I vettori del gas “non venduti alla Siria”

Dopo la caduta di Gheddafi, molte sue armi abbandonate di fabbricazione sovietica sono cadute in mano a gruppi jihadisti. [Robert Fisk]

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Redazione Modifica articolo

25 Settembre 2013 - 08.39


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di Robert Fisk.

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Mentre il regime di Assad a Damasco ha negato la responsabilità dei missili al
gas sarin che hanno ucciso circa 1.400 siriani nel sobborgo di Ghouta
il 21 agosto, circolano ora in città informazioni che le nuove “prove”
russe a proposito dell’attacco comprendono le date di esportazione degli
specifici razzi usati e – cosa più importante – i nomi dei paesi ai
quali sono stati venduti in origine. Sono stati apparentemente
fabbricati nell’Unione Sovietica nel 1967 e venduti da Mosca a tre paesi
arabi: Yemen, Egitto e alla Libia del colonnello Gheddafi. Questi
dettagli non possono essere verificati mediante documenti e Vladimir
Putin non ha rivelato i motivi per cui ha dichiarato a Barack Obama di
sapere che l’esercito di Assad non ha lanciato i missili al sarin; ma se
l’informazione è corretta – e si ritiene sia pervenuta da Mosca – la
Russia non ha venduto questa particolare partita di munizioni chimiche
alla Siria.

Dopo
la caduta di Gheddafi nel 2011, vaste quantità delle sue armi
abbandonate di fabbricazione sovietica sono cadute nelle mani di gruppi
ribelli e di insorti affiliati ad al-Qaeda. Molte sono state rinvenute
successivamente nel Mali, alcune in Algeria e una gran quantità nel
Sinai. I siriani affermano da molto tempo che una quantità considerevole
di armi di fabbricazione sovietica sono finite dalla Libia nelle mani
di ribelli nella guerra civile del paese con l’aiuto del Qatar, che
aveva appoggiato i ribelli siriani contro Gheddafi e oggi paga le
spedizioni di armi agli insorti siriani.

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Non
c’è dubbio che la Siria abbia un considerevole arsenale di armi
chimiche. Né che le scorte siriane contengano grandi quantità di missili
da 122mm di gas sarin. Ma se i russi sono stati effettivamente in grado
di identificare gli specifici marchi dei missili su frammenti rinvenuti
a Ghouta – e se si tratta di munizioni mai esportate in Siria – il
regime di Assad vanterà che la sua innocente è stata provata.

In
un paese – in realtà in un mondo – in cui la propaganda ha più influenza
della verità, scoprire l’origine delle sostanze chimiche che hanno
soffocato tanti siriani un mese fa è un’indagine piena di pericoli
giornalistici. I giornalisti che trasmettono dispacci dalle parti della
Siria tenute dai ribelli sono accusati dal regime di Assad di
frequentare i terroristi. I giornalisti che riferiscono dal lato
governativo delle linee siriane del fronte sono regolarmente accusati di
dar voce alla propaganda del regime. E anche se il regime di Assad non è
stato responsabile degli attacchi del 21 agosto, le sue forze hanno
commesso una gran quantità di crimini di guerra negli ultimi due anni.
Torture, massacri, bombardamento di obiettivi civili sono da tempo
dimostrati.

Ciò
nonostante, va anche detto che gravi dubbi sono espressi dall’ONU e da
altre organizzazioni internazionali a Damasco che il gas sarin sia stato
lanciato dall’esercito di Assad. Anche se questi incaricati
internazionali non possono essere identificati, alcuni di loro erano a
Damasco il 21 agosto e hanno posto una serie di domande cui nessuno ha
ancora fornito una risposta. Perché, ad esempio, la Siria avrebbe atteso
fino a quando gli ispettori dell’ONU si erano sistemati a Damasco il 18
agosto prima di usare il gas sarin poco più di due giorni dopo, e solo a
quattro miglia dall’hotel in cui si erano appena registrati gli
ispettori dell’ONU? Avendo in tal modo regalato all’ONU la prova
dell’uso del gas sarin – che gli ispettori hanno rapidamente acquisito
sul campo – il regime di Assad, se colpevole, si sarebbe certamente reso
conto che un attacco militare sarebbe stato messo in atto dalle nazioni
occidentali.

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Così
come stanno le cose, la Siria sta per perdere le sue intere difese
chimiche strategiche a lungo termine contro un Israele dotato di armi
nucleari perché, se si deve credere ai leader dell’occidente, ha voluto
lanciare solo sette missili vecchi di quasi mezzo secolo contro un
sobborgo ribelle in cui solo 300 delle 1.400 vittime (se si deve credere
agli stessi ribelli) erano combattenti. Come ha dichiarato ieri una ONG
occidentale: “Se Assad voleva davvero usare il gas sarin perché, in
nome di Dio, ha atteso due anni e proprio quando l’ONU era
effettivamente sul terreno per indagare?”

I
russi, naturalmente, hanno negato in modo simile in precedenza la
responsabilità di Assad negli attacchi con il sarin. Quando almeno 26
siriani erano morti per avvelenamento da sarin a Khan al-Assal il 19
marzo – Mosca aveva di nuovo attribuito la responsabilità ai ribelli. I
russi in seguito hanno presentato all’ONU un rapporto di cento pagine
contenente le loro “prove”. Come le prove di Putin a proposito degli
attacchi del 21 agosto, esse non sono state rivelate.

Un
testimone che era con le truppe siriane della Quarta Divisione
dell’esercito il 21 agosto – un ex ufficiale delle Forze Speciali
considerato una fonte affidabile – ha affermato di non aver visto alcuna
prova di lanci di proiettili al gas, anche se si trovava in uno dei
sobborghi, Moadamiya, che è stato un bersaglio del sarin. Ricorda in
effetti che i soldati avevano espresso preoccupazione quando avevano
visto le prime immagini su YouTube di civili che soffocavano, non per
simpatia, ma perché temevano di dover combattere in mezzo a nuvole di
veleno.

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“Ci si spingerebbe forse oltre le teorie della cospirazione affermando che
il governo non è stato coinvolto”, ha affermato un giornalista siriano
la settimana scorsa, “ma siamo sicuri che i ribelli disponevano del
sarin. Avevano bisogno di stranieri che insegnassero loro come
lanciarlo. O c’è una “terza forza” che non conosciamo? Se l’Occidente
aveva bisogno di una scusa per attaccare la Siria, l’ha avuta giusto in
tempo, nel posto giusto e di fronte agli ispettori dell’ONU.”

Tratto da Z Net.

Originale: The Independent

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Traduzione a cura di di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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