di Albano Nunes
Nota e traduzione di Marx21.it
E’ doveroso, a quasi 45 anni dal suo assassinio (20 gennaio 1973) ad opera dell’agonizzante colonialismo portoghese, onorare la memoria di Amilcar Cabral, il grande combattente rivoluzionario, fondatore del Partito Africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde (PAIGC). Uno dei protagonisti, negli anni 60 e 70 dello scorso secolo, della gloriosa lotta di liberazione del continente africano, allora sostenuta dal campo socialista e da un possente movimento di solidarietà delle forze progressiste di tutto il mondo.
Un esempio luminoso, quello di Cabral, per tutti coloro che, in questo momento, si ostinano a resistere alla violenta offensiva neocolonialista dell’imperialismo occidentale, che, praticamente con gli stessi argomenti falsamente “umanitari” che diedero il via alla spoliazione dell’Africa in secoli passati, sta cercando di imporre la sua dominazione e il definitivo controllo delle immense ricchezze naturali di quelle regioni. Mentre anche l’Italia si appresta ad occupare con le sue truppe il Niger, armata fino ai denti, nell’indifferenza di un’opinione pubblica anestetizzata dalle ipocrisie del governo PD in vena di retorica patriottarda che in realtà nasconde la preparazione dell’assalto alle ricche risorse di quel paese e la velleità di partecipare (insieme a Francia, USA e Germania) al controllo geopolitico della regione, dal sostanziale silenzio delle forze politiche dell’intero spettro parlamentare (comprese quelle “a sinistra” del PD, i cui dirigenti non sono certo esenti da pulsioni belliciste, come testimoniano le biografie di alcuni di loro, da cui non abbiamo mai ascoltato riflessioni autocritiche in merito) e dalla somministrazione massiccia di sfacciate fake news diffuse dall’apparato mediatico dominante. (Marx21.it)
Ricordare Amílcar Cabral, onorando la memoria di un esemplare combattente della potente ondata rivoluzionaria che ha travolto il colonialismo, significa richiamare l’attenzione sull’epopea dei popoli africani e dare più forza alla loro lotta per scrollarsi di dosso il giogo neocoloniale, resistere all’offensiva ricolonizzatrice dell’imperialismo e affermare il diritto di scegliere il proprio percorso di sviluppo.
Oltre alle lamentele ipocrite sulla fame e sulla sofferenza che infuriano nel continente e e alle denunce episodiche dei fenomeni della schiavitù e di altri traffici criminali, l’Africa si è trovata nel radar della comunicazione sociale dominante per diffondere il concetto di “Stato fallito”, l’azione di misteriose forze “terroriste” e istigare conflitti etnici, tutte situazioni che forniscono il pretesto per un intervento esterno paternalista e l’installazione di forze armate imperialiste in tutto il continente.
Dal Corno d’Africa al Golfo di Guinea, passando per il Nord Africa e la vasta regione del Sahel, non possiamo trovare un termine migliore per caratterizzare l’azione del Nord “occidentale e cristiano” che quello di ricolonizzazione, poiché i meccanismi dell’oppressione vanno ben oltre il classico sistema neocoloniale. E’ non è abbastanza. Si deve installare, con il concorso della forza militare, un nuovo tipo di potere che svuoti le funzioni della sovranità degli stati e apra lo spazio per saccheggio delle multinazionali.
L’intervento esterno arriva al punto – persino quando la posizione politica delle forze che avevano diretto la lotta per l’indipendenza è già lontana dai loro programmi originari – di ricorrere a tutti i mezzi per rimuovere dal potere tutto quanto possa ancora ricordare il patriottismo e l’ideale rivoluzionario.
Nel frattempo gli Stati Uniti creano l’Africom e l’UE sviluppa partnership per ampliare la sua influenza in particolare nel Nord Africa. Petrolio, oro, diamanti e minerali vari, acqua e risorse forestali, tutto suscita l’avidità dell’imperialismo.
Ma c’è resistenza e lotta, e l’Africa troverà le vie per una nuova liberazione. E’ inevitabile. E’ iscritto nei meccanismi stessi dello sfruttamento capitalista e nelle sue insanabili contraddizioni.
Il dramma dei rifugiati e dell’emigrazione – che l’UE sta cercando di contenere in modo criminale con pattugliamento militare e autentici campi di concentramento in Libia e in altri paesi, e a cui gli USA rispondono erigendo muri e abbandonando provocatoriamente l’accordo del 2016 dell’ONU – terminerà solo con grandi trasformazioni di progresso sociale e sovranità che una gioventù numerosissima finirà per guidare. Né le ridicole elemosine di falsi “aiuti allo sviluppo”, né la militarizzazione del continente, né le azioni di polizia nel Mediterraneo risolveranno problemi di fondo che solo un nuovo flusso liberatore potrà risolvere.
Ecco perché è importante ricordare Amílcar Cabral, il patriota, l’internazionalista amico dei comunisti portoghesi e del popolo portoghese, il guerrigliero di grandissimo talento. Il suo vile assassinio non ha impedito che pochi mesi dopo a Madina de Boé fosse proclamata l’indipendenza della Guinea-Bissau.
Fonte originaria: avante.pt
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