di Stefania Elena Carnemolla
Al presidente del Consiglio per gli affari correnti Paolo Gentiloni, che il 14 aprile, dopo l’attacco notturno di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro la Siria, s’è presentato nella Sala Galeoni di Palazzo Chigi per allontanare il sospetto che l’Italia avesse partecipato all’attacco, foss’anche offrendo le proprie basi, è sfuggito, a meno che non sapesse già, il sommergibile nucleare USS John Warner della US Navy, che ha la base alla Naval Station Norfolk, in Virginia, e che fino a marzo era nella rada di Napoli, salvo muoversi verso la Siria, scaraventandovi una pioggia di missili Tomahawk.
Se qualcosa ora si sa è grazie al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che ha fatto sapere di essersene lamentato con il contrammiraglio Arturo Faraone, comandante della Capitaneria di Porto di Napoli, ricordandogli la violazione della delibera 609 del 23 settembre 2015 con cui De Magistris aveva dichiarato il porto di Napoli “area denuclearizzata”.
Sappiamo ora che da Napoli un mezzo della US Navy è andato a colpire in Siria. Se ne conclude che l’Italia ha fatto da base all’attacco contro la Siria.
Con un sol colpo il sommergibile americano ha demolito le dichiarazioni di Gentiloni, che il 14 aprile così ha parlato: “L’Italia non ha partecipato a questo attacco militare, l’hanno condotto gli Stati Uniti e i due paesi europei membri del Consiglio di Sicurezza, la Francia e il Regno Unito. Sono paesi alleati. Con gli Stati Uniti la nostra alleanza è ovviamente molto forte e particolare. Il supporto logistico che noi forniamo tradizionalmente ai nostri alleati e, in particolare agli Stati Uniti, in questo caso particolare noi abbiamo insistito e chiarito che non poteva in alcun modo tradursi nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni direttamente mirate a colpire direttamente la Siria”.
Solenne menzogna? O beata ingenuità?
Né si può dire che nessuno sapesse del sommergibile. Lo sapeva la Capitaneria di Porto di Napoli che con l’ordinanza 17/2018 del 16 marzo ne aveva annunciato la presenza, dalle 5 del mattino del 19 marzo alle 20 del giorno seguente, nella rada del porto di Napoli in un punto di fonda a circa 1,5 miglia a sud di Castel dell’Ovo, vietando il transito alle navi ed ai galleggianti di qualsiasi nazionalità e tonnellaggio nel raggio di 1300 metri dall’unità navale, quindi la sosta di unità, ad eccezione di quelle delle forze di Polizia, delle Forze Armate e del traffico portuale di supporto, nel raggio di 2200 metri. L’Italia ancora una volta s’è trasformata in base di attacchi, contrari al diritto internazionale, contro paesi sovrani.
Arrampicarsi sugli specchi non servirà più.