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di Alessandro Avvisato -Â contropiano.org
Un reportage dell”inviato dell”Ansa. Il regime ha capito che chiudere il paese ai giornalisti stranieri era un boomerang che ha favorito i contras e l”informazione mainstream.
La notizia dell”accordo firmato al Cairo tra Siria e Lega Araba giunge mentre l”autobus turistico con a bordo giornalisti stranieri entra nel compound dell”ospedale militare di Homs. È la prima tappa di un ”viaggio nella città simbolo della protesta, un viaggio che comincia con un funerale.
Sfilano cinque bare di soldati e il corteo: in testa i vertici militari e il governatore di Homs. I familiari si avvicinano alla stampa e davanti alle telecamere spiegano: «Sono morti per la Siria».
All”interno di un edificio invece ci sono i soldati feriti. Un giovane di 23 anni racconta che si trovava ad un posto di osservazione quando è stato circondato da uomini armati e colpito. Simili le storie degli altri soldati in cura. In ortopedia ci sono anche due civili, il più anziano è un conducente di autobus ed era «in viaggio tra Damasco e Homs quando il mezzo, con a bordo 33 persone, è stato circondato da uomini armati», dice. L”ospedale militare infatti, conferma uno dei medici, «accoglie anche civili. Chiunque arrivi qui bisognoso di cure». Anche eventuali feriti tra i dimostranti dell”opposizione? «Certo, noi curiamo tutti. Ma in questo momento in ospedale non ce ne sono», risponde.
Lo stesso medico poi, mostra proiettili conservati in una bottiglietta di plastica: «Sono stati estratti a soldati feriti e molti di questi non si fabbricano in Siria» spiega, implicando che vengono da oltreconfine e non sono in dotazione all”esercito siriano.
Gli spari si sentono dal centro di Homs. Non è facile distinguerli tra il rumore del traffico, i clacson e anche le urla dei bambini all”ora dell”uscita da scuola. Non si capisce da dove provengano ma sono raffiche. E i presenti non si stupiscono. «È successo altre volte» dicono, davanti alla clinica privata dove sono ricoverati alcuni giovani feriti negli ultimi giorni a Homs. I familiari vogliono spiegare ai giornalisti che i loro figli e fratelli camminavano tranquillamente per strada quando sono stati raggiunti dai colpi.
Hitham è stato ferito il giorno delle elezioni, «si stava recando a un corso d”inglese» dice la madre. Poi le domande suscitano reazioni più accese: «Qui è il caos, vengono in questo quartiere da altre zone e sparano a caso. Ci sono momenti in cui è pericoloso uscire da casa».
Ma chi spara? E Perchè?
«Non sappiamo perchè. Sono bande armate». Qualcuno accenna a differenze religiose, ma non entra in dettagli. La stessa paura corre lungo Al Hadava Street, una via commerciale di Homs tappezzata dalle bandiere siriane e dalle immagini del presidente Assad. «Questa zona è più sicura», dicono i responsabili locali che accompagnano il gruppo, «ce ne sono altre più pericolose, ma è meglio non andarci, per motivi di sicurezza».
L”arrivo di giornalisti suscita curiosità . Una donna anziana si avvicina, vuole spiegare che a Homs «si è sempre vissuto in armonia. Ora l”hanno distrutta: i commercianti chiudono i negozi, i bambini devono essere accompagnati».
E «no, non è una questione religiosa, i miei vicini appartengono ad un”altra setta ma l”altra sera sono venuti a casa mia perchè avevano paura. Non sappiamo chi spara, non sappiamo perchè».
Marlene, Mustafa e Fadya invece un”idea ce l”hanno: «Cospirazione, terrorismo», dicono. Scuotono la testa, Marlene ha 28 anni e aspetta un bambino: «Eravamo tranquilli a Homs. Ma ora non si può più stare. Noi ce ne andiamo, abbiamo deciso. Affittiamo una casa altrove, magari a Damasco. E ce ne andiamo, già domani». Intanto secondo l”Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) e i Comitati di coordinamento locale degli attivisti anti-regime ci sarebbero stati un centinaio di morti negli scontri delle ultime 24 ore. Una notizia che, come al solito, al momento è impossibile confermare. (Ansa)
Tratto da:Â contropiano.org
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