Obama affida a Petraeus la missione di fare cadere Assad | Megachip
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Obama affida a Petraeus la missione di fare cadere Assad

Obama affida a Petraeus la missione di fare cadere Assad
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17 Febbraio 2012 - 17.40


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“Centinaia di agenti impegnati a reclutare miliziani sunniti pronti a combattere in Siria”. Cruciale il ruolo delle tribù irachene.

di Pio Pompa – Il Foglio. Con Nota di Megachip in coda all”articolo.

Ancora una volta potrebbe essere l”attuale direttore della Cia, David Petraeus, a svolgere un ruolo cruciale nella sempre più intricata crisi siro-iraniana. Secondo fonti d”intelligence interpellate dal Foglio, è a lui che l”Amministrazione Obama avrebbe affidato il compito di replicare in Siria quanto sperimentato con successo contro al-Qa”ida in Iraq. Il vantaggio dell”operazione contro il regime di Damasco consiste nella possibilità di dispiegare sul territorio siriano militanti sunniti provenienti dai Consigli del Risveglio iracheni, dall”Arabia Saudita, dal Libano, dalla Turchia e dalla Libia. Si tratta di combattenti perfettamente addestrati alla guerriglia urbana e all”uso di esplosivi.

“E” questa – affermano le nostre fonti – la guerra nascosta lanciata dagli Stati Uniti per destabilizzare il regime siriano e costringere Bashar el-Assad a lasciare il potere al più presto. L”obiettivo dichiarato è di evitare qualsiasi coinvolgimento in iniziative militari sul modello libico, rese impraticabili dalla netta opposizione e ostilità del temibile asse russo-siro-iraniano”.

Non a caso, Petraeus e gli strateghi militari di Washington considerano del tutto velleitario il piano d”intervento militare turco-arabo (con l”appoggio statunitense) proposto dalla Turchia. Inutile, secondo il Pentagono, sarebbe pure l”introduzione di una “no fly zone” sullo spazio aereo di Damasco.

La convinzione delle autorità americane è che, a differenza di quanto accaduto in Libia, qualsiasi opzione militare nei confronti della Siria imporrebbe il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti con l”intervento di truppe a terra, scatenando conseguentemente un conflitto di incalcolabile portata.

Tale scenario è stato più volte escluso categoricamente da Barack Obama, che ha preferito affidare a Petraeus il compito di fare il possibile per far avvicinare la caduta di Assad. Il direttore della Cia ha nelle ultime settimane predisposto in Medio Oriente un enorme dispositivo di intelligence, con centinaia di agenti impegnati a reclutare gruppi di miliziani sunniti da infiltrare in Siria (la Fratellanza musulmana giordana ha già invitato a combattere Assad con ogni mezzo).

Sul New York Times del 12 febbraio, Tim Arango ha raccontato come un flusso crescente di armi stia giungendo in Siria dalla provincia irachena di Anbar e dalle aree cicostanti Mosul, città situata a pochi chilometri dalla frontiera. Nel deserto occidentale dell”Iraq, spiega Arango, gli arabi sunniti si stanno organizzando per partecipare alla lotta dell”opposizione siriana, sfruttando i legami secolari tra le tribù dei due paesi.

“Fornire le armi ai ribelli siriani è un dovere, Assad è un macellaio”, spiega lo sceicco Ali Hatem al Suleiman, tra i leader principali del Consiglio sunnita di Anbar. Petraeus sarebbe riuscito anche a coinvolgere nei suoi piani vari gruppi organizzati di militanti libanesi il cui odio per il rais di Damasco deriva dall”uccisione di Rafiq Hariri a Beirut nel febbraio 2005. Queste cellule sono disposte a tutto, e già si troverebbero in Siria con l”obiettivo di eliminare Bashar el Assad.

 

Fonte: Pio Pompa, “Obama affida a Petraeus la missione di fare cadere Assad”, Il Foglio, 17 febbraio 2012.

Tratto da: http://www.clarissa.it/esteri_int.php?id=1552.

 

NOTA DI MEGACHIP

L”autore dell”articolo è Pio Pompa, un vecchio arnese dei servizi segreti italiani. Il giornale è Il Foglio, l”organo tartarinesco dei neocon italiani. Ergo, su questo articolo c”è da fare la tara. Tuttavia è interessante, molto interessante. Se non altro, qualora lo leggiamo assieme ad altri articoli che descrivono altre facce, anche opposte, del complicato prisma siriano, ricaviamo la certezza che gli interessi in gioco negli equilibri di potere siriani superano di parecchie grandezze le dinamiche locali, al punto da attrarre flussi informativi particolarmente torbidi. Il prezzo lo paga la popolazione siriana. Ma i responsabili sono ben oltre la Siria.

 

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