di Giulietto Chiesa.
Il tribunale britannico ha condannato ieri Julian Assange a 50 settimane di carcere per avere tentato di sfuggire a un interrogatorio su un’accusa che era già stata lasciata cadere dalle presunte vittime di un’ipotetica azione criminale che non è mai esistita.
50 settimane che si aggiungono agli oltre sette anni di reclusione in un’ambasciata straniera. 50 settimane per dare tempo agli Stati Uniti di organizzare una buona scusa per ottenerne l’estradizione.
Due considerazioni elementari.
Se Assange va a finire in un carcere statunitense, vorrà dire che un qualunque giornalista del mondo intero potrà essere arrestato in casa propria e estradato negli Stati Uniti. Di motivi o pretesti per farlo se ne troverà sempre più d’uno.
La seconda considerazione è piuttosto una constatazione: la Gran Bretagna ha smesso da tempo di essere un impero, ma ha impiegato in compenso pochi anni per diventare una colonia.