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Bruxelles e Washington divisi sulla guerra. Ma truppe speciali di Londra – insieme a quelle dell”onnipresente Qatar – starebbero già combattendo ad Homs contro l”esercito siriano. E” netta la diversità di vedute su come intervenire sulla crisi siriana con gli Stati Uniti che parlano apertamente di intervento militare diretto mentre le diplomazie europee lo escludono categoricamente. La novità delle ultime ore viene da Washington dove l”amministrazione Obama ha alla fine gettato la maschera.
A rendere noto ciò che tutti i più attenti analisti sapevano da mesi è stata ieri la Cnn. Scrive NenaNews:
“Gli Stati Uniti avevano parlato di invio di aiuti umanitari alla popolazione siriana e invece fanno sapere di «aver preso in esame» l”ipotesi di un intervento militare contro la Siria escluso sino ad oggi. Lo hanno detto a Barbara Starr, corrispondente della Cnn al Pentagono,  due alti funzionari dell”Amministrazione Obama, confermando l”irritazione della Casa Bianca nei confronti del veto opposto dalla Cina e dalla Russia la scorsa settimana alla risoluzione dell”Onu contro Damasco. I due funzionari hanno precisato che l”America è comunque concentrata ad ampliare la pressione diplomatica ed economica pur di isolare la Siria e che al momento si tratta solo di piani operativi, che hanno solo l”obiettivo di essere pronti nel caso in cui la Casa Bianca dovesse chiedere di passare all”azione.  (…) Washington in ogni caso non tiene in alcun conto l”esito dell”incontro, ieri a Damasco, tra il ministro degli esteri russo Lavrov e Bashar Assad, al termine del quale il presidente siriano ha affermato che coopererà con qualunque sforzo per risolvere la crisi. Lavrov, accolto a Damasco da decine di migliaia di siriani, ha affermato che è stato recepito «il segnale» mandato da Mosca di «andare avanti in modo più attivo su tutte le linee». Il presidente siriano, ha aggiunto il ministro degli esteri russo, si è impegnato ad aprire un dialogo con tutte le forze politiche in campo e a scrivere in tempi brevi una nuova costituzione da approvare con un referendum popolare, oltre ad accettare un”estensione e un ampliamento della missione della delegazione di osservatori della Lega Araba. Assicurazioni che non scuotono le monarchie del Golfo, storiche avversarie di Damasco che ieri hanno espulso i rappresentanti diplomatici siriani mentre Italia, Francia, Spagna, Olanda e Tunisia hanno richiamato i loro ambasciatori per consultazioni”.
Oggi il governo tedesco ha deciso l”espulsione di altri 4 diplomatici siriani mentre le cancellerie dell”Unione Europea continuano a ribadire che nessun tipo di intervento militare contro la Siria è in discussione, neanche sotto forma di una ”No Fly Zone”. La Siria non è la Libia, è il refrain ripetuto in queste ore. La Libia era isolata quando Francia e Gran Bretagna decisero di attaccare bruciando gli USA sul tempo.
Inoltre l”Unione Europea non ha nulla da guadagnare nella destabilizzazione violenta e incontrollata di una regione che potrebbe deflagrare se le pressioni militari indirette finora adottate dall”occidente – e dalle petromonarchie arabe – dovessero trasformarsi in guerra aperta. Inoltre, dopo il veto di Russia e Cina all”Onu e l”impegno diretto del governo di Mosca nel tentativo di mediazione tra Assad e le opposizioni, un sostegno europeo alla guerra potrebbe incrinare assai rapporti economici e commerciali vitali.
Ma le notizie su un intervento sul campo di truppe straniere si moltiplicano e rafforzano. Scrive il Sole 24 ore sul suo sito questa mattina, con una sincerità invidiabile:
“Secondo Debka File, il sito web israeliano di intelligence, unità delle forze speciali di Gran Bretagna e Qatar si sono infiltrate a Homs e pur non partecipando direttamente ai combattimenti stanno fornendo assistenza tecnica e militare ai ribelli. La notizia è accreditata da altri servizi occidentali, anche se in casi come questi è arduo individuare il confine tra informazione e disinformazione.
La credibilità di queste affermazioni, se non la fondatezza, è però avvalorata dal contesto: la Turchia ospita ai suoi confini il Free Syrian Army (l”Esercito Siriano Libero) e a Iskenderum, nella provincia di Hatay, si è insediato da diversi mesi un comando multinazionale ristretto composto da ufficiali americani, inglesi, francesi, canadesi e arabi degli Emirati, del Qatar e dell”Arabia Saudita.
C”erano già dunque le premesse per operazioni coperte in territorio siriano con il coinvolgimento della Turchia che punterebbe in futuro a creare delle zone cuscinetto ai confini con la Siria, in particolare nell”area curda ritenuta da Ankara assai sensibile”.
La provincia di Hatay – Antiochia – nel sud della Turchia ospita una consistente comunità di origine siriana, eredità dei tempi dell”Impero Ottomano, e costituisce il retroterra migliore per un possibile intervento contro Damasco.
Intanto i leader politici turchi cercano di evitare che la crisi precipiti in una guerra aperta, nel qual caso le possibilità per Ankara di mettere le mani sul paese confinante diventerebbero assai remote.
Ieri Erdogan ha lanciato intanto l”idea di una conferenza internazionale sulla Siria per cercare di far valere la propria crescente influenza sulla regione e per intercettare il tentativo di mediazione russo piegandolo ai suoi interessi egemonici all”interno di uno scenario che comunque vedrebbe l”uscita di scena di Bashar Assad ma non necessariamente del suo partito e dei suoi più stretti collaboratori.
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