di Pierluigi Fagan.
Ed eccoci giunti alla Cina. Non poteva mancare il gigante asiatico in rapida e voluminosa crescita, nella sceneggiatura del film “nascita della nuova era complessaâ€. Due fatti recenti da segnalare a margine dell’attivismo del governo cinese che stringe accordi con la Russia, visita l’India, manda navi in ricognizione nel Golfo Persico, compra energia imponendo di fatto una valuta alternativa al dollaro statunitense (Yuan) di cui per altro controlla il valore non affidandosi al mercato, ma all’interesse dello Stato.
Il primo è una serie di attentati nel Xinjiang, la regione uigura dell’estremo occidente cinese dove risiede una etnia non-han, ovvero turcofona-musulmana. Gli uiguri sono indipendentisti e vorrebbero idealmente secessionare dalla repubblica popolare per affratellarsi con i simili turcofoni-musulmani centro asiatici. Un intellettuale guida di questa idea, Ilham Tohti è stato recentemente condannato all’ergastolo da Pechino. Il Xinjiang è una questione molto più seria di quella tibetana poiché la regione è altrettanto strategica (l’acqua per il Tibet, la cosiddetta nuova via della seta, lo sviluppo dei gasdotti, fracking e possibili giacimenti indigeni nonché ovvie ragioni confinarie e geo-strategiche del versante occidentale per lo Xinjiang), ma la popolazione locale è molto più ribelle di quella tibetana che si appoggia sulle élite emigrate negli USA e su Richard Gere. In particolare si segnalano molti arruolati uiguri nelle falangi dell’ISIS, jihadisti in corso di formazione che prima o poi faranno ritorno in patria.
Lo scarno comunicato del governo cinese parla di cinquanta morti negli attentati, di cui 40 terroristi. A meno di non pensare a quattro attentatori suicidi per ogni non terrorista morto, si deve arguire che forse c’è stato un piccolo attentato e che successivamente, le forze dell’ordine cinesi hanno operato una bonifica saltando la fase arresti-processi-condanne. La situazione è da monitorare perché la storia non inizia ieri e non finisce certo qui. Destabilizzare o stabilizzare lo Xinjiang è strategico sotto molti punti di vista e dove ci sono possibilità e moventi, possiamo esser certi ci saranno fatti.
La seconda segnalazione è la manifestazione con una settantina di arresti e feriti che si è tenuta ad Hong Kong per la democrazia rappresentativa. Le notizie specifiche le trovate qui e qui.
Nel primo caso abbiamo Repubblica che sventola il simbolo Tienanmen e chiosa:
“…l’ex “cortina di bambù†rischia di trasformarsi nella nuova frontiera armata dello scontro tra la dittatura del capital-comunismo cinese e la democrazia del consumismo finanziario occidentaleâ€.
Brutti e cattivi vs buoni e belli è il nuovo standard analitico del quotidiano italiano, già operativo con l’Ucraina e la salvazione del Medio Oriente. Nel secondo caso abbiamo addirittura il Wall Street Journal che riporta doverosamente e senza distorsioni, le accuse circostanziate del fatto che il movimento degli studenti di Hong Kong, avrebbe la stessa spontaneità e freschezza che ha animato la varie primavere colorate con le quali i servizi di intelligence americani, hanno e stanno facendo e disfacendo i corsi storici dove più a loro conviene.
Curioso che l’organo della cupola dell’impero dia anche l’altra parte della versione dei fatti e il foglio dei valvassini della periferia riporti la notizia nel format Davide vs Golia, nel più stereotipato manicheismo semplificante che è la nuova wave del giornale (?) italiano.
Insomma, tra Xinjiang ed Hong Kong, tra musulmani e finanza, si comincia a portare dentro il grande gioco della risistemazione del mondo complesso anche il Paese di Mezzo che letteralmente, sta per esser messo “in mezzo†allo scontro USA vs Resto del Mondo.
Per l’analisi macroscopica della partita generale si rimanda alla nostra analisi che trovate qui.
Fonte: [url”http://pierluigifagan.wordpress.com/cronache-dellera-complessa/”]http://pierluigifagan.wordpress.com/cronache-dellera-complessa/[/url]