di Manlio Dinucci e Tommaso di Francesco.
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La Notizia di Manlio Dinucci – Pinotti: “Bombardare non è
tabù†|
La Trident Juncture – cui hanno partecipato oltre 230 unitÃ
terrestri, aeree e navali e forze speciali di 28 paesi alleati e 7
partner (tra cui l’Ucraina), con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 160
aerei da guerra – costituisce per il segretario della Nato Jens
Stoltenberg, «un chiaro messaggio a qualsiasi potenziale avversario che
la Nato non cerca il confronto, ma che siamo pronti a difendere tutti
gli alleati».
La Trident Juncture, la maggiore delle oltre 300
esercitazioni nel 2015, è stata una evidente prova di guerra contro la
Russia, cui la Nato — che come patto militare offensivo si è allargata
per 20 anni a est alla frontiera dell’ex Urss — capovolgendo i fatti,
attribuisce la responsabilità di aver creato in Ucraina «una situazione
potenzialmente più pericolosa di quella della guerra fredda».
Allo stesso tempo è stata una prova generale di quella che la Nato
chiama «Forza di risposta» (40 mila uomini) e in particolare della sua
«Forza di punta ad altissima prontezza operativa», proiettabile in 48
ore verso Est e verso Sud (Medioriente e Nordafrica). Un ruolo chiave
viene svolto dalle forze speciali che, spiega la Nato, «operano senza
essere viste». La Trident Juncture è stata anche un laboratorio «dal
vivo» delle maggiori industrie belliche statunitensi ed europee, che
sono state «invitate a parteciparvi per trovare soluzioni tecnologiche
che accelerino l’innovazione militare».
Innovazione in cui l’Italia è ai primi posti: unico paese al mondo
dopo la Gran Bretagna, riceverà dagli Stati uniti missili e bombe per
armare i droni Predator MQ-9 Reaper made in Usa, già acquistati.
Spendendo centinaia di milioni di euro che si aggiungono a una spesa
militare, quella italiana, di circa 80 milioni di euro al giorno,
sottratti alle spese sociali come è chiaro dalla manovra finanziaria
denunciata anche dalle Regioni.
Il «Predatore» Reaper (Mietitore,
ovviamente di vite umane) è armato di 14 missili Hellfire (Fuoco
dell’inferno) e di due bombe a guida laser o satellitare. I telepiloti,
seduti alla consolle a migliaia di km di distanza, una volta individuato
il «bersaglio», comandano con il joystick il lancio dei missili e delle
bombe. I «danni collaterali» sono inevitabili, come hanno dimostrato
i droni Usa impiegati in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia
e altri paesi.
Del resto come dimenticare che quando la Mogherini prima dell’estate
ha annunciato con Gentiloni la «guerra in Libia agli scafisti» subito si
è affrettata a dichiarare che purtroppo non sono da escludere «dolorosi
effetti collaterali». Così per colpire un presunto nemico, i droni
killer distruggono spesso una intera casa, villaggi e feste popolari
(soprattutto matrimoni) uccidendo donne e bambini con il «Fuoco
dell’inferno» a testata termobarica o a frammentazione. Quella
termobarica, spargendo una nube di aerosol esplosivo, provoca una
sovrappressione e una ondata di calore tali da risucchiare l’aria dai
polmoni e bruciare chiunque si trovi nel suo raggio. Quella
a frammentazione investe l’area circostante con acuminati frammenti
metallici che squarciano chiunque si trovi all’aperto e possono anche
penetrare negli edifici, facendo strage di chi è all’interno. Questa
è la nuova arma di cui si sta dotando l’Italia.
Che non ci siano problemi ad usarla lo conferma la ministra Pinotti al Corriere.
Alla domanda «Quando arriverà la decisione italiana di bombardare in
Iraq?», risponde: «L’Italia ha già effettuato raid aerei in passato. Lo
ha fatto nei Balcani, lo ha fatto in Libia».
Al bombardamento Nato della
Jugoslavia nel 1999 parteciparono 54 aerei italiani, che effettuarono
1378 sortite, attaccando gli obiettivi indicati dal comando Usa. «Per
numero di aerei siamo stati secondi solo agli Usa. L’Italia è un grande
paese e non ci si deve stupire dell’impegno dimostrato in questa
guerra», dichiarava il presidente del consiglio D’Alema. Al
bombardamento Nato della Libia nel 2011 gli aerei italiani effettuarono
oltre 1100 raid. «La missione in Libia – dichiarava il segretario del Pd
Bersani – rientra nella nostra Costituzione, perché l’Art. 11 ripudia
la guerra ma non l’uso della forza per ragioni di giustizia». E il
presidente Napolitano assicurava: «Non siamo entrati in guerra».
Sulla stessa linea, la ministra Pinotti dichiara oggi, a nome del
governo Renzi, che effettuare raid aerei «non deve essere un tabù. Anzi
sarebbe ipocrita pensare che possiamo fare tutto senza arrivare a quel
punto». E tra poco si leveranno in volo anche i droni killer italiani
con i loro missili «Fuoco dell’inferno».
Ormai è chiaro che per il Pd demolire l’Art. 11 della Costituzione
sul ripudio della guerra, non solo non è più un tabù ma costituisce un
elemento fondativo della sua natura.
Fonte: [url”http://ilmanifesto.info/pinotti-droni-e-padri-padroni/”]http://ilmanifesto.info/pinotti-droni-e-padri-padroni/[/url].
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