, insiste il Breda, “a  Mosca e dintorni ci sono le cosiddette «fabbriche dei troll» (espressione gergale per definire i falsi utenti che manovrano l’informazione)”. Da dove viene questa informazione? Da Mosca? Dalla Polizia Postale italiana?  No, viene dall’appronfondimento” del Corriere “sul lavoro del  procuratore speciale Robert Mueller nel caso Russiagate”. “Approfondimento” del Corriere su un lavoro di un inquirente americano che  non è riuscito fino ad ora a esibire uno straccio di prova circa la “fabbrica di troll” che esisterebbe a Mosca.

Riassumendo di nuovo: non una sola delle “notizie” fino ad ora qui esposte dal Corriere è neanche minimamente sostenuta dai fatti, dai documenti, da qualche fonte. “Tutt’altro che certo”, “highly likely”, “nessuno può dire”. Solo che il Breda, fino a questo punto, non ha fatto altro che cercare di far capire che, invece, le prove ci sono. Solo che non le produce affatto. Anzi , parandosi le terga (non si sa mai) ripete che “lo staff di Mattarella non ha dunque elementi per addebitare a qualcuno la paternità di quel massiccio tentativo di interferenza”. Così, dopo avere vagato in cerca di farfalle, dicendo e ripetendo cose che non può dimostrare, abbandona la piazza, certo com’è di avere compiuto il “lavoretto”. Il quale è costituito dall’aver lasciato nella mente del lettore (a meno che si tratti di un lettore, o di una lettrice, super attenti e super vaccinati alla menzogna) che: a) “c’era una regia”; b) che quella regia era a Mosca; c) che a Mosca c’è una fabbrica dei troll; d) lo ha detto Mueller, cioè vale come il Vangelo. Insomma non c’è niente.

Ma, infine, c’è stato o non c’è stato un “massiccio tentativo d’interferenza”? Notate la sottigliezza: non “interferenza” ma “tentativo d’interferenza”. Ma, verrebbe da chiedere: cos’è una interferenza? Il fatto che ci siano stati 40.000 messaggi con l’hashtag #mattarelladimettiti sarebbe un’interferenza? Se si tratta di cittadini italiani imbufaliti per un discorso del presidente della Repubblica, si dovrebbe concludere che è un atto di protesta di massa, non una “interferenza”. Ma sono stati davvero 40.000? Ci dobbiamo fidare del Corriere della Sera? Anche del fatto che 4000 account su Twitter furono attivati in pochi minuti? Fidiamoci e andiamo oltre, non senza avere notato che il signor Mario Breda ha delle strane idee in merito alla sovranità del popolo.

Insomma il popolo che protesta sarebbe “attività anomala”, registrata proprio il 27 maggio. Ma, en passant, scopriamo che il “lavoretto” appena descritto funziona a meraviglia e dilaga su tutti i giornali e nei commenti televisivi: uguale dappertutto. Un “lavoretto” confezionato con cura.

Prendiamo Il Mattino di Napoli del giorno 4 agosto, in un artcolo firmato Valentina Errante e Mauro Evangelisti. Qui l’attività “anomala” fa nascere un “sospetto”. Si badi bene, non una certezza, ma un “sospetto”. “A fare partire la slavina fu l’attività di una centrale in Russia — scrivono i due audaci dimenticandosi che si tratta di un sospetto, e che, in tal caso, sarebbe necessario usare il condizionale e non il passato remoto —  la stessa chiamata in causa ad esempio quando si parla di Brexit o delle elezioni americane”. Come ben si capisce si tratta di quisquiglie. Questa centrale russa (“chiamata in causa”, da chi?) avrebbe avuto il potere di decidere l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, e da avere creato le condizioni per la vittoria di Donald Trump alla presidenza americana. Ci sarebbe semplicemente da ridere. Se fossi americano, o inglese, mi offenderei a sentire trattare il mio paese come una repubblica (o monarchia) delle banane. Ma il “lavoretto” è molto simile a quello goebbelsiano: ripeti mille volte una menzogna e diventerà la verità. I due giornalisti del Mattino l’hanno sentito dire tante volte, che hanno finito per crederci anche loro e non si preoccupano affatto nel ripeterlo.

Ma seguiamoli attentamente perché tra qualche riga inciamperanno. Ecco il disastro: “A fare partire, o più correttamente ad alimentare la slavina fu la centrale in Russia”. Dunque risulterebbe qui che la slavina non è partita dalla Russia. È stata soltanto “alimentata” dalla centrale russa. Ed è invece cominciata in Italia. E chi l’ha cominciata in Italia? Non è chiaro. I due “colleghi” del Mattino (ma sono in compagnia dell’intero mainstream italiano e internazionale, perfino Francesco Sisci, da Pechino, si erge in difesa di Mattarella contro gli hacker russi) però inciampano. A un certo punto si rimangiano l’affermazione precedente (quella dell’alimentazione”) scrivendo che l’operazione è stata “studiata a tavolino a Mosca” e ha usato come “ripetitori” diversi profili, tra cui “quelli più smaliziati e popolari (sic!), come Byoblu, il blog creato da Claudio Messora, l’ex capo della comunicazione M5S”.

Allora è obbligatoria una pausa di riflessione. Mettiamoci d’accordo: o c’è stato un piano “studiato a tavolino a Mosca, il quale è stato “amplificato” da Byoblu, oppure è stato qualcuno, che non si sa chi sia, ma “tipo Byoblu”,  che ha “lanciato la slavina”, che poi è stata alimentata da dei russi seduti attorno a un tavolino. Capito come funziona il “lavoretto”? Con le insinuazioni e le calunnie. Fino ad ora nulla di serio è stato detto, non una informazione: “si sospetta”, “forse”, “non si sa” etc. , ma mescolate con “è stabilito”. Siamo nel regno di Gianni Riotta, quello delle fake news.

Ma non è finita qui. “Il dossier  — scrive ancora il Breda — si somma ad altri fascicoli di analogo “interesse sensibile”. Per esempio quello, gonfio di pagine, di Byoblu. Sembra di leggere uno dei rapporti del famoso Pio Pompa. Chi ha compilato quel dossier “gonfio di pagine”? Il Quirinale, la Polizia Postale? E perché mai dovrebbe esserci un dossier di questo tipo, che, in ogni caso, sarebbe del tutto illegale e i cui autori sarebbero perseguibili a termini di legge?

Va bene, avrei finito il compitino, se il Breda, sostenuto dal Riotta, non avesse aggiunto anche la notizia (questa sì che sarebbe una notizia, l’unica) secondo cui ci sarebbe anche un altro sito, di cui non viene fatto il nome, che “raccoglie parecchi contenuti della televisione russa, Russia Today”. Poiché non siamo a conoscenza di altri siti del genere, oltre al nostro, Pandoratv.it, adesso sappiamo che anche noi abbiamo un “gonfio dossier”. Questa volta siamo stati risparmiati. Siamo solo stati “attenzionati”. Ma, grazie, lo sapevamo già. Il “lavoretto” è in corso, con le sue venature mafiose, con le sue minacce tra le righe, con le insinuazioni senza prove sparse a larghe mani.

Saremo, come Claudio Messora, additati come “agenti del nemico”: la Russia, che cercherebbe di influenzare le vicende interne dei paesi occidentali, con un gruppo di agenti segreti/hacker seduti attorno a un tavolino. Più o meno come, in America, stanno facendo contro il Presidente in carica, Donald Trump. Anche lui agente del nemico. A nessuno di questi untorelli viene in mente che gli Stati Uniti, da quando esistono, hanno un faro perennemente acceso: produrre un “regime change” in ogni paese che non segue le loro direttive. Si sono dimenticati il “caso Moro”, di cui hanno “celebrato”, vergognosamente com’è loro abitudine, il 40-esimo anniversario dell’assassinio, per mano dei servizi segreti americani, tinti di rosso per l’occasione.

Pensate solo, o voi aspiranti giornalisti/e, a cosa vi aspetterebbe quando vi assumessero. Dovreste lavorare a tempo pieno per seminare liquame, sotto forma di fake news, tutti i giorni.

 

 

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