La nascita del Mondo De-americanizzato

Ci siamo. La Cina ne ha abbastanza. La sfida (diplomatica) è aperta. È il momento che una "nuova valuta di riserva internazionale" rimpiazzi il dollaro USA.

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20 Ottobre 2013 - 22.11


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di Pepe Escobar.

Ci siamo. La Cina ne ha avuto abbastanza. La sfida (diplomatica) è
aperta. È arrivato il momento di costruire un mondo “de-
Americanizzato”
. È arrivato il momento che una “nuova valuta di riserva
internazionale” rimpiazzi il dollaro statunitense.

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È tutto qui, in un editoriale di Xinhua ( trad. italiana qui ),
direttamente dalla bocca del dragone. E l”anno a cui si riferisce è
solo il 2013. Allacciatevi le cinture di sicurezza- specialmente voi
dell”elite di Washington. Sarà un viaggio difficile.

Sono passati i giorni del basso profilo di Deng Xiaoping.
L”editorale di Xinhua indica nella recente minaccia di uno shutdown
statunitense il pretesto per il ritorno del dragone. Dopo la crisi
finanziata causata da Wall Street, dopo la guerra in Iraq, un “mondo
confuso”, e non solo la Cina, desidera un cambiamento
.

Il seguente paragrafo non potrebbe essere più esplicito:

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Piuttosto che onorare i suoi doveri da potenza leader responsabile,
Washington ha abusato egoisticamente del proprio status di super potenza
e ha, semmai, apportato ulteriore caos al mondo intero allargando
ovunque l”incertezza finanziaria, istigando le tensioni regionali nel
mezzo di dispute territoriali e combattendo guerre ingiustificate
mascherate grazie a totali falsità.

La soluzione, per Pechino, è “de- Americanizzare” l”attuale equilibrio
geopolitico- a partire da una partecipazione più attiva al Fondo
Monetario Internazione e alla Banca Mondiale per le economie emergenti e
i paesi in via di sviluppo
, che conduca a una “nuova valuta
internazionale di riserva
creata allo scopo di rimpiazzare il dollaro
statunitense oggi predominante”
.

Da notare come Pechino non stia promuovendo una rottura completa del
sistema Bretton Woods – almeno per adesso – ma, piuttosto, reclami maggior
potere decisionale
. Suona ragionevole, considerando che la Cina
esercita all”interno dell”Fmi un peso lievemente più alto di quello
dell”Italia. La riforma dell” FMI- più o meno- va avanti dal 2010, ma
Washington, prevedibilmente, ha posto il veto su qualsiasi intervento
sostanziale.

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Quanto all”abbandono del dollaro, esso è un processo già avviato, a
diverse velocità, specie per quanto riguarda il commercio fra i paesi
membri dei BRICS, gruppo di potenze emergenti (Brasile, Russia, Cina,
India e Sud Africa), che si svolge oggi preponderatamente nelle
rispettive valute. Il dollaro americano sarà lentamente ma sicuramente
rimpiazzato da un paniere di valute.

Anche la “De-Americanizzazione” è già iniziata. Si prenda la recente
offensiva diplomatica cinese nei confronti del Sud-Est asiatico
, mirata a
una maggiore collaborazione di tali stati con il loro principale
partner commerciale, la stessa Cina. Il presidente cinese Xi Jinping ha
concluso una serie di accordi con Indonesia, Malesia e anche Australia,
solo poche settimane dopo averne siglati altri con gli stati dell” Asia
centrale, i cosiddetti “stans” ( Kazakhistan, Kyrgyzistan, Tajikistan,
Turkmenistan e Uzbekistan ndt).

L”impegno cinese per il miglioramento dell” “Iron Silk Road” ( il
Trans-Asian Railway, progetto finalizzato alla creazione di una rete
ferroviaria tra Europa e Asia) ha ricevuto forti incoraggiamenti,
grazie alla partecipazione delle compagnie ferroviare cinesi al progetto
di una linea ferroviaria ad alta velocità che attraversi la Thailandia-
parte integrante del piano- e che comincia, adesso, a materializzarsi.
In Vietnam, con ancora più il premier cinese Li Kequiang ha siglato
un”intesa che stabilisce il non intervento cinese nelle dispute fra i
due paesi del Mar Cinese Meridionale con conseguenze economiche ancora
più forti. Prendete nota, puntate sull”Asia.

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Tutti a bordo il petroyuan

Tutti sanno che Pechino detiene montagne, Himalaya si potrebbe dire, di
bond emessi dal Ministero del Tesoro statunitense- merito dell”enorme
surplus commerciale accumulato nei tre decenni passato accoppiato a una
politica ufficiale di stabilità dello yuan dal lento sviluppo ma sicura.

Allo stesso tempo, Pechino ha agito. Lo yuan è diventato, gradualmente
ma costantemente, più convertibile
nei mercati internazionali (solo la
scorsa settimana, la BCE e la People”s Bank of China hanno accettato di
impostare una currency swap line (è un contratto stipulato fra due
controparti che si scambiano nel tempo un flusso di pagamenti denominati
in due diverse valute. Si pone quale scambio a pronti di una
determinata valuta e nel contempo in uno scambio di eguale ammontare e
cambio, ma di segno opposto, a una data futura prestabilita. Ndt- fonte
Wikipedia) che aumenterà la forza internazionale dello yuan e ne
migliorerà l”accesso al mercato finanziario dell”Euro zona.

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La data ancora non ufficiale di una piena convertibilità dello yuan
potrebbe cadere all”incirca fra il 2017 e il 2020; l”arresto
d”accumulazione di debito americano implicherebbe, a lungo termine,
l”allontanamento di Pechino da quel mercato- e con ciò l”aumento del
costo del debito americano.
Il processo verso una piena convertibilità dello yuan è inesorabile come
quello dei BRICS verso un paniere di valute che progressivamente
rimpiazzerebbero il dollaro come valuta di riserva. Fino a quando, prima
o poi, non si sarà materizzata la vera catastrofe: l”avvento del
petroyuan- destinato a sorpassare il petrodollaro una volte le
petro-monarchie del Golfo si saranno accorte da che parte il vento
soffi. Allora, si aprirà una situazione geopolitica completamente
diversa
.

Potrebbe volerci tempo, ma ciò che è certo è che la celebre lista di
istruzioni di Deng Xiaoping verrà man mano cestinata:

“Osserva
tranquillamente; stabilizza la nostra posizione; fronteggia gli affari
con calma; nascondi le nostre capacità e attendi gli eventi; sii bravo
nel mantenere un basso profilo; non pretendere mai la leadership”.

Un mix di cautela e furbizia questo era il classico Sun Tzu, ancorato
alla storica fiducia in sé propria dello spirito cinese e all”alta
considerazione rivolta alle ambizioni impegnative a lungo termine.
Finora, Pechino si è mantenuta in disparte; lasciando che gli avversari
commettessero errori fatali ( e che collezione d”errori da migliaia di
miliardi di dollari) e accumulando “capitale”.

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Il momento della capitalizzazione è ormai arrivato. Dal 2009, dopo la
crisi finanziaria provocata da Wall Street, si sono susseguite numerose
lamentele cinesi riguardo il “malfunzionamento del modello occidentale”
ultimamente allargate anche alla “cultura occidentale”.

Pechino ha ascoltato Bob Dylan (con sottotitoli in mandarino?) e ha concluso
che sì, i tempi sono cambiati. (The Times They Are A-Changin, uno
dei brani più celebri del cantautore americano, ndt). Senza progressi
immediati sul piano sociale, economico e politico- lo shutdown è un
ulteriore esempio della situazione, qualora qualcuno ne avesse bisogno-
la decadenza degli USA è tanto inesorabile quanto l”ascesa, passo dopo
passo, della Cina
che finirà per spiegare le sue ali dominando la
post-modernità del XXI secolo.

Nessun errore: l”elite di Washington combatterà questo processo come se
fosse l”ultima piaga. Ancora, occorre ora aggiornare l”intuizione di
Antonio Gramsci
: il vecchio ordine è morto, e il nuovo è a un passo dal
nascere. (1)

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Nota CdC

(1) La frase fa riferimento alla famosa definizione di Gramsci, secondo
la quale la crisi consiste “nel fatto che il vecchio muore e il nuovo
non può nascere” (Quaderni del carcere).

Fonte: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-02-151013.html.

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Tratto da: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12479.

Traduzione per ComeDonChisciotte.org a cura di G.

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