di Leone Grotti.
«Sarò stato a Palmira almeno 400 volte, è una città dal valore
inestimabile. Ma se non siamo in grado di difendere questo simbolo di
convivenza, è meglio che torni sotto la sabbia». Samaan Daoud è un
cristiano siriano di Damasco e prima che la guerra sconvolgesse la sua
vita, lavorava come guida turistica. «Ho fatto la guida dal 1994 fino al
2011 e visitavo la città almeno 25 volte all’anno», dichiara a
tempi.it.
SPOSA DEL DESERTO. La città della provincia di Homs
dove si trova uno dei siti archeologici più famosi del mondo è caduta
ieri nelle mani dello Stato islamico. Già dichiarata dall’Unesco
patrimonio dell’umanità , vi si trovano meravigliose rovine dell’Impero
romano risalenti al I e II secolo dopo Cristo. «La chiamano “Sposa del
deserto†perché è una meraviglia, è un miracolo trovare una città così
viva nel cuore del deserto», continua Samaan.
«ELIMINANO LA NOSTRA IDENTITÀ». Palmira «esisteva
già nel secondo millennio avanti Cristo, rappresenta le profonde radici
dell’identità siriana, fa parte della nostra storia e cultura». Una
storia che i terroristi islamici vogliono distruggere: «Cercano
di eliminare l’identità e la storia del nostro popolo. Avevano
già distrutto molte cose nella zona di Aleppo, di Idlib, la basilica di
San Simeone lo Stilita, chiese del periodo paleo-cristiano, musei.
L’Isis poi non demolisce e basta, ma vende: guadagneranno almeno
quattro miliardi di dollari da questa conquista, grazie ai reperti
archeologici».
«SIMBOLO DI CONVIVENZA». Ma Palmira è più di un
insieme di tanti reperti: «Per me, che facevo la guida turistica, è
straziante», confida Samaan. «Palmira non è solo un colonnato splendido,
un’agorà , un senato. Palmira era una città dove fin dai primi secoli
hanno convissuto insieme tutte le religioni, c’era libertà di pregare il
proprio Dio. Non c’era il fanatismo che vediamo oggi nel Medio Oriente e
che si avvicina all’Europa. Dai primi secoli, fino al 2011, è
stata simbolo di convivenza religiosa, etnica e filosofica».
SOTTO LA SABBIA. L’esercito
di Bashar Al-Assad, temendo la capitolazione della città , aveva giÃ
fatto evacuare la maggior parte della popolazione e molti
reperti archeologici. «La città non verrà più riconquistata e forse è
giusto così», è sconsolato Samaan. «Se noi non siamo in grado di
difendere una città che è sempre stato simbolo di convivenza basata
sulla libertà dell’individuo, se non capiamo che questo è un valore,
meglio che torni sotto la sabbia».
FANATISMO IN SIRIA. In che senso? «Parliamoci
chiaro: l’Isis non entra in una città senza che ci sia della gente che
li vuole. Tanti abitanti di Palmira sono con loro, tanti siriani
combattono per l’Isis. La zona di Palmira è terra di nomadi, dove sono
più radicate le tribù arabe sunnite. Queste persone hanno ancora una
mentalità fanatica, i capi religiosi si sentono capi politici e sognano
di tornare al Medioevo. L’Isis si è trovato bene in queste zone, perché i
capi tribù si sono sentiti di nuovo galli nel pollaio, volevano tornare
emiri e principi, cosa che lo Stato e la legge impediva. A livello
ideologico, loro sono d’accordo con i terroristi».
«LA GRANDE GUERRA». La conquista di Palmira permette
all’Isis di avvicinarsi ancora di più a Damasco: «Ieri un colpo di
mortaio ha colpito una scuola, sono stati feriti tanti studenti. Di
notte da casa mia sento l’urlo dei fanatici che gridano “Allah Akbarâ€.
Ho paura che la grande guerra per la conquista di Damasco sia vicina. Se
l’Occidente non si muove come si deve e la chiesa locale non dà più
retta ai suoi fedeli, finiremo come le galline. È bello essere martiri,
ma non galline».
Fonte: [url”http://www.tempi.it/palmira-isis-non-demolisce-e-basta-ma-vende-guadagneranno-miliardi-dollari#.VV7y10Y8rhX”]http://www.tempi.it/palmira-isis-non-demolisce-e-basta-ma-vende-guadagneranno-miliardi-dollari#.VV7y10Y8rhX[/url]
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