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Facciamo la guerra ma non troppo

Siria: la sceneggiata tragica di un po’ di guerra, ma non troppo. [Ennio Remondino]

Facciamo la guerra ma non troppo
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28 Agosto 2013 - 21.06


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di Ennio Remondino

Gli Usa la chiamano “azione militare limitata”. Facciamo la guerra ma non troppo. Quasi una guerra per finta. Qualche missile su postazioni militari tanto per salvare la faccia di fronte al presunto uso di armi chimiche, e poi basta. Ad evitare che russi, iraniani e israeliani possano essere tentati di fare a loro volta qualcosa sul campo. Per Washington e per Gerusalemme, alla fin fine Asad risulta meno peggio delle frange radicali della rivolta siriana sempre più infiltrate di jiadisti e potenziali terroristi.

Reazione ragionata e prudente all’uso di armi chimiche? Difficile, anche perché è ancora tutto da dimostrare a livello scientifico e internazionale, anche se gli indizi questa volta sono forti. Troppo impatto mediatico quelle terribili immagini tv diffuse il 21 agosto perché Obama potesse continuare a tenersene fuori. Far qualcosa per l’immagine senza però sconvolgere i rapporti di forza tra Asad e i temuti oppositori jiadisti. Ed ecco la “guerra ma non troppo” di cui dicevamo prima. Vero azzardo.

Lorenzo Trombetta, su Limes, è ancora più severo. «Un atto dimostrativo: una sculacciata al regime siriano. Senza cambiare gli equilibri di forza sul terreno, perché questo infastidirebbe troppo l’alleato israeliano, i russi, gli iraniani e gli Hezbollah potrebbero agire con temibili rappresaglie». Eufemismo geo-strategicamente colto dell’antica presa per i fondelli, inganno ad uso delle opinioni pubbliche senza provocare però la Russia, Israele e i suoi nemici regionali, l’Iran e gli Hezbollah.

Di fatto, sembra che nessuno degli attori regionali voglia ora una guerra su larga scala. Troppe occasioni precedenti alle armi chimiche lasciate cadere. Ed ecco l’ormai imminente “azione limitata” guidata dagli Stati Uniti. Badando a non dare una vera spallata agli Asad. Un intervento esterno a favorire il sostegno popolare al regime e il moltiplicarsi delle fratture nelle opposizioni. Importante che, salvata la faccia al Gattopardo Obama, in Siria cambi tutto perché nulla cambi.

Poi, guardiamo attentamente la cartina ed iniziamo ad elaborare dubbi e paure. Perché la storia cammina sulla geografia.

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