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di Andrea Muratore.
La proiezione geopolitica della Repubblica Popolare Cinese nella regione dell’Asia indopacifica è stata condizionata, negli ultimi anni, dalla presenza degli interessi contrastanti di numerosi Paesi che non vedono di buon occhio la crescente influenza di Pechino nelle dinamiche regionali e che hanno cercato di barcamenarsi tra scelte di realpolitik legate alla necessità di tutelare i forti legami economici con l’Impero di Mezzo e necessità strategiche di lungo corso che portavano a sviluppare una crescente ostilità per le sue mosse.
Tale sentimento contrastante è fermentato in maniera particolarmente significativa nelle Filippine, Paese chiave del dispositivo strategico statunitense nel Pacifico a lungo guidato da governi che hanno portato avanti una decisa contrapposizione alle istanze di Pechino, come testimoniato in occasione dell’arbitrato delle Nazioni Unite del luglio 2016 che ha favorito Manila in un contenzioso per i diritti territoriali nel Mar Cinese Meridionale. L’ascesa alla presidenza delle Filippine di Rodrigo Duterte e le notevoli evoluzioni degli scenari geopolitici indopacifici occorse negli ultimi messi hanno in ogni caso riorientato il posizionamento di Manila, ora più che mai favorevole al perseguimento di una linea autonoma basata sull’equidistanza tra Cina e Stati Uniti nel contesto del più strategico scenario planetario. Tale linea è stata perseguita attraverso una serie di aperture alla Cina accompagnate a diverse decisioni volte ad allentare la dipendenza politica e militare di Manila da Washington.
Nel corso delle ultime settimane, il riavvicinamento sino-filippino si è fatto sempre più palese sulla scia del serrato giro di incontri condotti dal Primo Ministro cinese Li Keqiang nei primi giorni di novembre: mentre il Presidente Xi Jinping ospitava Donald Trump a Pechino e si receva, in seguito, al vertice APEC in Vietnam, Li Keqiang ha compiuto una cruciale visita nelle Filippine, durata dal 12 al 16 novembre. Il primo viaggio di un leader cinese a Manila dopo dieci anni e dopo la fine della presidenza del noto sinofobo Benigno Aquino III ha coinciso con la prima visita di Stato ufficiale compiuta da un esponente del governo di Pechino in seguito al decisivo 19° Congresso del Partito.
Nel corso dei suoi quattro giorni nell’arcipelago, Li Keqiang ha avuto modo di confrontarsi assieme i rappresentanti dei governi di Giappone e Corea del Sud con i leader dell’ASEAN, che tenevano a Manila il loro meeting ufficiale, e di colloquiare a più riprese personalmente con il Presidente Duterte, concordando una serie di importanti decisioni funzionali al rafforzamento dei vincoli bilaterali tra i rispettivi Paesi. Salutando le Filippine con un articolo pubblicato come editoriale dai principali quotidiani del Paese, Li ha ringraziato Duterte per aver intrapreso la strada del dialogo con Pechino e definito i rapporti tra Cina e Filippine “caldi come il clima di Manila”: volendo trarre un bilancio dei risultati raggiunti, difficilmente gli si potrebbe dare torto.
Come riportato da Charlotte Gao di The Diplomat, infatti, Li e Duterte hanno in primo luogo concordato una dichiarazione di intenti congiunta concernente l’appianamento della disputa sul Mar Cinese Meridionale, approfondendo poi i discorsi sul tema dell’economia e concordando 14 protocolli commerciali congiunti. Il più importante, simbolicamente parlando, tra questi accordi si baserà su un investimento cinese da 23 milioni di dollari volto a finanziare la ricostruzione della città di Marawi, devastata dal conflitto tra le forze armate governative e i gruppi islamisti radicali. Inoltre, come riportato dal Philippines Star la Cina, divenuta nel corso del 2017 il primo partner commerciale delle Filippine, finanzierà con circa 307 milioni di dollari prelevati dalla sua Export-Import Bank la realizzazione della Diga di Kaliwa, funzionale all’approvvigionamento idrico di Manila, e lo sviluppo di progetti di canalizzazione sul fiume Chico. Questo importante accordo, concluso dal Segretario delle Finanze filippino Carlos Dominguez III e dal viceministro cinese del Commercio Fu Ziying, segnala l’ingresso della Cina nello sviluppo infrastrutturale delle Filippine e potrebbe preludere a una serie di ulteriori investimenti in grande stile che risulterebbero funzionali a un’estensione della “Nuova Via della Seta” nell’arcipelago, nel cuore del dispositivo americano nell’Indo-Pacifico.
Le Filippine, dopo Singapore, sono state il secondo Paese dell’ASEAN a intavolare serie discussioni per un maggiore coinvolgimento bilaterale con la Cina sul piano politico-economico. La normalizzazione proposta da Duterte ed espansa poi sul piano diplomatico e commerciale non solo rappresenta una necessaria risposta ai mutati equilibri geopolitici dell’Asia indo-pacifica ma, al tempo stesso, è sintomatica della nuova linea di tendenza delle relazioni internazionali nell’area, che sembrano essere destinate a assegnare a Pechino, e non più a Washington, il ruolo di kingmaker.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/filippine-cina-sempre-piu-vicine-cosi-cambiano-gli-equilibri-asia/.